La terapia chirurgica dell’Internal Derangement

Discussione

La letteratura è inequivocabilmente a sostegno della terapia chirurgia di alcune problematiche dell’ATM. Per quanto riguarda i disturbi più comuni, come le patologie intra-articolari dell’ATM ID (ad esempio, quelle del disco) e l’osteoartrosi8 è necessario approfondire le ricerche per meglio definire gli unici vantaggi del trattamento chirurgico, non ottenibili con altri trattamenti. La buona gestione delle DTM come le patologie intra-articolari e l’osteoartrosi con i mezzi più comuni comporta che la chirurgia venga considerata solo in ultima istanza. Si tratta di una sfortunata percezione generale, in quanto i benefici di un intervento chirurgico precoce, in particolare l’artrocentesi, può essere realizzata in abbinamento alle terapie convenzionali. In sostanza, la scelta del tipo di trattamento delle DTM dovrebbe essere correlata al quadro diagnostico e non essere limitata alla convinzione che l’intervento meno cruento sia il migliore. È più dannoso e peggiore la prognosi di una malattia un inadeguato trattamento conservativo che non riesce, piuttosto che le possibili complicanze correlate all’intervento chirurgico. Sarebbe meglio forse ripristinare un disco patologico nelle fasi iniziali piuttosto che far soffrire il paziente nell’attesa e nella speranza che la placca occlusale possa ridurre la sintomatologia, anche se vale sempre la pena di provare. Questo è un dilemma per i chirurghi orali e maxillo-facciali i quali spesso si trovano a dover risolvere sfortunatamente casi del genere ove la letteratura è poco chiara. Mentre la chirurgia dell’ATM è stata fondamentale nella gestione dei non comuni disturbi come le anchilosi e le neoplasie, il ruolo della chirurgia nella gestione delle comuni problematiche articolari ID è ancora un argomento molto dibattuto (patologia del disco e osteoartrosi)8. Anche se la letteratura si esprime positivamente a favore della chirurgia dell’ATM, è importante temperare tali risultati con gli esigui e parziali dati degli studi clinici. Eticamente è quasi impossibile eseguire gli interventi chirurgici su soggetti umani al fine di determinare l’efficacia di una procedura chirurgica rispetto all’effetto placebo. Mentre gli studi sugli animali hanno fornito una certa comprensione nelle conseguenze di un intervento chirurgico sull’ATM29,36,37 i risultati sono difficilmente affiancabili agli esseri umani a causa della diversità e complessità biomeccanica dell’ATM umana. Studi biologici molecolari stanno fornendo utili informazioni rispetto alla sperimentazione animale, ma il limite di quest’area di ricerca è nell’interpretazione dei dati raccolti.

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Conclusioni

Da quando precedentemente detto confrontando la nostra esperienza e i dati clinici con la letteratura internazionale possiamo affermare che:

  • la causa principale dei disordini temporomandibolari sia dovuta a una continua e costante sollecitazione meccanica che porta, se non corretta in tempo, all’infiammazione che con la liberazione dei suoi prodotti porta alla formazione di aderenze derivanti dal tessuto fibroso con conseguente limitazione dei movimenti mandibolari e comparsa di algie localizzate e diffuse;
  • dalla letteratura si evince che circa il 5% dei pazienti con DTM dovrebbe includere tra le loro terapie anche il trattamento chirurgico, ma in realtà moltissimi casi che sono stati trattati con la chirurgia con tutta probabilità derivano da diagnosi sbagliate e di conseguenza da trattamenti convenzionali non idonei che hanno prolungato i tempi e hanno peggiorando la sintomatologia;
  • i trattamenti chirurgici intra-articolari sia open che minimamente invasivi (artroscopia e artrocentesi) hanno dimostrato nel follow up anche di vari anni di ottenere risultati positivi superiori all’80 % (80/95%) con significativa riduzione del dolore e aumento dei movimenti, ma il meccanismo di questo beneficio derivato dalla chirurgia non è ancora chiaro ma sembra associato all’eliminazione delle aderenze, al lavaggio e lisi del tessuti infiammatori e al riassetto delle componenti articolari, occlusali e neuromuscolari;
  • è possibile quindi che in futuro, nei casi di Internal Derangement ID che devono essere trattati con approccio chirugico si adottino maggiormente trattamenti minimamente invasivi atti a eliminare le aderenze e i tessuti infiammatori aumentando la mobilità senza il riposizionamento del disco in sede originale, attuando una corretta terapia conservativa; ecco che allora l’artroscopia e soprattutto l’artrocentesi – se eseguita in tempi precoci quindi all’inizio della patologia di Internal Derangement stadio di Wilkes 2-3 – possono essere considerate come trattamento ideale nelle ID resistenti ai trattamenti conservativi eliminando così al massimo la morbilità per il paziente; in caso di fallimento di queste procedure minimamente invasive e nei pazienti che presentano stadio Wilkes 4-5 a nostro avviso l’intervento attualmente più indicato e meno invasivo è la chirurgia funzionale aperta dell’ATM ideato dal professor Cascone (Università La Sapienza, Roma) che con un follow-up a lungo termine ha ottenuto la risoluzione nella quasi totalità dei casi trattati.

Infine, presupposto fondamentale dell’ID è quello di eseguire una corretta diagnosi iniziale; considerando l’interdisciplinarità della materia, soprattutto il dentista può individuarla e trattarla con la consulenza anche di altri colleghi (medico, odontoiatra, fisioterapista ecc.).

Corrispondenza

Dr. Sergio Dus – Poliambulatorio Medico e Odontoiatrico Dusmedical
Via Colombo 4/b – 33077 Sacile PN
www.dusmedical.it; info@dusmedical.it

Dr. Fabrizio Spallaccia
Via Nocera Umbra 97 – 00181 Roma
fabrizio.spallaccia@fastwebnet.it

Prof. Piero Cascone
Via Enrico Petrella 4 – 00198 Roma
piero.cascone@uniroma1.it

La terapia chirurgica dell’Internal Derangement - Ultima modifica: 2013-03-16T11:49:42+00:00 da Redazione

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