Fasi finali del trattamento protesico

Papilla interdentale

La forma e la dimensione della papilla interdentale sono differenti secondo l’età del soggetto: nei pazienti giovani riempie lo spazio interdentale fino al punto di contatto, assume una forma appuntita e triangolare. Negli anziani, invece, in seguito ad alcune variazioni che possono verificarsi con il passare del tempo e che ne modificano la forma, va incontro a retrazione. È bene essere estremamente cauti nel modificare le papille dei soggetti giovani, evitando di creare diastemi simili a quelli determinati dalle parodontopatie.

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9. La papilla interdentale assume una forma triangolare e convessa in tutte le direzioni. Questa conformazione è più evidente quanto più marcata è la retrazione gengivale; inoltre, le papille devono presentare lunghezze differenti e variazioni tissutali le une dalle altre.

Le papille, a differenza di ciò che si riscontra normalmente nei vari manufatti protesici, hanno una superficie convessa in tutte le direzioni al fine di evitare accumuli di cibo (figura 9). Questa conformazione è più evidente quanto più marcata è la retrazione gengivale; le papille devono, inoltre, presentare lunghezze differenti e variazioni tissutali le une dalle altre.

Margine gengivale

Ispessendo e arrotondando i margini gengivali dei denti è possibile ottenere un aspetto conforme all’età. Nei soggetti giovani essi sono sottili; negli anziani il tessuto gengivale è più spesso con papille dalla base ampia e dagli apici arrotondati. In natura, raramente, si hanno linee rettilinee; le protesi appaiono più naturali se la gengiva segue un decorso lievemente irregolare, quindi si deve dedicare particolare cura alla collocazione dell’altezza del margine cervicale di ogni singolo dente, ondeevitare un effetto di innaturale perfezione (figura 10). Piccole recessioni gengivali migliorano la resa estetica. Alla presenza di un sorriso ampio è preferibile modificare anche i margini gengivali dei premolari.

10. Ispessendo, arrotondando e collocando ad altezze diverse il margine gengivale si ottiene un aspetto conforme all’età. Le protesi appaiono più naturali se le mucose artificiali presentano un decorso irregolare.

Troppo spesso, invece, si osserva che in corrispondenza dell’area canino-primo premolare superiore il colletto del canino è posto troppo apicale con un effetto poco gradevole. È preferibile mantenere il margine cervicale di questi due elementi allo stesso livello. È bene ricordare che non è possibile gestire una corretta dinamica gengivale se, durante i ritocchi per il montaggio su cera, i denti artificiali vengono notevolmente ridotti al colletto senza motivazioni adeguate.

Trasformazione del corpo protesico

Al termine del consueto percorso di definizione del corpo protesico con l’utilizzo di materiali specifici di modellazione, si procede con la selezione del tipo di sistema stampo/ controstampo per la duplicazione delle forme da cera a resina, distinti tra:

  • iniezione;
  • colata;
  • pressatura.

Le metodiche comportano l’utilizzo di muffole dedicate che prevedono, a seconda della tipologia di resina utilizzata (auto o termopolimerizzante), materiali quali:

  • gesso classe III-IV;
  • gelatine.

Va doverosamente specificato che la procedura esposta si basa sull’uso di resine acriliche, distinguendosi nettamente dal protocollo utilizzato per i materiali compositi di recente introduzione sul mercato e aventi come principale caratteristica l’assenza di monomero: non avendo sufficiente esperienza nella gestione di questi materiali innovativi, si preferisce a tutt’oggi procedere nella costruzione di protesi totali su base acrilica, per il suo background consolidato e affidabile.

11. Le procedure di trasformazione cera-resina vengono attuate con muffole tradizionali a stampo/controstampo in gesso: l’utilizzo di siliconi specifici manterrà la ricerca dell’estetica gengivale.

Nella scelta delle metodiche di trasformazione cera-resina, preferiamo indirizzarci verso delle semplici muffole tradizionali, con stampo/ controstampo in gesso e resina acrilica auto-polimerizzante pressata. L’utilizzo di siliconi specifici, per rivestire i dettagli della modellazione gengivale e della flangia protesica, si rivela molto utile per ridurre i tempi di rifinitura a polimerizzazione avvenuta (figura 11).

