L’utilizzo della dima endodontica

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La calcificazione pulpare è una frequente complicanza dei traumi dentali, ma può presentarsi anche come risposta della polpa a lesioni cariose, restauri coronali, forze ortodontiche o procedure che abbiano comunque coinvolto il tessuto. Si tratta di un fenomeno che si osserva comunemente anche nel paziente anziano. In tali casi, l’effettuazione di una terapia endodontica viene consigliata sostanzialmente in presenza di pulpite irreversibile o di parodontite apicale, complicanze a cui l’elemento calcificato è soggetto con una prevalenza riportata compresa tra l’1% e il 27%. In casi di questo tipo l’esito del trattamento dipende, a maggior ragione, dall’individuazione del tragitto canalare e molto spesso la prognosi risulta sfavorevole.

L’endodonzia, come tutte le discipline odontoiatriche, ha conosciuto notevoli progressi dovuti all’introduzione di nuovi materiali e protocolli operativi aggiornati. Ad esempio, ha beneficiato fortemente della diffusione dei sistemi ottici di ingrandimento, risentendo forse meno delle sistematiche tridimensionali, diagnostiche (CBCT) e di laboratorio (CAD/CAM). In questo senso, tuttavia, si consideri una serie di lavori aventi come firmatari comuni Krastl, Zehnder, Weiger e Kühl, apparsi tra il 2015 e il 2017 su Dental Traumatology e International Endodontic Journal.Questi Autori propongono una tecnica operativa da loro denominata endodonzia guidata (o microguidata). Il razionale consiste nel riconoscere il percorso del canale sulla TC cone-beam e stabilire preoperatoriamente la direzione ideale per la negoziazione. A questo punto viene realizzare una dima CAD/CAM che, fissata all’arcata del paziente, permette un’apertura minimamente invasiva e il trattamento canalare susseguente. Il modello è in buona sostanza quello della chirurgia guidata già piuttosto diffusa in ambito implantologico.

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Dalla CBCT alla dima endodontica

Gli studi citati si rifanno a esperienze ex vivo e a case report: per comodità, si fa riferimento al caso clinico dell’ultimo di questi articoli. Il trattamento ha interessato due incisivi centrali inferiori discromici, negativi ai test di vitalità e con segni radiografici di patologia apicale e calcificazione, in esito tardivo di trauma. 

Acclarata la difficoltà di approccio, sono state raccolte CBCT (a FOV ridotto e alta risoluzione) e scansione di superficie, rielaborate con il software coDiagnostix™ (Dental Wings Inc., Montreal, Canada). Qui è stato programmato l’accesso mininvasivo al terzo apicale – il programma permette di sovrapporre una copia virtuale della fresa – ed è stata disegnata, quindi realizzata tramite metodica CAD/CAM, la dima. Per quanto riguarda la parte pratica, una volta raggiunto il tratto pervio del canale – questa “apertura” apicalizzata ha richiesto agli sperimentatori all’incirca 10 minuti, il trattamento canalare viene finalizzato secondo tecnica convenzionale.

Analizzando quindi le considerazioni conclusivi degli stessi Autori, la procedura mostra senza dubbio prospettive promettenti ma, nel contempo, presenta al momento due limiti. Il primo è di tipo anatomico, dato che la tecnica risulta applicabile nei settori anteriori e in presenza di canali rettilinei o di tratti rettilinei di canali dotati di curvature. Il secondo aspetto riguarda il rapporto costi-benefici e, più semplicemente, il principio di giustificazione che sottende la richiesta di un esame radiologico come la CBCT: in tal senso va comunque ricordato il potenziale danno derivante dalla perdita di un incisivo centrale, in particolare se superiore e in un paziente giovane.

L’utilizzo della dima endodontica - Ultima modifica: 2018-03-30T06:52:43+00:00 da redazione