Fumo e salute oro-facciale: analisi della letteratura e razionale scientifico

Relazioni con la calvizie
A livello del cuoio capelluto si riscontra un aumento della produzione di radicali liberi; la minore ossigenazione e il minor apporto di nutrienti si riflettono anche sulla forza e vitalità della fibra capillare, che appare spenta, senza corpo e più fragile. Smettere di fumare, già dalla prima settimana contribuisce, invece, a rendere i capelli più luminosi, puliti e vitali; quando vi sia caduta dovuta all’atrofia dei bulbi capillari la cessazione del fumo può contribuire ad arrestarla. Per quanto riguarda invece in particolare la calvizie androgenetica, uno studio effettuato alla Harvard School of Public Health99 mostra che il fumo incrementa quasi tutti i maggiori ormoni androgeni, inclusi DHEA, androstenedione, testosterone e di-idrotestosterone (DHT, l’ormone maggiormente responsabile della calvizie androgenetica). Lo studio interessa 1241 uomini di mezza età, comparando i livelli ormonali di fumatori e non fumatori. Lo studio mostra come il DHEA è più alto del 18% nei fumatori, il DHEAS è del 13%, l’androstenedione del 33%, il testosterone del 9% e il DHT del 13%. È ben noto che livelli più alti di testosterone e DHT sono associati a livelli più alti nella caduta dei capelli. Fumare non farà cadere i capelli a chi non è predisposto geneticamente, ma smettere di fumare aiuterà a prevenire la caduta in chi è predisposto. Fumare inoltre può peggiorare una calvizie androgenetica già in atto. Uno studio del Far Eastern Memorial Hospital di Taipei (Taiwan) condotto su un campione di 740 uomini ha appurato che le sigarette nel lungo periodo compromettono il microcircolo, alterando il modo in cui il sangue irrora i follicoli del cuoio capelluto e aumentando così la gravità di un principio di calvizie100.

Prevenzione

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A oggi, la sola nazione al mondo ad aver completamente bandito la vendita e la pratica del fumo di tabacco è il Buthan. Lo stato della California è stato il primo a vietare il fumo nei luoghi di lavoro, nel 1994, e in tutti gli spazi chiusi nel 1998. In Europa, l’Irlanda è stata la prima nazione a proibire il fumo in tutti i luoghi di lavoro chiusi, nel 2004; nel Regno Unito tale normativa è entrata in vigore il 1º luglio 2007; in Danimarca il fumo è vietato in bar, club e ristoranti dal 15 agosto 2007; in Olanda e Romania dal 1º luglio 2008; attualmente la nazione più popolosa ad aver completamente bandito il fumo negli spazi chiusi è la Francia, ove la normativa è entrata in vigore il 1º gennaio 2008. Il 2 gennaio 2011 anche la Spagna ha introdotto tale normativa. In Italia il 10 gennaio 2005 è entrata in vigore la legge proposta dal Ministro della Salute Girolamo Sirchia che decreta il divieto di fumare nei locali pubblici, a eccezione dell’introduzione di apposite sale fumo. Le sale fumatori sono soggette a pesanti restrizioni: devono essere ventilate separatamente, con specifici valori circa il tasso di ricambio dell’aria; la pressione atmosferica in tali sale deve essere costantemente più bassa di quella delle sale adiacenti; devono essere munite di porte scorrevoli a chiusura automatica. Al momento solo l’1% dei locali pubblici ha introdotto una sala fumatori a causa dell’elevato costo degli adeguamenti. Se da un lato la legge Sirchia nel 2005 ebbe un impatto molto forte sui fumatori incalliti che intesero la nuova normativa antifumo come una privazione della propria libertà, a distanza di anni tale decreto si è rivelato importantissimo per ridurre l’incidenza di tumori e malattie provocate dal fumo (Grafico 3).

