Ossido di zirconio: evidenze scientifiche in vitro, in vivo e sull’ uomo

In generale si può dire che l’ossido di zirconio ha avuto riscontri secondo diverse evidenze scientifiche, articolate su livelli crescenti: test in vitro, in vivo e studi clinici sull’uomo.

È stato testato il grado di tossicità della zirconia su molteplici substrati tissutali, tutti molto importanti nel processo di osteointegrazione: fibroblasti, linfociti, monociti, macrofagi e osteoblasti.

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Il primo obiettivo d’indagine è stato il tessuto connettivo, il più ubiquitario all’interno dell’organismo, composto principalmente di fibroblasti e fibrociti. I risultati ottenuti a seconda delle diverse tecniche di laboratorio tendono a differire, ma conducono a ritenere la zirconia un materiale generalmente sicuro, anche se non dotato di proprietà eccezionali per quanto riguarda questa linea cellulare.

Per quanto riguarda la linea leucocitaria, umana o animale, è dimostrato che l’ossido di zirconio non induce alti livelli di citotossicità o infiammazione in linfociti, monociti o macrofagi.

Per quanto riguarda gli osteoblasti, che sono ovviamente fra gli attori principali del processo dell’osteointegrazione, Josset confrontò il comportamento delle due più note ceramiche, allumina e zirconia già nel 1999. Vennero così messe in evidenza le virtù osteoconduttive della zirconia, che non mostrava effetti di citotossicità e, anzi, sosteneva la produzione di matrice extracellulare. Come già accennato, diversi altri lavori ne sono seguiti.

Per quanto riguarda gli studi in vivo, diverse specie sono state impiegate nel corso degli anni: ratti, cani, gatti, suini e scimmie. Allo stesso modo, molteplici sono le modalità con cui il materiale (a sua volta, in una delle sue tre forme cristalline) è stato somministrato alla cavia.

Sono diversi gli studi che hanno osservato la reazione dei tessuti molli – non solo gengivali; ad esempio, il tessuto muscolare – e si può affermare che nessuno di questi abbia evidenziato reazioni avverse. Allo stesso modo, il materiale non sprigiona sostanze tossiche a livello locale o sistemico.

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Gli stessi risultati sono stati ottenuti nei test riguardanti i tessuti duri, come si evince, ad esempio, dallo storico lavoro di Helmer e Driskell o dai successivi studi comparativi di Wagner e Christel.

In conclusione, è necessario partire dal presupposto che il titanio resta il materiale maggiormente utilizzato in ambito implantologico. È fondamentale che sia il mercato ad adeguarsi alle scelte terapeutiche dei professionisti e alle esigenze cliniche dei pazienti, e non viceversa.

È giusto a tal proposito che i tantissimi odontoiatri dediti all’implantologia siano consapevoli del fatto che si tratta di una scienza in costante evoluzione e, pertanto, offra molteplici possibilità. Come si evince da questa breve dissertazione, la zirconia offre opportunità stimolanti e può essere considerata una valida opzione soprattutto nell’ambito di terapie riabilitative in regione estetica.

Ossido di zirconio: evidenze scientifiche in vitro, in vivo e sull’ uomo - Ultima modifica: 2015-10-10T08:46:16+00:00 da redazione