Ricerca del sigillo palatale posteriore

12. Nell’arcata superiore, il sigillo posteriore deve essere localizzato nell’area di tessuto comprimibile distalmente al palato duro e anteriormente alla linea della «A», identificata chiedendo al paziente di pronunciare la vocale a bocca aperta.

Per garantire la tenuta della protesi superiore, è necessario ottenere un sigillo adeguato lungo la zona del postdam, questo per evitare che la protesi si dislochi a causa di pressioni esercitate sui margini incisali e palatali dei frontali superiori. È bene ricordare che la tecnica esposta prevede il montaggio dei denti anteriori superiori secondo dei principi fonetici ed estetici; spesso questi sono posti anteriormente alla cresta ossea, quindi, senza un adeguato sigillo posteriore la protesi risulerà sempre instabile. La chiusura deve essere localizzata nell’area di tessuto comprimibile, distalmente al palato duro e anteriormente alla linea della «A», identificata chiedendo al paziente di pronunciare la vocale a bocca aperta (figura 12), e contrassegnandola con una matita atossica.

Impropriamente è denominata linea, ma clinicamente si tratta di un’area, che si estende di parecchi millimetri prima di connettersi con i tessuti più densi che ricoprono il palato duro. Un altro metodo per identificare quest’area, è quello di esplorare, tramite uno strumento a palla, la zona di tessuto molle comprimibile e contrassegnarne la posizione rispetto alla linea mobile. L’incisione sul modello serve, fra l’altro, quale compensazione della contrazione che avviene nel materiale acrilico durante la sua polimerizzazione.

Con una fresa a rosetta si esegue un’incisione semisferica, della profondità di 0,5-1 mm nella zona centrale, 0,2 mm intorno ai tuberi. È importante che questa fase sia eseguita dall’odontoiatra, che è a conoscenza della situazione clinica. In relazione alla naturale conformazione ossea sottostante, le incisioni vengono raccordate, portando lo scavo a zero in direzione anteriore, definendo un disegno «a baffo» (figura 13).

13. Nell’area identificata dal clinico sul modello master viene definito uno scavo avente una forma atta a ripetere l’anatomia ossea sottostante con una compressione aumentata da tubero a tubero.

Materiali per basi protesiche

I materiali attualmente disponibili sul mercato si distinguono in:

  • resine acriliche auto/termo-polimerizzanti;
  • compositi.

Come accennato precedentemente, si preferisce ancora l’uso di un materiale tradizionale come la resina acrilica, per motivi di collaudata conoscenza del prodotto.

Per quanto riguarda i materiali termopolimerizzanti, risultano i più utilizzati sul mercato e presentano caratteristiche di:

  • omogeneità/compattezza;
  • resistenza alla frattura;
  • biocompatibilità.

Il prodotto, miscelato generalmente in rapporto 3:1, viene introdotto nelle muffole per pressatura avendo cura di controllare e rimuovere il debordo in eccesso prima della serratura finale. La polimerizzazione avviene, dopo mantenimento sotto pressa idraulica o staffa per 30-60 minuti, per inserzione in acqua riscaldata a 74 °C per 90 minuti; successivamente, si porta la temperatura a 100 °C stabilizzata per 30 minuti. Ovviamente, il controllo del ciclo di polimerizzazione può avvenire esclusivamente in macchine specifiche a regolazione graduata.

Prima dello smuffolamento, si lasciano raffreddare le muffole all’aria per circa 60 minuti. Le resine acriliche auto-polimerizzanti presentano il vantaggio di una migliore accuratezza dimensionale e di un tempo di lavorazione inferiore. Le basi costruite con tali resine contengono, inizialmente, una quantità maggiore di monomero libero, neutralizzabile immergendo le basi in acqua per almeno 24 ore. Le basi protesiche in resina autopolimerizzante si sono rivelate completamente accettabili per una riabilitazione a lungo termine tanto quanto quelle in resina termo-polimerizzante.

In effetti, la loro migliore adattabilità, sul supporto osteo-mucoso, dovrebbe controbilanciare la loro minore resistenza: pertanto, l’eventuale rischio di frattura non dovrebbe incidere in percentuale. Queste resine possono essere utilizzate con procedure sia di pressata sia di colata; si preferisce la prima, mantenendo le muffole sotto carico nella pressa idraulica per 10-12 ore.

Fasi finali del trattamento protesico - Ultima modifica: 2009-11-22T09:16:21+00:00 da Redazione

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