Impronta di precisione in protesi fissa: caratteristiche dei materiali

Precisione

La precisione è rappresentata dalla fedeltà di riproduzione del dettaglio; non dovrebbe essere confusa con l’accuratezza dimensionale, ovvero la capacità di un materiale di fornire dopo la colatura un modello di lavoro quanto più possibile fedele all’originale anatomico, esente cioè da variazioni lineari-volumetriche, distorsioni o insufficienza di dettagli. L’accuratezza dimensionale esprime una valutazione più ampia della “bontà” in senso lato del materiale da impronta, e non solo della sua precisione. Da un punto di vista metodologico, negli studi in vitro la precisione di un materiale da impronta viene frequentemente misurata per mezzo di un dispositivo standardizzato simile a quello rappresentato in Figura 721. Una valutazione più approfondita della precisione può essere ottenuta analizzando direttamente la riproduzione di campioni di dentina, opportunamente preparati, misurando quantitativamente e/o qualitativamente la rugosità superficiale del tessuto dentale e confrontandola con quella dell’impronta registrata22,23. Con quest’ultima tecnica, Kanehira et al. hanno individuato delle differenze nella precisione dei materiali light testati, riportando un elevato grado di dettaglio per Flexitime® (PVS), Impregum® (polietere) e Senn® (ibrido)23. Secondo la specifica ADA (American Dental Association) #19 gli elastomeri, per definizione, dovrebbero essere in grado di registrare particolari di 25μm.

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La viscosità influisce su questa caratteristica: i PVS alla consistenza light si avvicinano a valori di 1 o 2μm di precisione, i regular/medium si attestano a 20μm, mentre i putty rivelano dettagli non inferiori a 75μm19. Le condizioni del campo operatorio possono, inoltre, influenzare la performance del materiale in termini di precisione: Petrie et al. hanno giudicato soddisfacenti l’82% e il 47% delle impronte rilevate con Aquasil® (PVS), in condizioni di umido e bagnato, rispettivamente24. Con l’analisi al SEM, Acar et al. hanno fornito prove scientifiche del fatto che la rugosità superficiale dell’impronta e la perdita di dettaglio dei materiali idrofobici, quando utilizzati in campo umido, siano maggiori rispetto a quelli idrofilici; la performance delle due categorie poste a confronto è invece risultata analoga in condizioni di asciutto22. Clinicamente, siliconi e polieteri sono entrambi considerati materiali estremamente precisi; naturalmente, questa proprietà è considerata un vantaggio solamente qualora il materiale sia nelle condizioni di entrare in contatto diretto con ciò che deve registrare (adeguato spiazzamento dei tessuti e controllo dell’umidità).

Recupero elastico e deformazione permanente

Il recupero elastico (K) è una caratteristica che definisce la capacità del materiale da impronta, a indurimento completato, di ritornare alla propria forma originaria in seguito all’applicazione di forze tensili o compressive deformanti19 (Figura 8). Un recupero elastico incompleto, trascorso un tempo adeguato dallo stress indotto, indica la presenza di una deformazione permanente nell’impronta stessa; in questi casi le forze deformanti hanno determinato, almeno in alcune aree dell’impronta, un superamento del limite elastico. Secondo la specifica ISO 4823, nel test di recupero elastico 1) il campione standardizzato viene deformato per il 30% della sua lunghezza (L) originale, poi 2) la forza viene rilasciata e 3) trascorsi 2 minuti, il cambiamento in lunghezza (DL) viene misurato (K% = 100 X (L- DL))8. Secondo Jorgensen25, l’allungamento medio riscontrabile in un materiale da impronta, durante il superamento clinico dei sottosquadri, si attesta intorno al 60% della sua lunghezza originale (superiore al test ISO); per questo motivo sono state condotte indagini anche con stiramenti pari al 50, 80 e 100%26,27.

Indipendentemente dalla categoria di appartenenza dell’elastomero, la capacità di recupero elastico è stata inoltre correlata negativamente al grado di stiramento del materiale da impronta27. L’entità del recupero elastico richiesto dalla norma ISO 4823 deve essere superiore al 96.5%. Lu et al. hanno riportato valori superiori al 98% per Imprint II®, Impregum® e Flexitime® (range: 98.79% per Impregum Heavy; 99.88% per Imprint II Heavy), con differenze statisticamente significative correlate alla viscosità8. Nello stesso studio gli Autori sottolineano come la lieve differenza statistica osservata nel recupero elastico fra polietere e siliconi non sia probabilmente clinicamente significativa. D’altra parte, in altre condizioni sperimentali, una deformazione permanente dopo stiramento (80%) compresa fra il 4 e il 5% è stata riportata per il polietere (Impregum® Garant L Duo Soft); tale valore è risultato significativamente maggiore rispetto ai PVS (0.03% per Affinis® Light; 1.33% per Aquasil® Ultra XLV)26.

Clinicamente, è stato suggerito di aumentare il tempo di permanenza intraorale del polietere (incremento del setting time da 3’:30’’ a 5’:00’’) per contenere sensibilmente l’alterazione volumetrica, riducendola di circa l’1%. Le impronte di un’arcata dentale con ampi sottosquadri o sottili sezioni di materiale (ad esempio, spazi interprossimali stretti o aree sottogengivali) sono suscettibili a una deformazione elastica proveniente da stress tensili. In tali scenari è opportuno impiegare un materiale da impronta che possieda un sufficiente recupero elastico. A questo proposito, in uno studio di Lawson et al. i polivinilsilossani indagati (Aquasil Ultra®, Examix®, Imprint 3® e StandOut®) hanno restituito valori superiori (range: 99.2% – 99.9%) rispetto a un materiale ibrido polivinil-silossanetere (Senn® 98.3%)27.

Impronta di precisione in protesi fissa: caratteristiche dei materiali - Ultima modifica: 2013-07-10T14:35:15+00:00 da Redazione

1 commento

  1. Fili di retrazione gengivale nella rilevazione di impronte dentali | DM Il Dentista Moderno

    […] protesi fissa su dente naturale le impronte dentali di precisione è una fase clinica dall’importanza […]

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