Longevità delle ricostruzioni dirette in composito

Ricostruzioni composito
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2. Paziente reduce da un trauma dentale in età pediatrica; era stato trattato con ricostruzioni dirette degli elementi 21 e 22 con resine composite. Dopo circa 15 anni di funzione, le ricostruzioni sono ancora efficaci come funzione e presentano un’estetica accettabile.  2. Patient suffered dental trauma as a child and had the incisal edges of teeth no. 21 and 22 restored with resin composite. After approximately 15 years in service, the restorations function well and demonstrate acceptable aesthetics.

Ana R. Benetti1

Ulla Pallesen2

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1Assistant professor, Section for Oral Rehabilitation, Dental Materials and Oral Diagnostics – Department of Odontology, Faculty of Health and Medical Sciences, University of Copenhagen, Denmark

2Chief Dental Officer, Section for Cariology & Endodontics and Paedodontics & Clinical Genetics – Department of Odontology, Faculty of Health and Medical Sciences, University of Copenhagen, Denmark

Le ricostruzioni dirette in composito possono essere considerate un esempio di biomateriale di successo, in grado di sostituire tessuto biologico dentale sia per ciò che riguarda la funzionalità che l’estetica1. Questi materiali sono stati utilizzati quotidianamente in Odontoiatria restaurativa per diversi anni e sono raccomandati come “elettivi” per il trattamento ricostruttivo di denti posteriori2,3. Tuttavia i compositi come li utilizziamo oggi sono parecchio differenti rispetto a quando furono introdotti in Odontoiatria conservative: le loro composizioni sono cambiate e sono migliorate in modo significativo nel tempo1,4,5.

Inizialmente le resine composite potevano essere soggette a usura, discolorazione e alta incidenza di frattura; inoltre non era infrequente osservare carie secondarie e sintomi post-operatori in denti trattati con resina composita. Alcune delle problematiche inizialmente osservate sono state superate con l’aumento del riempitivo all’interno della resina composita. Attraverso la riduzione della dimensione delle particelle, ottimizzando la loro distribuzione e morfologia, e migliorando il trattamento superficiale delle resine è stato possibile fabbricare materiali con migliori capacità meccaniche, incrementata resistenza all’usura, migliore estetica e più semplice lucidabilità1,4. I compositi di ultima generazione sono nanoriempiti o nanoibridi4 con all’interno riempitivi composti da materiali come quarzo, silice colloidale, cristalli di silice contenente bario, stronzio, zirconia6 e resine pre-polimerizzate4. Nonostante il miglioramento dei componenti riempitivi abbia avuto un impatto fondamentale sulla qualità della resina, è stata migliorata con il tempo anche la composizione della matrice resinosa. Le attuali resine composite sono costituite da monomeri di dimetacrilato, in particolar modo bisfenolo A-glicidil metacrilato (BisGMA), bisfenolo etossilato A-glicidil metacrilato (BisEMA), trietilene glicolo dimetacrilato (TEGDMA) e/o uretano dimetacrilato (UDMA). Lo sviluppo di ricerche su combinazioni di diversi monomeri o monomeri alternativi ha portato alla sviluppo di compositi con una minore contrazione da polimerizzazione e un conseguente minor stress1,4.

Questi compositi, associati a sistemi adesivi idrofilici, hanno portato a una migliore adesione dentinale, con conseguente riduzione di sintomi post-operatori e con un incremento della forza adesiva al dente ricostruito. Più recentemente, l’aggiunta di gruppi acidi all’interno della struttura monomerica ha condotto alla produzione di materiali in grado di aderire autonomamente alla struttura dentale7. Inoltre, modificando la miscela di monomeri con molecole foto attivatrici sono stati sviluppati i compositi “bulk”, ovvero resine con una maggior profondità di polimerizzazione8,9. Nonostante i grandi miglioramenti tecnici osservati nella produzione di resine composite, questi materiali continuano a presentare come punto debole la longevità dei restauri. Queste problematiche – come per esempio la formazione di gap, discolorazioni marginali, insorgenza di fratture o carie secondary – spingono fortemente verso un ulteriore sviluppo dei materiali da restauro e degli adesivi. In linea generale la ricerca dovrebbe essere volta allo sviluppo di soluzioni con miglior adesione ai tessuti dentinali, capacità meccaniche incrementate, facilità di utilizzo e maggiore durata.

