Perdita di ancoraggio Definiamo come ancoraggio ortodontico la resistenza alle forze di reazione fornita dai denti, dal palato, dalla testa, dal collo o da microviti inserite nell’osso, utilizzata per ottenere i movimenti dentali.
La perdita di ancoraggio quindi è la dislocazione degli elementi resistenti per superamento della loro soglia di reazione
al movimento.
Il sistema di ancoraggio scelto in un trattamento ortodontico deve essere attentamente valutato e monitorato nel tempo, perché si possono verificare lenti e progressivi spostamenti proprio degli elementi di ancoraggio, come nel caso che presentiamo, in cui il tentativo fallito di disinclusione ha portato alla perdita di ancoraggio di numerosi elementi dentari (figura 6 a-d).
Errato timing del trattamento ortodontico
L’efficienza di una terapia ortodontica nel paziente in crescita dipende soprattutto dalla scelta dello specialista di iniziare la terapia in un momento preciso, al fine di sfruttare il picco di crescita ossea dei mascellari o la permuta dentale, in modo da ottenere il migliore risultato possibile nel minore tempo possibile. Appare evidente che l’errata scelta del momento di inizio o della durata del trattamento o della durata della contenzione, configurerà profili di responsabilità per il sanitario, quando non rispettosi dei protocolli ormai consolidati in letteratura.
Errata gestione di agenesie In caso di agenesie, specie degli incisivi laterali superiori, senza la presenza del corrispondente spazio in arcata, è possibile intervenire o con la semplice corono-plastica dei canini o con la più complessa riapertura degli spazi e ripristino dei denti mancanti per successiva implanto-protesi.
Le alternative devono essere valutate attentamente per non incorrere in clamorosi fallimenti, come nel caso seguente, in cui l’errata gestione ortodontica della riapertura degli spazi ha creato un fallimento implanto-protesico, sia estetico che funzionale (figura 7 a-d).
Necrosi dentarie Come noto, all’inizio del trattamento ortodontico è evenienza fisiologica la comparsa di dolore per compressione del legamento parodontale, solitamente di durata inferiore alla settimana.
È bene precisare quindi che l’utilizzo di forze ortodontiche leggere non causa mai necrosi pulpare del dente – e quindi un danno permanente – ma, al massimo, può provocare solo pulpite temporanea e reversibile.
Dolori molto intensi e di durata superiore sono invece provocati da trazioni eccessive per forze pesanti e provengono anche dall’infiammazione del tessuto pulpare o dall’interessamento del peduncolo vascolare per spostamenti bruschi dell’apice del dente.
Sono infatti descritte necrosi conseguenti a queste pulpiti e interventi di devitalizzazione per alleviare il dolore.
In questo secondo caso è possibile configurare la responsabilità del sanitario per imperizia.
Comportamento corretto del sanitario è pertanto l’utilizzo sempre di forze leggere e la preventiva devitalizzazione degli elementi dentari con compromissione pulpare prima delle trazioni ortodontiche, considerato anche che il dente devitalizzato possiede identica riposta alla trazione rispetto al dente vitale e non è soggetto a un maggiore riassorbimento radicolare16 (figura 8 a-d).