Tra i farmaci di comune impiego, le terapie anticoagulanti orali (TAO) a base di inibitori della vitamina K – su tutti il warfarin – rivestono senza dubbio un ruolo di primo piano fra gli interessi dell’odontoiatra. Si tratta infatti di presidi terapeutici indicati per il controllo di svariate problematiche cardiovascolari, che spaziano dal pregresso infarto miocardico a fibrillazione atriale, sostituzione di valvola cardiaca, trombosi venosi profonda, ed embolia polmonare, eventi che rimangono comuni nella società occidentale, che sta andando incontro al progressivo invecchiamento della popolazione e che mantiene un accesso facilitato ai servizi sanitari.
Un qualsiasi intervento di chirurgia odontoiatrica, ad esempio l’estrazione di un dente, seppur ascrivibile comunemente a chirurgica minore, non manca di esporre il paziente a una serie di complicanze, tra le quali il sanguinamento. Solitamente, si tratta di una perdita ematica contenuta, dato che le grosse strutture vascolari vengono normalmente risparmiate e dato che sono in commercio strumenti efficaci nell’emostasi topica, come ad esempio le diverse preparazioni a base di collagene, fibrina e acido tranexanico. Il rischio di emorragia si innalza nel momento in cui il paziente stia seguendo una terapia farmacologica a base di anticoagulanti orali. Il dibattito scientifico si è soffermato lungamente sul raffronto fra questa evenienza e la possibile insorgenza di eventi tromboembolici nel caso di sospensione della terapia
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In primo luogo, pare utile ribadire quali siano le misure diagnostiche a disposizione del clinico e quali siano i fattori da indagare. Ancora una volta, si parla di dati che si ritrovano facilmente nelle linee guida operative.
In primo luogo, il tempo di protrombina, che indaga la via estrinseca della coagulazione e consiste nella misurazione del tempo in cui si forma il coagulo di fibrina nel plasma trattato con tromboplastina e calcio. Il dato del PT del singolo paziente, rapportato al PT medio dei plasmi normali esprime il rapporto normalizzato internazionale (INR), elemento di screening fondamentale per i pazienti sottoposti a TAO. Normalmente, il valore dell’INR è posto fra 0.9 e 1.2, valore che si porta a 2-3.5 nel paziente trattato con anticoagulanti.
Negli ultimi anni, permane la consapevolezza che sia questo dato clinico l’elemento fondamentale per determinare l’operabilità su questi pazienti. L’intervallo terapeutico è compreso fra 1.5 e 3.5, mentre in casi di INR più elevato, il paziente viene di solito reinviato presso il curante o, nel caso l’intervento sia considerato urgente – evenienza comunque non frequente nei casi di chirurgia odontoiatrica – inviato presso una struttura protetta.