Resine composite: quanto durano?

I compositi resinosi sono stati utilizzati per tanto tempo come materiale per la ricostruzione dei soli denti anteriori, ma durante gli anni sono stati ottenuti degli importanti miglioramenti nei risultati clinici. Ad oggi, la presenza di diversi colori e di migliorate capacità estetiche hanno reso i compositi in grado di imitare i tessuti dentali naturali. In alcuni compositi il grado di traslucenza, fluorescenza e opalescenza si combina alla perfezione con la dentina e lo smalto naturale (Figure 1a-1b).

La durata dei compositi nelle otturazioni anteriori è soddisfacente (Figura 2) e più alta di quanto osservato con i compomeri o i cementi vetroionomerici per quanto riguarda le ricostruzione di IV classe con 14 anni di follow up10. Solo in seguito sono stati utilizzati i compositi anche per le ricostruzioni dei denti posteriori mostrando in diversi studi risultati accettabili per ciò che riguarda la durata nel tempo.

In ogni caso la longevità delle resine composite è risultata inferiore a quella delle otturazioni in amalgama nei pazienti cario-recettivi11-15. Questo risultato può essere giustificato dall’assenza dell’effetto cariostatico nelle resine, presente invece nelle otturazioni in amalgama. Per quanto riguarda invece la durata dei restuari nei pazienti considerati non cario-recettivi, le ricostruzioni in resina hanno evidenziato risultati uguali o superiori alle ricostruzioni in amalgama in un periodo compreso tra i 10 e i 12 anni15,16. In letteratura si trovano risultati positivi nelle ricostruzioni dei denti posteriori con anche 22 anni di follow up17. Diversi studi hanno rilevato un basso indice di fallimento annuale per questo tipo di ricostruzioni, con un’incidenza compresa tra l’1% e il 3%2,15-22; questo risultato dipende da diversi fattori come il tipo di dente, la posizione, l’operatore e gli aspetti socioeconomici e comportamentali legati al paziente2,18.

Dei risultati ancora migliori sono stati osservati nelle ricostruzioni di I classe (0,2-0,9% di fallimento)18,23. Questi risultati positivi possono essere spiegati dalla presenza di un’ampia porzione di tessuto sano rimanente nelle prime classi, piuttosto che nei restauri di II classe. Inoltre i restauri di I classe beneficiano di un cerchiaggio di smalto che garantisce una migliore adesione marginale24, riducendo il rischio di carie secondarie23. Per quanto riguarda invece i compositi “bulk”, o autoadesivi, non sono ancora disponibili risultati a lungo termine, ma solo valutazioni nel breve periodo dato che i prodotti in questione sono stati introdotti recentemente nel mercato odontoiatrico. Sono stati sino a ora riportati buoni risultati clinici a 3 anni per il composito bulk SDR di DeTrey/Dentsply, ricoperto con compositi tradizionali (Figure 3a-3c) e attualmente queste ricostruzioni presentano una percentuale di fallimenti sovrapponibili alle resine tradizionali25.

Sono stati osservati risultati positivi a 6 mesi anche per i compositi autoadesivi26, ma si attendono ancora nuovi esiti.

Grazie ai risultati incoraggianti osservati in termini di bassa frequenza di fallimenti e longevità si è esteso l’utilizzo dei restauri in composito a lavori più ampi, come per esempio riabilitazioni di pazienti con diffuse erosioni e usure (Figure 4a-4d).

Queste ricostruzioni oltre a migliorare l’estetica, minimizzando le sensazioni fastidiose per il paziente quando entra in contatto con cibo o bevande calde o fredde, sono anche in grado di proteggere da ulteriori erosioni e dall’usura dei denti.

