L’implantologia è una disciplina che, nella sua pur breve storia, ha conosciuto dei cambiamenti molto importanti. La ricerca, oggi, punta ad affinare gli standard operativi attraverso l’utilizzo di materiali di nuova concezione, tecniche chirurgiche meno invasive e protocolli protesici rapidi ma affidabili. Alle volte, la scelta di una soluzione ingegneristica piuttosto che di un’altra può modificare, se non stravolgere le fasi di lavoro e incidere in maniera notevole sui risultati.
Un esempio di tale concezione, che naturalmente è sempre basata sulle prove scientifiche di efficacia, ma che comporta anche una quota di “filosofia”, è probabilmente rappresentata dalle connessioni impianto-abutment, con la contrapposizione tra le due grandi famiglie: impianti ad esagono esterno e impianti ad esagono interno.
I primi modelli di vite implantare concepiti dal professor Brånemark e dai suoi collaboratori presentavano un sistema d’ingaggio basato proprio su di un esagono esterno, che facilitava anche l’inserimento della vite stessa nell’osso. Le prime protesi implantari furono concepite per il trattamento delle edentulie complete, per cui inizialmente non venne valutata l’effettiva importanza dell’elemento anti-rotazionale. L’introduzione di sistematiche implanto-protesiche differenti ha portato anche all’adozione dell’esagono interno: ogni casa produceva un proprio modello, il che ha portato inizialmente anche una certa confusione. Con il passare del tempo aumentò pure l’interesse nella gestione, anche a lungo termine, dei tessuti molli e fu ancora più chiara l’importanza del punto di interfaccia della componentistica transmucosa. Negli ultimi anni, poi, si sono diffuse le sistematiche che seguono il concetto denominato platform switching, che consiste nell’abbinare all’impianto un abutment dal diametro leggermente inferiore.
Come detto, l’esagono esterno rappresenta il design originale e si porta dietro un importante background in letteratura. Bisogna anche osservare che, in generale, ad esso possono corrispondere alcune incertezze di affidabilità correlata alla stabilità meccanica, ragion per cui, pur essendo tuttora in uso, oggi non trova impiego negli impianti singoli. In realtà, con i nuovi materiali, alle volte le case riportano in uso soluzioni tecniche maggiormente utilizzate in passato, per cui è sempre utile seguire gli aggiornamenti.
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In linea generale, le sistematiche maggiormente diffuse, impiegate anche nel trattamento delle edentulie singole, oggi sono basate sull‘esagono interno. Viene a tal proposito allegato un video esemplificativo di una di queste tante sistematiche.
In realtà, pur parlando semplicemente di esagono, la connessione interna presenta di solito geometrie più complesse: il modello tipico impiega l’esagono, che funge da puro elemento anti-rotazionale, accoppiandolo a due cilindri, i quali invece evitano il movimento laterale tra moncone e impianto.