Équipe. Il trattamento è considerato un atto medico di “équipe” e come tale prevede una vera e propria frammentazione dell’intervento sanitario, con conseguente suddivisione delle eventuali responsabilità tra i sanitari al verificarsi di un danno, responsabilità che non è sempre facilmente attribuibile con precisione al singolo operatore.
Tutto ciò premesso, ben si comprende l’importanza basilare in ipotesi di responsabilità professionale, più che in ogni altro trattamento ortodontico, dell’accurata documentazione clinica e radiografica dello stato pre-cure e dello studio preliminare ortodontico (che deve comprendere anche la simulazione del “set-up” chirurgico); tutto ciò deve essere base informativa, a cui deve seguire l’acquisizione del consenso informato, con illustrazione dei tempi, dei rischi (ortodontici, gnatologici e chirurgici) e delle possibilità di successo con la differenziazione dei risultati ottenibili sotto entrambi i profili: funzionale ed estetico.
È possibile suddividere il trattamento combinato chirurgico-ortodontico in tre rigorose fasi.
- Trattamento ortodontico pre-chirurgico “decompensativo”. Lo scopo è ottenere l’allineamento di segmenti di arcata, eliminando le interferenze dei denti anteriori e livellando le arcate, al fine di renderli “compatibili” con gli spostamenti previsti delle basi ossee nel momento dell’intervento chirurgico; quindi durante questa fase ortodontica si ha un peggioramento sia estetico che funzionale, di cui il paziente deve essere adeguatamente informato.
- Trattamento chirurgico delle basi ossee mascellari. Questa fase passa dallo studio del caso sui modelli in gesso, per arrivare alla simulazione dell’intervento chirurgico sui medesimi (questa volta lavorando non con delle previsioni di movimenti dentali, ma con movimenti dentali effettivamente ottenuti dopo la prima fase), ripetendo anche il tracciato per ottenere nuova previsione; a questo punto si duplicano i modelli in gesso con i movimenti scheletrici simulati e si confeziona lo “splint” chirurgico (realizzato pertanto sui modelli con gli spostamenti chirurgici già effettuati); in questa fase è fondamentale la cooperazione delle due figure specialistiche, il chirurgo e l’ortodontista; oggi la fase chirurgica è ben definita e codificata non solo dal punto di vista della tecnica operativa, ma anche della tempistica, sia dell’intervento sia delle fasi di guarigione ossea sia dei tempi di ospedalizzazione, sia delle prescrizioni da tenere nel post-intervento e degli esercizi fisiatrici da praticare dopo 6-8 settimane dall’intervento.
- Trattamento ortodontico post-chirurgico. Lo scopo è quello di ottenere adeguata occlusione tra le arcate, utilizzando le apparecchiature ortodontiche comunemente adottate in ortodonzia tradizionale, previa rimozione dello “splint” chirurgico, e i sistemi di contenzione normalmente impiegati al termine di ogni trattamento ortodontico.
- Errori. Gli errori che si possono verificare nel trattamento chirurgico-ortodontico possono riguardare:
– mancata indicazione clinica alla chirurgia (caso risolvibile con ortodonzia tradizionale o con “camouflage”);
– errata scelta del momento di inizio del trattamento (terapia attuata quando il paziente è ancora in fase di crescita);
– mancanza di studio preliminare ortodontico (con foto, modelli, radiografie, tracciato, valutazione gnatologica);
– mancanza di consenso informato (sui possibili rischi e complicanze del trattamento chirurgico, sulle possibilità di successo, sui tempi terapeutici, sulle alternative);
– mancanza di cooperazione: come già detto, l’unica via per ottenere idonei risultati in tale tipo di trattamento è la stretta cooperazione tra chirurgo e ortodontista, in quanto la mancata comunicazione e valutazione congiunta della situazione, specie al termine della fase pre-chirurgica, porta spesso a risultati incongrui e addirittura a un peggioramento della situazione clinica rispetto allo stato
pre-cure, non solo dal punto di vista estetico ma anche funzionale;
– errori nella fase pre-chirurgica: per inadeguata decompensazione dei settori che saranno spostati chirurgicamente;
– errori nella fase chirurgica: mancata rivalutazione e simulazione dopo la fase pre-chirurgica, errata realizzazione dello splint chirurgico, errata tecnica chirurgica, mancato rispetto dei tempi di guarigione ossea, lesioni nervose evitabili;
– errori nella fase post-chirurgica: errata tecnica ortodontica, incongrue forze per intensità e durata ecc.
Nella figura 14 a-d viene presentato un caso clinico di ortodonzia chirurgica in adulto per terza classe scheletrica.