Nonostante siano possibili alcune fratture nelle riabilitazioni di questo tipo, il responso dei pazienti al trattamento è molto positivo, con buoni risultati mantenuti anche a 7 anni di distanza27. Inoltre non sono riportate in letteratura complicazioni legate al dente, al legamento parodontale o all’apparato temporo-mandibolare. La longevità dei restauri appare quindi ampiamente migliorata a oggi e viene considerata già soddisfacente, ma un certo numero di ricostruzioni tende comunque a fallire.

Sono spesso riportate carie secondarie riconducibili al rifacimento delle ricostruzioni nei settori posteriori2,15,16,19,20,22, in particolar modo nei pazienti ad alta suscettibilità per la carie15,16,20,28.

Le fratture invece sono citate come una delle cause di sostituzione di compositi sia posteriori2,15,18-20,22 che anteriori10, in particolar modo nei pazienti soggetti da bruxismo e movimenti parafunzionali10,20. Altre cause di fallimento sono il distacco del restauro19 e la sensibilità post-operatoria21,22.

Tuttavia la durata dei trattamenti, indipendentemente dai dati precedentemente riportati, risulta essere strettamente legata all’operatore2,21,28.

Infatti, indipendentemente dalle caratteristiche fisiche dei restauri compositi che in parte influenzano la durata nel tempo17,29, il fattore che più incide è la qualità con cui viene effettuato il restauro2: i restauri in composito realizzati da operatori esperti e riconosciuti durano più a lungo21,22. Inoltre i restauri sembrano resistere più a lungo nei pazienti che non cambiano dentista30. Per promuovere quindi la durata e l’efficacia dei restauri sarebbe necessario formulare delle linee guida operative per le ricostruzioni dirette di denti compromessi.

Linee guida cliniche per migliorare la longevità dei restauri

I punti sotto riportati si propongono come guida clinica per migliorare la perfomance delle ricostruzioni dirette.

Nei denti con lesioni cariose primarie, sarà la carie stessa a determinare l’estensione della preparazione cavitaria. Lo smalto sano andrà rimosso solo nella quantità minima necessaria per avere accesso clinico alla dentina cariata; ulteriori preparazioni, a eccezione dello smussamento dei margini di preparazione, comprometterebbero tessuto sano senza produrre benefici. Il tessuto sano dà una prognosi migliore rispetto ai materiali compositi, e le ricostruzioni piccole hanno percentuali di successo nel tempo più buone di quelle estese13,14. Clinicamente le ricostruzioni piccole risultano però più complesse da gestire per ciò che riguarda la preparazione, l’inserzione della matrice, del composito e la sua polimerizzazione.

I prismi di smalto non sostenuti andrebbero rimossi dai margini cavitari, creando quindi un fine preparazione smussato. Quest’attenzione, oltre a migliorare il contatto marginale tra composito e dente, previene microfratture dello smalto non sostenuto durante la polimerizzazione, diminuendo quindi il rischio di difetti marginali che, qualora si verificassero, potrebbero portare a irregolarità o pigmentazioni dei margini del restauro29.

Assicurarsi del corretto livello di umidità per controllare l’efficacia dell’adesione. È fondamentale l’uso della diga di gomma, la quale ha impatto statistico sulla longevità del restauro29.

Considerare con attenzione quando porre un fondino di protezione. L’utilizzo di uno strato protettivo viene consigliato solo nelle aree molto vicine alla polpa, dove lo spessore residuo è inferiore agli 0,5 mm, nell’ottica di massimizzare la superficie di adesione per le resine composite3. I restauri senza un fondo di protezione pulpare mostrano infatti una longevità migliore12,21,22.

