Ho scritto in questi giorni un editoriale, dal titolo Coronavirus: cosa dobbiamo fare noi dentisti, che è stato molto letto e che ha suscitato diversi commenti sui social. Tra questi mi ha interessato molto quello di Gianluca Gervasoni, che qui sotto riporto.
Parliamo nell’ordine dei mesi, verosimilmente più di uno, per vedere rientrare la situazione di emergenza attuale (calo significativo dei contagi e degli ospedalizzati, ma virus ancora in giro) e almeno di un anno per avere sul mercato un vaccino efficace. Come vi comporterete voi odontoiatri di fronte a questa prospettiva?
Manterrete il regime delle sole urgenze per un periodo così lungo, sperando nel sostegno economico dell’Enpam? Perché credo che gli ASO dovrebbero cominciare a preoccuparsi anche di questo. Non di ora, che l’allarme è massimo e giustamente siete compatti nel tenere chiusi gli studi. Del domani, però, di quando ci troveremo nella fase intermedia, con un rientro della crisi e nello stesso tempo con un virus ancora in agguato là fuori. Non ci saranno mai DPI adeguati per tutti e non si potrà quindi garantire il lavoro in sicurezza in ogni studio d’Italia. Che si farà?
La questione posta da questo lettore è centrale. Ci dice: “Va bene, stiamo fermi per più settimane, ma poi cosa faremo? Come ne usciremo o come dovranno cambiare le nostre operatività nell'epoca Post Covid-19”?
La questione è intrigante, perché sono convinto che la strategia di uscita dai problemi vada pensata e impostata quando i problemi sono in corso se si vuole davvero che ripresa sia…
E noi dobbiamo riprendere, non possiamo certo permetterci di aspettare il reddito di cittadinanza o aiuti vari che, come anche gli ultimissimi decreti anticrisi hanno ampiamente dimostrato per le partite IVA, sono una chimera.
Allora andiamo con ordine a ipotizzare i problemi e le possibili “odontosoluzioni” in base alle attuali conoscenze scientifiche e cliniche.
La comunità scientifica odontoiatrica con il supporto di virologi ed epidemiologi dovrà, a mio avviso, lavorare intensamente per individuare nuovi modelli.
- L’esperienza cinese ci dice che in 80 giorni totali è possibile arrivare a una incidenza minima dei nuovi casi (nel Lodigiano in questo momento l’incidenza è fortemente ridotta, a Vo’ è prossima a zero); quindi sappiamo come fare in base a modelli di intervento anche diversi, ma che si stanno dimostrando egualmente efficaci almeno in termini di diffusione del contagio .
- Sarà quindi possibile in base a test già allo studio avere dati più attendibili sulla percentuale di popolazione che ha già contratto il virus e, quindi, sulla percentuale di popolazione immune.
- Sarà molto utile poter sapere se un paziente è positivo o meno per poter decidere le modalità di trattamento e in questo senso test veloci sono in avanzata fase di studio.
- Saranno individuati protocolli di prevenzione e DPI commisurati al rischio di contagiosità presentato dal paziente. Esistono già soluzioni, ma ciò che preoccupa al momento attuale sono i costi. La comunità internazionale, come in tempo di guerra, sta riconvertendo la produzione per ciò che si sta dimostrando necessario, ma occorrerà ancora del tempo.
Ho fiducia, quindi, che si possano reperire DPI adatti alle diverse situazioni e individuare protocolli accessibili a continuare, con nuovi modelli organizzativi, la nostra professione. - Dal punto di vista strettamente operativo andranno testati tutti i disinfettanti ambientali come, ad esempio, gli ammoni quaternari che attualmente usiamo e che non sembrano essere performanti contro il Sars-Cov-2.
- Che dire poi del trattamento dell'aria delle zone operative, che necessiteranno sicuramente opportuni adeguamenti, per non offrire spazi di azione a questo virus, che la scienziata Ilaria Capua definisce “scippatore” e al quale non bisogna quindi offrire nessuno spazio d’azione.
- Insomma fiducia nella ricerca e nel futuro... ma dovremo cambiare e allora #andratuttobene anche per il dentista!
Luigi Paglia
Caro Luigi,
ho letto con interesse quanto da te scritto negli ultimi due interventi riguardanti il “raggio d’azione” di noi dentisti durante l’epidemia da Coronavirus.
Trovo le indicazioni ADA molto importanti ed esaustive, perchè comprendono situazioni che solo all’apparenza non sono urgenze (ortodonzia) e alcune altre che, se non affrontate, possono recare danno al singolo paziente e richiedere in seguito interventi plurimi e più invasivi.
Dall’inizio della crisi, come molti colleghi, sto variando/adattando l’attività dello studio in relazione a ciò che accade e alle indicazioni istituzionali e di categoria, senza dimenticare mai di essere medico.
Credo che potremo uscire da questo periodo difficile più forti e organizzati nella gestione dei nostri studi professionali, all’interno dei quali pensiamo soprattutto ora, ogni giorno e paziente per paziente, quali comportamenti, quali procedure, quali cure siano più efficaci ed essenziali, nel rispetto della salute della collettività e della singola persona.
Se ogni nostro passo avrà questi riferimenti e se riusciremo a razionalizzare al meglio le nostre attività, compresa la gestione e la cura (prendersi cura) dei nostri dipendenti, ci arricchiremo professionalmente e umanamente e probabilmente assorbiremo anche il danno economico che, in questo momento, ci preoccupa e rischia di far chiudere alcuni di noi.
Grazie per gli stimoli alla riflessione.
Francesco Mattana