Lo zirconio, presenta proprietà biologiche e meccaniche tali da renderlo un’alternativa effettivamente valida sul piano clinico e competitiva in un mercato tanto complesso.
Si considerino per prime le proprietà chimico-fisiche. La zirconia può presentare a pressione ambiente tre differenti strutture cristallografiche (monociclica, tetragonale o cubica) a seconda della temperatura alla quale viene prodotto. Per evitare transizioni dalla struttura t alla struttura m nel momento in cui il composto si raffredda, la molecola viene stabilizzata con ossidi “dopanti”, quali Y2O3, CeO2, MgO o CaO. Questo procedimento conferisce notevole stabilità nei confronti dei microtraumatismi, come pure i successivi trattamenti di superficie a cui gli impianti vengono sottoposti.
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Le proprietà meccaniche sono eccellenti, tanto che questa ceramica si presta, oltre che alla produzione di impianti e relativa componentistica, alla realizzazione delle strutture protesiche sovrastanti. Essa presenta un elevato carico di rottura a flessione retta (900-1200 MPa), un grado di durezza inferiore rispetto a quello dell’allumina (1200 Vickers contro quasi 1600) ma comunque sufficientemente valido (quello dell’acciaio inossidabile si attesta intorno ai 500 Vickers) e un modulo di Weibull – parametro questo che, seppur molto tecnico, va sempre considerato nell’analisi della resistenza di una ceramica – di 10-12.
Attualmente sono disponibili sul mercato tre diversi tipi di ceramica all’ossido di zirconio: la zirconia tetragonale stabilizzata allo ione ittrio (3Y-TZP), la zirconia parzialmente stabilizzata al magnesio (Mg-PSZ) e la zirconia temperata con allumina (ZTA). Quest’ultima, dispersa in matrice vetrosa, è stata recentemente proposta come bioceramica.
Oltre alle sopracitate caratteristiche, poi, un materiale destinato ad entrare in contatto direttamente con i tessuti vitali del paziente non può non rispondere a dei rigidi standard in fatto di biocompatibilità. L’ossido di zirconio produce una reazione flogistica tissutale inferiore a quella del titanio. Nel sito di guarigione di un impianto in titanio sono maggiormente rappresentati i fattori infiammatori e l’infiltrato flogistico rispetto a quello di un impianto in zirconia, senza che ciò vada a inficiare la corretta osteointegrazione. La zirconia viene, anzi, definito come materiale a spiccata osteoconduttività.
Un altro dato positivo riguarda la placca batterica, della quale lo zirconio è considerato materiale non ritentivo. Come conseguenza di una meno spiccata colonizzazione batterica, anche le concentrazioni dei prodotti del metabolismo batterico sono inferiori nel sito di guarigione dell’impianto in zirconia.
Sembra addirittura che il materiale abbia la proprietà di autoregolare il turnover della matrice extracellulare agendo sull’espressione dei relativi geni.
L’osteoconduttività della zirconia si esprime anche quando il dato in esame è il bone-to-implant contact (BIC), come dimostrano diversi lavori sperimentali effettuati sul modello animale.