Leggere e seguire con attenzione le procedure raccomandate dai produttori dei sistemi adesivi. La mordenzatura adeguata con acido fosforico per 30 secondi è fondamentale per ridurre la discolorazione marginale29 e allo stesso modo bisogna porre attenzione all’asciugatura corretta dei sistemi di adesione per far evaporare il solvente24,31. La punta della lampada polimerizzante dovrebbe essere posta il più vicino possibile alla superficie interessata dalla fopolimerizzazione3, per garantire un trattamento più uniforme.

Porre attenzione nell’inserzione della resina all’interno della cavità, in particolar modo nei compositi ad alta viscosità dato che a causa di una capacità limitata di scorrere nella cavità potrebbero intrappolare al proprio interno bolle d’aria. Se questi residui bollosi rimanessero a livello della superficie del restauro potrebbero inficiarne la longevità, aumentando il rischio di carie secondaria. Per ottenere un miglior sigillo i margini delle ricostruzioni non dovrebbero quindi avere sovra o sottocontorni.

Ricostruzione corretta della forma del dente, ristabilendo il punto di contatto e riproducendo le concavità e convessità dell’elemento naturale. Una morfologia adeguata può garantire un regolare contatto occlusale con il dente antagonista durante la funzione, promuovendo quindi una valida distribuzione dei carichi occlusali tra dente e ricostruzione e prevenendo occlusioni causate dal cibo. Viene consigliato l’utilizzo di matrici preformate per ottenere un buon punto di contatto nelle otturazioni interprossimali. I contatti interprossimali modellati in modo corretto sono meno soggetti a frattura durante la masticazione32.

Polimerizzare il materiale correttamente. Per garantire buone proprietà meccaniche e minimizzare la percentuale di componenti non polimerizzati5,33,34 è basilare utilizzare una lampada efficiente, con un’adeguata intensità e un tempo di applicazione corretto (>10 s) portata a una distanza ridotta dal materiale da trattare3. Nelle apposizioni estese di materiale composito viene considerata una polimerizzazione più intensa e di più lunga durata a causa della maggior distanza tra la punta irradiante e il materiale posto più in profondità. Lo stretto contatto della matrice con il composito, o l’utilizzo di un gel di glicerina, può essere utile per ridurre la formazione di materiale non ben polimerizzato a causa dell’inibizione da parte dell’ossigeno sulla superficie del restauro.

Ottima lucidatura dei restauri per ridurre la ruvidità superficiale e minimizzare quindi l’adesione batterica alla resina35. Un beneficio ulteriore della luciditura è la rimozione dello strato di composito che potrebbe essere non ben polimerizzato a causa dell’inibizione da parte dell’ossigeno, riducendo non solo la presenza di materiale parzialmente polimerizzato a contatto con il cavo orale36, ma minimizzando il rischio di colorazioni secondarie superficiali37.

Ricordarsi di verificare l’altezza del restauro in occlusione con il dente antagonista, non solo in intercuspidazione, ma anche durante tutti i movimenti di escursione mandibolare. Questa fase è importante per garantire una corretta distribuzione delle forze durante la masticazione, riducendo il rischio di frattura della ricostruzione.

Controllo periodico del restauro. Se si dovessero evidenziare imperfezioni marginali visibili andrebbe valutata la possibilità di riparare il restauro. Tali riparazioni sono in grado di aumentare la longenvità del pre-esistente restauro2,38 e sono interventi in sintonia con le linee guida per un’Odontoiatria minimamente invasiva3.

Verificare la qualità dell’igiene orale dei pazienti e istruirli a mantenere un ottimo livello di igiene orale. Diversi studi hanno dimostrato infatti come la longevità dei restauri sia ridotta nei pazienti cario-recettivi11-15.