Le statistiche confermano che con l’entrata in vigore della legge antifumo molti fumatori hanno quantomeno tentato di smettere di fumare avvalendosi dei più disparati metodi, dai più efficaci ai meno efficaci, dai più convenienti ai più dispendiosi. Basti pensare che dal 2005 a oggi solo in Italia l’uso di pastiglie alle erbe, cerotti alla nicotina o trattamenti farmacologici mirati per smettere di fumare è aumentato ben del 39%. A distanza di 5 anni dall’approvazione della legge Sirchia, la vendita delle sigarette è calata del 7,2% e i 98,9 milioni di chili di sigarette vendute nel 2004 si sono ridotti a 92,7 milioni. L’ultima campagna nazionale contro il tabagismo promossa dal Ministero della Salute risale al 2010 e si è avvalsa di uno spot radiofonico, uno spot televisivo e uno cinematografico. Chi voglia smettere di fumare e non trovi adeguata motivazione per farlo autonomamente può avvalersi in Italia di differenti metodi che includono consulenza psicologica, terapia farmacologica sostitutiva mirata, uso di bocchini inalatori, di sigarette elettroniche, di agopuntura e di cerotti e gomme a base di nicotina. Sono ormai numerosi i centri antifumo attivi in tutto il territorio nazionale, molti dei quali operanti presso le Aziende Sanitarie Locali (ASL), le Aziende Ospedaliere, oppure sotto l’egida della Lega Italiana per La Lotta contro i Tumori (LILT), della Fondazione IRCCS Istituto Nazionale dei Tumori o della Lega Italiana Anti Fumo (LIAF). È attivo anche un servizio gratuito di consulenza telefonica: l’Istituto Superiore di Sanità (ISS) svolge attività di consulenza, supporto e informazione sulle problematiche legate al tabagismo attraverso il Telefono Verde contro il Fumo 800 554088 dell’Osservatorio Fumo, Alcol e Droga. Presso la LILT è invece attivo il numero verde 800 998877, unica Quit-Line presente in Italia, un servizio telefonico condotto da figure professionali, medici e psicologi della Lega Tumori per aiutare “a distanza” quei fumatori che non hanno la possibilità di seguire direttamente, in un servizio territoriale, un programma di supporto per smettere di fumare. Tuttavia, sulla base dell’indagine annuale DOXA 2012 sul fumo commissionata dall’Istituto Superiore di Sanità, Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri e Osservatorio Fumo Alcool e Droga (OSSFAD)4, ben il 96% di ex-fumatori dichiara di aver cessato il vizio del fumo autonomamente e senza alcun supporto (Tabella 1). Dalla stessa indagine è tratto anche il seguente Grafico 4 le possibili misure che lo Stato potrebbe incrementare, secondo il parere del campione intervistato, per potenziare la lotta al fumo.

Negli ultimi mesi si è assistito a un vero e proprio boom di vendite della sigaretta elettronica. Se fino a pochi anni fa era un fenomeno limitato a pochi utenti della rete che acquistavano dispositivi e liquidi dalla Cina, l’intuizione del business legato al fumo elettronico ha portato al fiorire di catene e negozi specializzati, che sono oggi più di mille in Italia. Gli amanti di questi dispositivi ne fanno uso ovunque, dai bar ai ristoranti e alle biblioteche. Quanto ai dati statistici, facciamo ancora riferimento all’indagine Doxa: il 20% dei fumatori italiani usa o intende usare la sigaretta tecnologica. Tradotto in numeri assoluti, oltre due milioni di nostri connazionali sono potenziali consumatori di questo prodotto. E, stando all’Osservatorio fumo, alcol e droga dell’Istituto, il sondaggio non registra “l’impressionante boom degli ultimi mesi”. Per quanto riguarda i potenziali pericoli per la salute, l’Osservatorio sottolinea che si tratta di prodotti sicuramente molto meno tossici delle tradizionali sigarette a combustione. Nonostante ciò, non vi sono ancora studi autorevoli che dimostrino la totale atossicità del fumo elettronico, e a ciò si aggiunge la preoccupazione legata alle miscele nicotiniche vendute su internet, non sottoposte a efficaci controlli ed esposte al rischio di contraffazione. Il Grafico 5, tratto dal quotidiano La Repubblica, sintetizza la struttura e il funzionamento di una sigaretta elettronica. Il Governo ha recentemente presentato un emendamento alla legge di Stabilità che equipara la sigaretta elettronica alle normali sigarette: se sarà approvato questi dispositivi verranno assimilati ai tabacchi lavorati e sottoposti alle stesse disposizioni in materia di distribuzione, detenzione e vendita. Diventeranno fuorilegge nei locali pubblici, non potranno essere venduti nei negozi ma soltanto nelle tabaccherie. Ovviamente questo emendamento ha sollevato forti proteste da parte della neonata associazione di categoria (ANAFE) e delle associazioni per la lotta al fumo, prima fra tutte la LIAF, che vedono nella e-cigarette un valido rimedio alla ben più pericolosa dipendenza dal fumo di tabacco.

Fumo e salute oro-facciale: analisi della letteratura e razionale scientifico - Ultima modifica: 2013-05-30T15:12:03+00:00 da Redazione

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