Fotopolimerizzazione dei materiali resinosi: effetti termici

Infatti, nessuno dei denti testati è diventato sintomatico e non è stato evidenziato nessun segno istologico di danno termico o pulpite irreversibile sui denti monitorati per 60-90 giorni. In questo studio il calore è stato applicato con la guttaperca calda sulla superficie occlusale di premolari e molari fino a che il soggetto ha avvertito il dolore. Anche in questo caso la durata dell’incremento termico è breve e il picco non è stato misurato con precisione. In caso di ridotta esposizione allo shock termico, l’aumentata produzione di proteine (heat shock protein – HSP70) potrebbe aiutare nel recupero della vitalità cellulare (Amano, 2006). Plant e Jones (1976 part. 1-2) hanno evidenziato una correlazione tra la risposta istologica al posizionamento di un materiale e l’incremento di temperatura prodotto durante la polimerizzazione. Goodis et al. (1989, 1990) hanno confermato tale innalzamento termico durante la polimerizzazione e consigliavano di soffiare aria in maniera indiretta per abbassare la temperatura, soprattutto durante il posizionamento del primo strato di composito. Del resto, anche Krämer, nel 2008, nelle linee guida per una corretta fotopolimerizzazione enumerava i seguenti aspetti:

  1. con lampade LED per 2 mm di incremento di composito sono necessari 20 sec di applicazione 1500-2000 mW/cm2;
  2. la profondità di polimerizzazione è direttamente proporzionale alla distanza tra puntale e composito. Oltre 6 mm la polimerizzazione è influenzata indipendentemente dal tipo di lampada e potenza utilizzate;
  3. la modalità migliore sembrerebbe la “soft start polymerization”: da 100 mW/cm2si arriva a 800 mw/cm2 finali;
  4. per riabilitazioni che prevedano l’utilizzo di ceramica sono consigliati adesivi e cementi auto e fotopolimerizzabili;
  5. l’adesivo smalto dentinale va polimerizzato prima della stratificazione del composito;
  6. la generazione di calore non va sottovalutata sia per le problematiche biologiche sia per i tessuti gengivali e per la polpa.

Inoltre, lo studio di Reis (2009) sottolinea come anche il riscaldamento o il raffreddamento prima dell’uso non influiscono sulle caratteristiche dell’adesivo smalto dentinale. Nel 2009, De Souza e il suo gruppo di ricerca hanno sviluppato un simulatore di camera pulpare e hanno verificato l’effetto di lampade alogene e LED su cellule odontoblasto-simili, MDPC-23, analizzandone la morfologia e l’attività mitocondriale (MTT) dopo irraggiamento. È emersa una significativa diminuzione del metabolismo per tutti e due i gruppi, nell’ordine del 36,4% con aumenti di temperatura di 6,4 °C per la lampada alogena e di 33,4% con incrementi di temperatura di 3,4 °C per la lampada LED. Gli studi sugli incrementi termici intrapulpari sono stati generalmente effettuati su denti sani estratti per motivi parodontali; nella pratica clinica invece sono i denti con patologia cariosa a necessitare di restauro, ed è ben noto che la dentina nella regione sotto la lesione cariosa presenta un grado di mineralizzazione modificato. A tale riguardo lo studio di Da Silva (2010) ha valutato l’influenza del grado di mineralizzazione della dentina sull’incremento termico intrapulpare

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durante la polimerizzazione delle resine composite. La dentina con elevato grado di mineralizzazione determina un maggiore incremento di temperatura, che tende ad aumentare in funzione dello spessore di dentina (2mm<1mm<0,5mm); in questo lavoro la lampada alogena usata in condizioni standard ha determinato un incremento termico maggiore rispetto a quella LED. Il tooth thermal pain (TTP) può essere indotto dalle pratiche odontoiatriche che si avvalgono dell’ausilio di strumentazione ad alta energia. Pertanto, vi è un’urgente necessità di comprendere meglio il trasferimento di calore (heat transfer HT) nel dente e i danni indotti termicamente, con il TTP corrispondente. Diversamente da ciò che avviene in ingegneria dei materiali, il comportamento termico del dente è principalmente un processo di conduzione del calore accoppiata a processi fisiologici (per esempio, flusso fluido dentinale [dentinal fluid flow DFF], flusso sanguigno pulpare [pulpal blood flow PBF]). Le caratteristiche termofisiche dei denti variano tra i diversi strati (smalto e dentina) e dipendono dalle loro microstrutture. Per esempio, la conducibilità termica dei denti umani

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diminuisce con la crescente densità dei tubuli dentinali. Il flusso di fluido nei tubuli dentinali può anche migliorare l’HT all’interno della polpa. Inoltre, il flusso sanguigno pulpare aumenta quando la temperatura sale al di sopra dei 42 °C e diminuisce durante il raffreddamento. Il sangue perfuso svolge un ruolo importante nella termoregolazione pulpare, lavorando come dissipatore di calore sotto riscaldamento e come fonte di calore quando sottoposto a raffreddamento (Lin, 2010).

Conclusioni

L’incremento termico pulpare dipende dall’intensità dell’unità di luce. Il potenziale rischio di danno pulpare indotto dal calore durante la polimerizzazione delle resine composite aumenta quando si usano sorgenti luminose a elevata energia. Il potenziale danno pulpare dipende sia dal picco massimo di temperatura che dal tempo di esposizione. L’entalpia di polimerizzazione dei compositi ha un ruolo consistente nell’incremento termico intrapulpare. L’incremento termico dipende dallo spessore di dentina residua; la dentina ha bassa conducibilità termica, ma in cavità profonde la capacità isolante tende a diminuire in funzione dell’aumento dell’area tubulare. La temperatura intrapulpare durante la fotopolimerizzazione dipende dalla distanza tra superficie e terminale di polimerizzazione. Le lampade fotopolimerizzanti devono essere controllate per l’effetto termico prima di essere commercializzate. È necessario un protocollo di polimerizzazione che consideri l’accoppiamento lampada/composito in modo da minimizzare l’aumento di temperatura senza modificare il grado di conversione; non si devono prolungare i tempi di polimerizzazione (over-curing). La valutazione in vitro dell’incremento termico intrapulpare durante la fotopolimerizzazione può fornire un approccio migliore per valutare le fasi operative, riducendo in tal modo i danni dentali affinché possa essere stilata una procedura odontoiatrica meno empirica.

Corrispondenza
Armellin Emiliano: armellin@med.uniroma2.it
Cerroni Loredana: cerroni@uniroma2.it
Pasquantonio Guido: guido.pasquantonio@uniroma2.it
Condo Condò: saverio.condo@gmail.com

Fotopolimerizzazione dei materiali resinosi: effetti termici - Ultima modifica: 2013-03-15T12:29:57+00:00 da Redazione

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