Conclusioni

L’alto livello di sviluppo raggiunto da questi materiali ha fatto sì che essi siano usati quotidianamente nei trattamenti odontoiatrici, con una soddisfacente longevità nei risultati. Sono sicuramente necessarie delle nuove ricerche per implementare ulteriormente le proprietà dei materiali, ma l’abilità clinica del dentista gioca un ruolo primario nella durata di queste ricostruzioni. I motivi più comuni di fallimento delle ricostruzioni in composito sonio le carie secondarie e le fratture. Per minimizzare il rischio di carie secondarie il dentista dovrebbe realizzare ricostruzioni con un ottimo sigillo marginale e monitorare continuamente l’igiene orale dei pazienti. Il rischio di frattura può essere ridotto con un’appropriata preparazione cavitaria e con ricostruzioni che seguano fedelmente la morfologia del dente naturale. L’attenzione ai dettagli durante la procedura ricostruttiva ha un impatto positivo sulle performance a lungo termine delle ricostruzioni in composito.

Corrispondenza/Correspondence

Ana Benetti
arbe@sund.ku.dk

Traduzione a cura di Stefano Milani

Longevity of direct resin composite restorations

Resin composites can be considered as an example of a successful biomaterial, which can replace biological dental tissues in function and appearance1. These materials have been used routinely in restorative dentistry for many years, and are also recommended as the “material of choice” for restorations in posterior teeth2,3. However, restorative resin composites today are quite different from when they were first introduced for dental restorations. Over time, the formulation of these materials has improved significantly1,4,5. Previously, resin composites were prone to significant wear, discoloration and a higher incidence of fractures. Furthermore, secondary caries and post-operative symptoms were common problems found in teeth restored with resin composite. Some of these early limitations could be overcome by enhancing the filler component. By reducing the particle size and optimizing size distribution, filler morphology, and surface treatment of the filler, it has been possible to fabricate resin composites with enhanced mechanical properties, wear resistance, esthetics, and improved polishing characteristics1,4. Most modern restorative composites are nanofills or nanohybrids4 containing fillers such as quartz, colloidal silica, silica glass containing barium, strontium, zirconium6, and pre-polymerized resin fillers4.

Although enhancements in the filler component have had a significant impact on the quality of the resin composite, the resin matrix has also improved. Currently, resin composites are composed of dimethacrylate monomers, mainly bisphenol-A-glycidyldimethacrylate (BisGMA), ethoxylated bisphenol-A-glycidyldimethacrylate (BisEMA), triethylene glycol dimethacrylate (TEGDMA) and/or urethane dimethacrylate (UDMA). Studies looking at different combinations of monomer mixtures or alternative monomers have resulted in the development of resin composites with reduced polymerization contraction or contraction stresses1. These composites, together with hydrophilic bonding systems, have produced better bonding to moist dentin. Reductions in post-operative symptoms have resulted, together with adhesive reinforcement of the restored teeth.

More recently, the incorporation of acidic functional groups into the monomer structure has resulted in materials that self-adhere to the dental structures7. Additionally, bulk-fill composites with increased depth of cure8,9 have been engineered by modifying the monomer mixture and the photo-initiator system. Despite the significant improvements in restorative resin composites, these materials still present shortcomings that can have an impact on the longevity of restorations. These shortcomings, such as gap formation and marginal staining or the occurrence of fractures and secondary caries, provide strong motivation to further improve resin composites and bonding systems. In general, the aim is to create restorative materials with improved adhesion to the dental tissues, enhanced physical properties, easy handling, and durability.

Resin composites: how long do they last?

Resin composite has for a long time been used to restore anterior teeth, and a significant improvement in clinical outcome has been achieved over the years. Presently, the availability of many shades and enhanced optical properties allow resin composites to imitate the natural dental tissues. In some composites, the degree of translucency, fluorescence, and opalescence closely match those of dentin and enamel, thus resulting in restorations that blend with the natural teeth (Figures 1a-1b). Longevity of resin composite restorations in anterior teeth is satisfactory (Figure 2), and higher than that of compomer or resin-modified glass ionomer cement in Class IV restorations within 14 years of service10.

Later, resin composites were used in restorations of posterior teeth, and have in most clinical studies reached an acceptable durability. The longevity of resin composite restorations, however, is lower than that of amalgam restorations in caries-active patients11-15. This is possibly due to the lack of the cariostatic effect in resin composites that is present in amalgam. Nevertheless, long-term clinical evaluations have reported that posterior resin composite restorations demonstrate comparable or superior longevity to that of amalgam restorations after a period of 10 to 12 years in patients with a low risk of caries15,16. A very good performance for posterior resin composite restorations has been reported for as long as 22 years of clinical service17.

