Minimum intervention come nuovo approccio diagnostico-preventivo

Carie e parodontopatie

La carie e le malattie parodontali rappresentano la causa principale di perdita di elementi dentali nella popolazione mondiale. L’agente eziologico di entrambe le patologie è rappresentato dalla placca batterica che, una volta formatasi, è in grado di svolgere un’azione lesiva sui tessuti dentali e gengivali. La carie è una demineralizzazione delle strutture dentali dovuta alla produzione di metaboliti acidi da parte di alcuni microrganismi, che spesso sono dei normali organismi saprofiti del cavo orale di ogni paziente. Le specie batteriche più coinvolte nei processi cariosi sono: Streptococcus mutans, Streptococcus milleri, Streptococcus mitior, Streptococcus sanguis, Actinomyces e Lactobacillus14.

Pubblicità

Quando si assume un alimento, questo viene assimilato anche dai batteri che, come risultato della loro attività, possono produrre sostanze acide. Se la dieta risulta particolarmente ricca di zuccheri, come glucosio o saccarosio, alcune specie, come Streptococcus mutans, producono sostanze, come acido lattico o formico, che aggrediscono le strutture del dente. Il processo di demineralizzazione si verifica se il pH della superficie dentale scende sotto il valore critico di 5,5 e, quindi, è necessario che gli idrogenioni si accumulino sulla superficie del dente, cosa che è resa possibile dalla protezione fornita dall’accumulo della placca che non è stata adeguatamente rimossa con lo spazzolamento.

Tuttavia, questo processo distruttivo risente di una serie di variabili o fattori di rischio che possono o meno favorire l’insorgenza della carie: la presenza e l’attività della saliva, le abitudini alimentari, l’igiene orale. Le alterazioni del flusso salivare, sia quelle di tipo quantitativo (in genere il flusso salivare medio è di 1.000 ml al giorno) sia quelle di tipo qualitativo (pH, alterazione delle concentrazioni dei componenti della saliva) possono determinare una maggiore incidenza della patologia cariosa3. In particolare, la saliva combatte la carie tamponando l’acidità della bocca e ha funzione sia microbicida sia immunitaria. Se vengono a mancare alcune sostanze enzimatiche e alcuni elettroliti, può risultare deficitaria la capacità tamponante, e il pH della bocca può rimanere per tempi più lunghi a livelli demineralizzanti (pH < 5,5).

Tutto questo è aggravato da altri fattori, come la presenza di anomalie della posizione dentale, che facilita la formazione della placca cariogena, o cattive abitudini di igiene orale e alimentari, come i frequenti spuntini, o l’eccessivo consumo di cibi dolci, che aumentano il rischio di carie. L’elevata frequenza di assunzione di zuccheri mantiene un pH della bocca acido e la demineralizzazione è, di conseguenza, pressoché continua. In mancanza di una continua assunzione di zuccheri, il pH orale tende a normalizzarsi dopo circa 30 minuti15.

Con il termine di malattia parodontale si intendono una serie di patologie che, secondo la più recente classificazione della Federazione Europea di Parodontologia (EFP) possono essere classificate in16:

  • gengiviti;
  • parodontite cronica dell’adulto (PCA);
  • parodontite a insorgenza precoce;
  • parodontite necrotizzante;
  • parodontiti associate a malattie sistemiche.

Tutte queste malattie sono correlate all’accumulo della placca batterica che evolve da una componente con prevalenza di Gram+ aerobi, come nella gengivite, a una componente con prevalenza di Gram- anaerobi, come nelle forme di parodontite in fase attiva. È importante sottolineare, comunque, che tutte le parodontiti sono precedute da gengivite, che rappresenta una fase ancora reversibile, ma non obbligatoriamente tutte le gengiviti evolvono inevitabilmente in parodontiti, ovvero in forme la cui distruzione, spesso, non è più rimediabile.

