Danni parodontali Problemi parodontali possono presentarsi durante un trattamento ortodontico quando le procedure igieniche non sono sufficienti; nel giovane in età puberale si può assistere a una parodontopatia marginale con ipertrofia papillare nei casi di trattamenti con apparecchiature fisse.
Il corretto comportamento del sanitario consiste nel rilievo della situazione parodontale del paziente prima dell’inizio della terapia ortodontica, al fine di indicarlo in cartella se possibile a mezzo di iconografia, nella adeguata informazione relativamente alle corrette manovre di igiene orale che il paziente deve mettere in atto durante il trattamento e all’aumentato rischio dello sviluppo di parodontopatia.
Durante il trattamento, nel caso di comparsa di parodontopatia, il sanitario deve annotare la situazione in cartella clinica, eseguire una terapia adeguata e rinforzare la sensibilizzazione del paziente sul problema; qualora malgrado l’intervento del sanitario non si ottenga comunque la collaborazione del paziente, l’ortodontista deve predisporre l’interruzione del trattamento (figura 9 a-c).
Esistono però danni parodontali che si realizzano senza alcuna colpa del paziente, ma per esclusiva responsabilità del sanitario e ci si riferisce alle recessioni vestibolari per eccessiva vestibolarizzazione degli elementi dentari, ad esempio secondarie all’utilizzo di disgiuntori a suture ormai chiuse o all’utilizzo di placche mobili espansive verso la corticale vestibolare, alla disinclusione vestibolare di canini inclusi senza adeguati interventi di mantenimento o di creazione della gengiva aderente e all’utilizzo degli elastici mesio-distali per correggere i diastemi interincisivi superiori a causa del possibile scivolamento degli stessi nel tessuto parodontale con distruzione progressiva del medesimo e perdita dei denti (figura 10 a-c).
Patologia ATM La possibilità che un trattamento ortodontico determini o prevenga un disordine temporo-mandibolare (DTM) è argomento assai dibattuto.
La maggioranza degli Autori ritiene oggi che non vi sia una relazione scientificamente dimostrabile17.
La comparsa pertanto di rumori o di dolori articolari durante un trattamento ortodontico sarà considerata complicanza, non altrimenti evitabile, in presenza di trattamento ortodontico correttamente eseguito, mentre potrà essere considerata conseguenza di un errore se il trattamento ortodontico non è condotto secondo protocolli consolidati. Ancora, nell’attribuzione di responsabilità, rivestirà elemento della massima rilevanza la presenza o l’assenza nello studio preliminare ortodontico di una visita gnatologica di base (anamnesi soggettiva e di pregressi traumi, rumori articolari, apertura massima, palpazione muscolatura masticatoria) che escluda DTM all’inizio della terapia, oppure di esami approfonditi (radiografia a bocca aperta e chiusa, TC e RMN delle ATM, kinesiografia) che documentino lo stato di patologia delle articolazioni.
Carie dentarie Possono evidenziarsi al termine della terapia quando vengono rimosse le bande e gli attacchi; oggi sono meno frequenti che in passato per il ridotto utilizzo di bande a favore dei “bracket” e per l’utilizzo di cementi vetroionomeri in grado di liberare fluoro. In caso di contenzioso per la presenza di numerose e profonde carie, evidenziate solo allo sbandaggio, dopo un lungo trattamento, verrà ritenuto responsabile il sanitario per omessa diagnosi nei controlli durante la terapia; mentre la presenza di radiografie diagnostiche, di annotazioni in cartella della comparsa delle carie, di comunicazioni scritte alla famiglia per una maggiore collaborazione dal punto di vista igienico e della necessità di trattamenti terapeutici conservativi fino ad arrivare all’interruzione del trattamento ortodontico stesso nel caso non si ottenesse miglior igiene e il consenso alla effettuazione delle otturazioni, permetterà al sanitario di evitare ogni addebito. La presenza di carie contestuale a una inadeguata igiene, malgrado adeguato trattamento parodontale professionale e motivazione al paziente, è motivo sufficiente, pertanto, per l’interruzione del trattamento da parte del sanitario (figura 11).
Lesioni dello smalto (crepe, fratture, stripping). Le lesioni dello smalto provocate dal “debonding” sono assai frequenti e si verificano maggiormente con gli attacchi in ceramica della prima generazione rispetto a quelli metallici18. Queste lesioni, partendo dalle crepe nello smalto, passano per la perdita di frammenti dello smalto e possono arrivare fino alla perdita di frammenti smalto-dentinali o anche dell’intera corona nel caso di denti piccoli come gli incisivi laterali. Siccome le crepe dello smalto, spesso già presenti prima del trattamento, sono evidenziate dai pazienti solo al termine del trattamento per la particolare attenzione che pongono nella osservazione dei risultati, è bene che l’ortodontista esegua una ricerca accurata delle eventuali crepe presenti prima dell’inizio del trattamento, (fotografia utilizzando retroilluminazione con ultravioletti) annotandole in cartella e ponendole all’attenzione del paziente.
Lo “stripping” è la tecnica di asportazione dello smalto dalle superfici interprossimali dei denti con l’utilizzo di strumenti rotanti o strisce abrasive. Nata negli anni ‘60 come soluzione per prevenire le recidive di affollamento del gruppo incisivo, è oggi spesso parte integrante di precisi trattamenti ortodontici finalizzati all’ottenimento di adeguato spazio in arcata senza ricorrere ad avulsioni di denti (spesso infatti anche la sola estrazione di un incisivo, a parte i problemi estetici, comporta spesso disarmonia dell’intera arcata e alterazione dei contatti dentari). Con la tecnica dello “stripping”, quando correttamente eseguita, è possibile infatti “recuperare” da 4 a 8 mm di spazio in arcata, a seconda che sia praticata solo sui denti anteriori o anche sui denti diatorici. In base alle evidenze scientifiche, non è dimostrata l’insorgenza di lesioni parodontali a seguito dell’esecuzione dello “stripping” e anche la supposta maggiore incidenza di lesioni cariose dovute all’asporto della barriera di smalto non è stata dimostrata, specie in soggetti adulti. Al contrario, la tecnica dà indubbi vantaggi in termini di “stabilità occlusale e posizionale”, in quanto i punti di contatto interdentali diventano delle superfici di contatto. Lo “stripping” può dar luogo a responsabilità professionale quando si crea un danno dentale causato dalla mancata indicazione o dalla errata esecuzione o dalla mancata informazione al paziente. Nel caso clinico presentato, al termine di un trattamento ortodontico con l’esecuzione di stripping, sono residuati diastemi e carie interprossimali proprio nei punti di stripping eseguiti in modo inadeguato, con riconoscimento delle spese necessarie a eseguire un parziale “ritrattamento” ortodontico e le otturazioni di corono-plastica, con i conseguenti rifacimenti conservativi nel tempo. Il CTU ha riconosciuto 8.000,00 € di danno emergente (figura 12 a-d).