Several studies have found a consistently low annual failure rate for such restorations, varying between 1 and 3%2,15-22, depending on factors such as tooth type and location, operator, socioeconomic and behavioral aspects2,18. Higher durability has been reported for conservative posterior composite restorations with even lower annual failure rates registered in Class I cavities (0.2-0.9%)18,23. These positive results can, in part, be explained by the larger amount of remaining sound tooth structure to support the masticatory load in Class I, compared to Class II restorations. Additionally, Class I restorations benefit from the long-lasting bonding of resin composite to the surrounding cavosurface enamel margins24, and the reduced risk of secondary caries23. For the more modern bulk-fill or self-adhering composites, only short-term clinical evaluations are available since these materials have recently been introduced onto the market. Therefore, long-term evaluations are necessary to assess the performance of these materials over time.

Good clinical performance for one bulk-fill composite (SDR, DeTrey/Dentsply) covered with a conventional composite has been reported after 3 years of clinical service (Figures 3a-3c). So far these restorations have a similar failure rate to restorations fabricated with a conventional resin composite25. For a self-adhering composite, good results were observed during the 6-month follow-up26, but further results are awaited.

Due to the low failure frequency and high longevity of resin composite restorations, this material has recently been used in more extensive work, such as the rehabilitation of patients with severely eroded or worn dentition (Figures 4a-4d).

Beyond improving esthetics and minimizing the patients discomfort with hot or cold foods and drinks, these restorations protect from further erosion and wearing of the teeth.

Despite the occurrence of restoration fractures in these extensive rehabilitations, this treatment option can result in a high degree of patient satisfaction and with an acceptable level of maintenance within 7 years of treatment27. Furthermore, there are no reported biological complications to the teeth, periodontium or temporo-mandibular apparatus.

Although the longevity of resin composites has improved greatly, and can be considered satisfactory today, a number of these restorations fail.

Secondary caries is often reported as one of the main reasons for replacement of posterior composite restorations2,15,16,19,20,22, particularly in high-caries-risk patients15,16,20,28. Fractures are also listed amongst the most common reasons for replacement both of posterior2,15,18-20,22 and anterior restorations10, especially in patients with bruxism and parafunctional habits10,20.

Restoration loss19 and post-operative sensitivity21,22 also cause failures.

Despite the many reasons for failure, the durability
of resin composite restorations is highly dependent
on the operator2,21,28.

Although the physical properties of resin composites may have an impact on the restoration performance17,29, much of the longevity is affected by how well the restorations are fabricated, and to a lesser extent on the materials properties2.

Composite restorations fabricated by experienced, well-educated dentists last longer21,22. Furthermore, composite restorations survive longer in cases where the patient does not change dentist30. Therefore, clinical guidelines are of significance when the objective is to promote the longevity of restorations and restored teeth.

Clinical guidelines for improving the longevity of resin composite restorations

The following set of clinical guidelines is intended to help increase the longevity of resin composite restorations.

In teeth with primary caries lesions, only the caries lesion should decide the size of the cavity preparation. Healthy enamel should only be removed to give necessary access for excavation of the carious dentin. Except for a smooth cavity margin, further preparation will only enlarge the cavity. Sound tooth-structure lasts longer than composite materials, and small restorations last longer than large ones13,14. However, extremely small cavities can be difficult to excavate and prepare, and placement of the the matrix, insertion of composite and polymerization may also be more challenging.

Remove unsupported enamel prisms from the cavosurface margins, to create a smooth cavity finish. Other than ensuring better contact between the restorative material and the cavity margins, this measure prevents unsupported prisms being pulled out during polymerization contraction, thereby avoiding a marginal defect. This is important because marginal defects and irregularities often lead to marginal staining29.

