Minimum intervention come nuovo approccio diagnostico-preventivo

2. Test di pH e capacità tamponante della saliva (Saliva Check Buffer®, GC Ltd). Dopo il contatto con la saliva, le cartine tornasole assumeranno un colore da confrontare con una scala cromatica fornita dal produttore.

Demineralizzazione e pH rilevabile (Esecuzione del test: 4 minuti)
Anche il pH della placca riveste un importante ruolo di fattore di rischio. Un valore di pH che raggiunga o persista troppo a lungo verso valori prossimi a 5 favorisce la demineralizzazione acida di smalto e dentina. Il riconoscimento di valori di pH sfavorevoli possono identificare regimi dietetici impropri e la necessità di istituire regimi alimentari più appropriati. Al contrario, la mancata identificazione del paziente a rischio non solo non permette un approccio preventivo, ma di fatto vanifica anche i programmi di richiamo e di visite periodiche. In figura 2 è rappresentato un test che permette di valutare il pH della saliva e, contemporaneamente, di valutarne la capacità tamponante, ovvero la capacità di neutralizzare la carica acida responsabile della demineralizzazione (Saliva Check Buffer, GC Ltd, Japan).

3. Prelievo di placca con apposito strumento.

Un’altra possibilità di questo test è la valutazione del flusso salivare, basale e stimolato, in quanto nella confezione viene fornito anche un raccoglitore graduato. Quantità di saliva, pH e capacità tamponante costituiscono, infatti, un’importante chiave di lettura per identificare un paziente a rischio di carie. Il test prevede un semplice prelievo di saliva con uno strumento a pipetta in dotazione. In alternativa, se si vuole valutare anche il flusso salivare, il paziente può espettorare direttamente nel contenitore graduato.

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4. Confronto della placca dopo colorazione con il reagente. Più il colore è rosso, più il pH è basso (Plaque Indicator Kit®, GC Ltd).

Una cartina tipo tornasole per la valutazione del pH viene quindi immersa nella saliva. Oltre a questo, su un’altra cartina tornasole a tre settori, si applicano alcune gocce di saliva per valutare invece la capacità tamponante (figura 2). Dopo circa tre minuti, entrambe le cartine tornasole virano cromaticamente, assumendo una colorazione che trova il suo significato su una scala cromatica di riferimento compresa nel test. La lettura di pH troppo bassi identifica la presenza di una placca cariogena; anche la scarsa capacità tamponante della saliva può identificare l’incapacità di ridurre efficacemente il pH in tempi ridotti.

5. Colorazione con Disclosing Gel (Plaque Indicator Kit®, GC Ltd). La placca più recente appare di colore blu, quella più vecchia (> 48 ore) è rossa.

Pazienti con queste caratteristiche richiedono regimi alimentari e misure preventive idonee a prevenire l’insorgenza di carie, cui risultano maggiormente esposti rispetto a pazienti negativi al test. La stessa alimentazione può esporre a rischi maggiori pazienti con scarsa capacità tamponante e pH stabilmente più bassi e dannosi. Va ricordato che il test, per assumere un significato preventivo, dovrebbe essere eseguito a distanza di qualche minuto dall’assunzione di cibi, soprattutto carboidrati, la cui metabolizzazione porta a un abbassamento del pH orale, e poi andrebbe ripetuto almeno 30 minuti dopo, per valutare le successive modificazioni del pH e la capacità di «tamponamento» da parte della saliva del soggetto testato17.

6. Tecnica di prelievo batterico nelle tasche parodontali. Il cono di carta va lasciato in sito per almeno 30 secondi.

Dato che, molto spesso, la presenza di placca cariogena e l’aumento del rischio di carie si accompagnano a scarsa igiene orale, esiste in commercio un altro test specifico (Plaque Indicator Kit, GC Ltd, Japan) che, oltre al pH ottenuto come nel test precedente (anche se con un reagente liquido e con un prelievo di placca e non di saliva, figure 3 e 4), permette di identificare sulla superficie dentale anche la placca accumulata. La particolare formulazione dei reagenti del liquido rivelatore è in grado di distinguere cromaticamente la placca formatasi da meno di 48 ore (in colore blu) da quella presente da più di 48 ore (in colore rosso, figura 5).

Questo perché nella placca matura variano le componenti della matrice extracellulare e a esse si possono legare reagenti dal colore differente. Dal punto di vista motivazionale, questo riveste un importante ruolo per mostrare al paziente i difetti della tecnica di spazzolamento e quali sono i siti dove la placca tende a formarsi prima e a rimanere più a lungo, con il potenziale rischio di ledere i tessuti. Un ruolo motivazionale simile, anche se meno specifico, può essere quello delle pastiglie rivelatrici di placca, facilmente disponibili sul mercato e utilizzabili dal paziente al proprio domicilio15,17,18.

7. Risultato del test per le specie parodonto patogene (Meridol®, Gaba).

Placca specifica parodontopatogena (esecuzione del test: 1 minuto)
La presenza di alcune specifiche specie parodontopatogene è condizione necessaria perché possano insorgere le diverse forme di parodontite. La conta numerica di queste specie identifica anche un maggiore rischio potenziale di danno tissutale per il paziente. Ormai da diversi anni, esistono in commercio test che, con semplici procedure di prelievo (figura 6), permettono di ottenere, in circa sette giorni, l’identificazione delle specie batteriche patogene e anche di quantificarle numericamente19,20. Il test di identificazione delle specie batteriche parodontopatogene (per esempio Genotipe Hain Lifescience, Germany) permette di identificare un pool di cinque batteri, tra cui Aggregatibacter actinomycetemcomitans, Porphyromonas gingivalis, Tannerella forsythus Treponema denticola, Eikenella corrodens, oppure con il medesimo prelievo anche un pool di dodici microrganismi, sette in più rispetto al test base. Rilevamenti simili si possono ottenere anche con un test analogo come Meridol PerioTest (figura 7).

L’identificazione delle specie batteriche coinvolte consente di affrontare al meglio la terapia parodontale, soprattutto quando si deve accompagnare a somministrazioni di principi antibiotici che possono essere così selezionati in base al microrganismi da combattere. Già solo la conoscenza della conta batterica dei microrganismi parodontopatogeni permetterebbe, infatti, di evitare inutili somministrazioni di antibiotici e chemioterapici in pazienti dalla carica batterica piuttosto bassa. Inoltre, ripetendo il test dopo la terapia parodontale, è possibile ottenere un riscontro oggettivo sul successo della terapia e potrebbe risultare utile all’identificazione di quei pazienti ancora a rischio di progressione della malattia, qualora il test risultasse ancora positivo.

Continua …

Minimum intervention come nuovo approccio diagnostico-preventivo - Ultima modifica: 2009-10-28T11:36:13+00:00 da Redazione

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