I microrganismi più frequentemente associati alle malattie parodontali sono: Aggregatibacter actinomycetemcomitans (ex Actinobacillus), Tannerella forsythus (ex Bacteroides), Porphiromonas gingivalis, Eikenella corrodens, Treponema denticola, Fusobacterium nucleatum, Spirochete. La presenza di questi batteri, associata a una scorretta igiene orale, sostiene un’infiammazione cronica che, con il tempo, porta alla lenta distruzione dei tessuti parodontali dell’ospite.

Infatti, la presenza cronica di cellule e di mediatori dell’infiammazione come complemento, TNF, citochine, IL-1 e IL-6, genera l’attivazione di processi cellulari che portano a riassorbimento osseo da parte degli osteoclasti e alla distruzione di osso alveolare, cemento radicolare e legamento parodontale. L’elemento diagnostico principale è la formazione di tasche parodontali, con l’aumento della profondità di sondaggio oltre un valore fisiologico di 3-4 mm. Generalmente, durante il sondaggio di siti infiammati si verifica sanguinamento che, nei casi più gravi, può anche manifestarsi spontaneamente16.

Strumenti per l’identificazione del paziente a rischio

Molto spesso i fattori di rischio o la presenza di specie batteriche, come quelle descritti in precedenza, rappresentano elementi di difficile riconoscimento con un semplice esame obiettivo da parte dell’odontoiatra. D’altra parte, non è ipotizzabile che ogni singolo paziente venga sottoposto a complessi esami di laboratorio, che magari prevedono la presenza in studio di uno strumentario professionale molto costoso.

Proprio per assecondare questa esigenza, sono però oggi disponibili una serie di test, generalmente molto semplici, rapidi e poco costosi, che possono rivelarsi utili per l’identificazione di aspetti patologici che, se non noti, potrebbero anche rendere meno efficaci le terapie attuate. La messa in atto di questi sistemi spesso nasce dai risultati della ricerca moderna, e dalla sempre maggiore necessità di ricorrere a metodologie preventive per ridurre complicanze e costi terapeutici.

Presenza di placca specifica cariogena (Esecuzione del test: 4 minuti)
Come descritto, alcune specie batteriche sono in grado di produrre metaboliti acidi che provocano la demineralizzazione dell’idrossiapatite del dente; ma non tutte le specie batteriche sono in grado di produrre questi metaboliti. Sicuramente, Streptococcus mutans è la specie batterica più coinvolta e, maggiore è la sua concentrazione nella cavità orale, maggiore è il rischio di carie a cui è esposto il paziente; pertanto, valutare quantitativamente la presenza di Streptococcus mutans permette di identificare un importante fattore di rischio1,14. In figura 1 è presentato un test messo a punto per identificare, non un preciso valore numerico di Streptococcus mutans, ma piuttosto una conta significativa di questo microrganismo per un alto rischio di carie (Saliva Check Mutans, GC Ltd, Japan).

La durata dell’esecuzione del test, compresa la fase di stimolazione della saliva, è di circa 4 minuti. Il paziente deve masticare una compressa tipo chewing-gum, incolore e insapore, senza deglutire la saliva per circa un minuto, la saliva così stimolata deve essere raccolta con una pipetta e depositata in un apposito contenitore. Al materiale così raccolto devono essere aggiunti due reagenti, una goccia del reagente A e, dopo aver amalgamato il tutto con lievi percussioni del contenitore, altre quattro gocce del reagente B.

Il preparato deve poi essere nuovamente raccolto con la pipetta e depositato su una cartina di reazione, che darà un responso di positività o negatività a un’elevata concentrazione di Streptococcus mutans nella saliva. Il risultato è leggibile dopo circa 15 minuti, durante i quali possono essere svolte le altre procedure di visita. La lettura di un test positivo permette di identificare una popolazione di pazienti maggiormente a rischio di sviluppare carie, ed è così possibile impostare protocolli di mantenimento specifici o correggere manovre di igiene orale scorrette15,17.

Continua …

Minimum intervention come nuovo approccio diagnostico-preventivo - Ultima modifica: 2009-10-28T11:36:13+00:00 da Redazione

LASCIA UN COMMENTO

Inserisci il tuo commento
Inserisci il tuo nome