Ensure good moisture control during placement of the resin composite to avoid adhesive failure. The use of rubber dam is ideal and may have a positive impact on the longevity of the restoration29.

Consider carefully whether to use a cavity liner. In areas very close to the pulp, where dentin thickness is less than 0.5 mm, a cavity liner may be used. Otherwise, it is beneficial to maximize the dentinal surface area available for bonding with the resin composite3. Additionally, restorations without a base material have increased longevity12,21,22.

Read carefully and follow the application procedure recommended by the manufacturer of the bonding system in use. Adequate enamel etching with phosphoric acid (30 s) has been found to result in less marginal staining29. It is also important to air-dry the bonding systems to evaporate solvents24,31 and ensure that the light-curing tip is as close as possible to the adhesive surface during light-curing3. This ensures a more uniform, better polymerized, layer of adhesive.

Be thorough when inserting resin composite in the cavity, particularly when working with high viscosity composites. Due to their limited ability to flow, air may become trapped between the material and the cavity. If these air entrapments occur at the cavosurface margins, an increased risk of secondary caries may result. Aim to provide a tight seal at the cavosurface margins and ensure that the filling follows the morphology of the restored teeth, with no overhangs, overcontour or undercontour. 

Reconstruct the contour of the tooth correctly, reestablishing the contact point and reproducing in the restoration the convex and concave surfaces found in the natural tooth. An adequate morphology is important to guarantee a good contact between opposing teeth during function, to promote an even distribution of the load between the restoration and the tooth, and to avoid food impaction. In approximal restorations, use pre-contoured matrices to create a favorable contour. Properly contoured approximal restorations are less likely to fracture during function32.

Light-cure the material methodically. An efficient light-curing, with adequate intensity and irradiation time (>10 s), as close as possible to the surface being cured3, is important to guarantee good mechanical properties and minimize elution of unpolymerized components from the resin composites5,33,34.
Extended irradiation should be considered when curing deep layers, due to the increased distance and consequently reduced light intensity that reaches the material. Dark or opaque shades also need extended curing times. The close contact of a matrix strip or the use of a glycerin gel on the surface of the restoration during curing reduces the formation of an oxygen-inhibited layer and provides a better cured surface.

Polish the restoration thoroughly to reduce surface roughness and thus minimize adhesion of bacteria to the resin composite surface35. An additional benefit of polishing is the removal of the oxygen-inhibited layer, which not only minimizes leaching of unpolymerized components to the oral environment36, but also minimizes superficial staining of the restoration37.

Remember to adjust the restoration in relation to the antagonist teeth, not only during intercuspidation, but also during the excursive movements of the mandible. This is important for an equilibrated force distribution during loading of teeth and minimizes the chance of premature fracture of the restoration.

Control the restorative work periodically. If small fractures or marginal imperfections are visible, consider repairing rather than replacing the restoration. Repairing increases the longevity of the existing restorative work2,38 and complies with the guidelines for minimal intervention dentistry3.

Access the quality of oral hygiene periodically and instruct your patients to adopt good oral hygiene. Several studies demonstrate that the longevity of resin composite restorations is reduced in caries-active patients11-15.

Conclusion

The level of development of resin composites has allowed these biomaterials to be routinely employed in dental restorations with satisfactory longevity. Future research is likely to bring further improvements in relation to the materials’ properties, but the workmanship of the dentist plays an even larger role in the durability of these restorations.

The most common reasons for failures of resin composite restorations are secondary caries and fracture. To minimize the chance of secondary caries, the dentist must fabricate restorations with a tight seal at the cavosurface margins and closely supervise the patients’ oral hygiene. The risk of fractures can be reduced by appropriate preparations and restorations that follow the morphology of natural teeth. Care and attention to detail during the restorative procedure have a positive impact on the long-term performance of resin composite restorations.

Longevità delle ricostruzioni dirette in composito - Ultima modifica: 2014-09-09T10:40:28+00:00 da Redazione

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