Errata valutazione delle condizioni cliniche generali del paziente
Paziente parodontopatico non diagnosticato In passato si riteneva che la malocclusione determinasse un aumento del rischio di parodontopatia, sia per una maggiore difficoltà a mantenere una igiene orale corretta in presenza di denti non allineati, sia per il cosiddetto trauma da occlusione. Per questo motivo il trattamento ortodontico veniva proposto al fine di prevenire le parodontopatie. In seguito si è visto che non vi sono prove che la malocclusione sia un fattore favorente la parodontopatia.3,4 È però innegabile che un trattamento ortodontico possa peggiorare una parodontopatia in atto, per cui, prima di intraprendere una terapia ortodontica e durante il trattamento stesso è obbligatorio:
- eseguire una diagnosi parodontale (obiettivata attraverso sondaggio parodontale e adeguate radiografie endorali);
- eseguire eventualmente un adeguato trattamento parodontale;
- monitorare il controllo di placca da parte del paziente intervenendo con trattamenti e ri-motivazioni all’igiene;
- sospendere il trattamento ortodontico nel caso non si ottenga una adeguata collaborazione.
Paziente con patologie metaboliche che influenzano il metabolismo osseo (diabete, osteoporosi, artrite reumatoide, trattamenti ormonali, chemioterapia, acromegalia GH).
La condizione sistemica che più frequentemente complica un trattamento ortodontico sia nel bambino che nell’adulto è il diabete. Il paziente diabetico o prediabetico può essere però sottoposto a trattamento ortodontico purché questo non sia troppo prolungato nel tempo e vi sia costante controllo a causa della possibile e precoce perdita di osso che si può verificare5.
Particolare attenzione deve essere posta nei trattamenti ortodontici nei pazienti, sia giovani che adulti, affetti da artrite reumatoide per i danni condilari che sovente sono presenti e per il rischio di parodontopatia secondaria all’assunzione di farmaci steroidei.
L’osteoporosi è un termine usato per definire il deficit di massa ossea ed è patologia direttamente correlata all’età. L’ortodontista dovrebbe prestare particolare attenzione alle donne sopra i 30 anni che intendono sottoporsi a trattamenti ortodontici (fattori di rischio predisponenti per l’osteoporosi sono l’uso prolungato di corticosteroidi, il fumo, la menopausa, la carenza di vitamina D, nefropatie, cirrosi epatica e fratture), in quanto la mancata compensazione farmacologica dell’osteoporosi è da considerarsi sostanzialmente controindicazione assoluta ai trattamenti ortodontici. Anche in presenza di osteoporosi “compensata” è necessario sapere che due categorie di farmaci usati per il trattamento dell’osteoporosi sono in grado di ridurre o alterare le risposte di denti sottoposti a trazione ortodontica: i bifosfonati usati nelle donne in menopausa e gli inibitori delle prostaglandine PG (come l’indometacina). Senza contare che molte categorie di farmaci usati per diverse patologie sistemiche sono in grado di alterare la produzione di PG e quindi di influenzare – fino a inibire – il movimento dentale: gli antiaritmici (come la procaina), gli antidepressivi triciclici, gli antimalarici, gli anticonvulsivanti (come la fenitoina) e gli antibiotici come le tetracicline (effetto simile a bifosfonati)6. Com’è noto, gli ormoni sessuali sono in grado di influire direttamente sul metabolismo osseo (basti pensare alla crescita dell’individuo) e quindi anche le terapie ormonali sostitutive oggi utilizzate (comprese quelle con fattore della crescita GH) possono influenzare l’esito del trattamento ortodontico; in particolare, l’estrogeno ha l’effetto di conservare il calcio scheletrico, riducendo la frequenza dell’attivazione della rimodellazione ossea7. In aggiunta, sovente i pazienti assumono analgesici per controllare il dolore causato dall’applicazione dell’apparecchio ortodontico, farmaci che influenzano le PG.
La chemioterapia in pazienti oncologici ha effetti negativi sul metabolismo osseo, considerato che i farmaci utilizzati sono tossici e deprimono il ricambio di ogni tessuto dell’organismo, perché impediscono la crescita e la rigenerazione cellulare e quindi impediscono anche il “turnover” a livello osseo. Non dimentichiamo, inoltre, che spesso i pazienti oncologici, oltre alla chemioterapia, vengono trattati anche con bifosfonati.
Paziente allergico (lattice, nickel). È opportuno indagare la presenza di allergia al nickel perché contenuto in molti dei componenti delle apparecchiature ortodontiche quali fili e bracket e l’allergia al lattice in caso di utilizzo di elastici e guanti.
Paziente che necessita di profilassi antibiotica La cementazione delle bande ortodontiche (ma non dei “bracket”) è procedura soggetta alla profilassi antibiotica nei pazienti che sono a rischio di endocardite batterica, come da linee guida della AHA 1997-20078.
Paziente che ha subìto traumi dentali È bene indagare eventuali traumi dentali perché favorenti lo sviluppo di rizolisi e necrosi che possono erroneamente essere attribuite esclusivamente al trattamento ortodontico; a tal proposito bisogna eseguire radiografie endorali dei denti coinvolti prima del trattamento e periodicamente ogni 6 mesi.
Paziente con sindrome algico-disfunzionale non diagnosticata Anche se oggi si considera che il trattamento ortodontico non abbia rilevanza nel determinare o prevenire un disordine cranio-mandibolare, è sicuramente opportuno prima di iniziare un trattamento ortodontico eseguire un breve esame gnatologico (apertura massima, “end-feel”, presenza di rumori articolari, ricerca di algie e contratture mediante palpazione della muscolatura masticatoria) che obiettivi lo stato delle articolazioni temporo-mandibolari.
Paziente in gravidanza Non deve essere iniziato il trattamento ortodontico in una paziente in gravidanza in quanto l’inopportunità di eseguire controlli radiografici impedisce l’esecuzione delle indagini preliminari, il monitoraggio radiografico del caso e l’esecuzione di eventuali trattamenti odontoiatrici che si rendessero necessari proprio a causa del trattamento stesso. La comparsa dello stato di gravidanza in un trattamento ortodontico già in corso non è motivo, di per sé, di interruzione, ma è necessario che la paziente sia informata dei possibili rischi di risultati imprevedibili per gli squilibri ormonali e che il sanitario riduca al minimo i movimenti dentali attivi9 a partire dal secondo semestre, controllando il mantenimento dell’igiene e monitorando radiograficamente la situazione nell’ultimo trimestre.
In conclusione prima dei trattamenti ortodontici deve essere eseguita una accurata anamnesi, perché, nel caso della comparsa di complicanze nelle condizioni non adeguatamente indagate e appena descritte, la responsabilità del sanitario sarà indiscutibile.