Limiti del trattamento ortodontico del paziente adulto

La più importante limitazione intrinseca è rappresentata dal fatto che l’adulto ha ultimato la sua crescita scheletrica. Le discrepanze scheletriche eventualmente presenti possono pertanto essere corrette solo con la chirurgia ortognatica. Il trattamento ortodontico è di per se limitato ai movimenti dentari e a modesti rimodellamenti dei processi alveolari. Vanarsdall e Musich6 hanno pubblicato un ampio lavoro sulle possibilità e i limiti dell’Ortodonzia negli adulti, basandosi sulle differenze da un punto di vista biologico e psicologico tra loro e i soggetti in crescita. Il movimento dentario ortodontico è il risultato della risposta cellulare a uno stimolo meccanico. Questa risposta può variare in base allo stato di salute e all’età dell’ospite. A prescindere da un certo ritardo nella risposta iniziale, non vi è evidenza clinica del fatto che gli adulti siano meno reattivi dei bambini agli stimoli biomeccanici sviluppati dalle apparecchiature ortodontiche. Tuttavia non sono stati ancora eseguiti studi comparativi mirati a questo proposito, perciò le conclusioni possono essere tratte solamente sulla base delle conoscenze al momento disponibili sull’invecchiamento dei tessuti coinvolti nei movimenti dentari. Il primo tessuto a essere influenzato dalle forze meccaniche esercitate sugli elementi dentari è il legamento parodontale. Il turnover del collagene nel legamento parodontale dei topi, come descritto da Rippin7,8sulla base di studi autoradiografici, dipende dall’età dei soggetti: in particolare la vita media del collagene, che nei giovani varia tra i 2,5 e i 6,5 giorni, raddoppia man mano che aumenta l’età. Il collagene viene prodotto dai fibroblasti, che rappresentano il tipo cellulare più frequentemente riscontrabile a livello del legamento parodontale. Alcune di queste cellule migrano dalla rete vascolare verso la superficie ossea, fungendo da cellule progenitrici degli osteoblasti. Inoltre, è presente un certo pool di cellule con funzione di riassorbimento. Gli osteoclasti che si presentano dopo poche ore dallo stimolo ortodontico derivano probabilmente da monociti localizzati nel tessuto e/o da macrofagi. Dopo l’ondata iniziale, appare una seconda popolazione di cellule con funzione di riassorbimento, presumibilmente di origine ematica. Uno stimolo meccanico, come una forza applicata a un dente, comporterà un’aumentata proliferazione cellulare nel legamento parodontale. In uno studio compiuto sui ratti, il numero di mitosi raggiunge il primo picco trenta ore dopo lo stimolo iniziale. Più di metà della popolazione cellulare del legamento parodontale realizza una completa sintesi del DNA dopo 35 ore. A parte la proliferazione cellulare, sembra che anche la morte delle cellule sia associata alla risposta del legamento parodontale a uno stimolo meccanico. È stato proposto che un’insufficiente fonte di osteoblasti potrebbe giustificare il ritardo nella risposta agli stimoli meccanici (comprese le forze ortodontiche) che caratterizza i pazienti in età più avanzata. Oltre all’età e alle forze indotte ortodonticamente, anche gli stimoli meccanici generati dalle forze occlusali influenzano significativamente la concentrazione e il turn over del collagene del legamento parodontale. Il turn over delle fibre di supporto del legamento parodontale si adatta per mantenere la stabilità dentaria. Il rapido turn over del collagene del legamento parodontale è attribuito a una mediazione dello stimolo da parte dei denti funzionanti. Infine, la ritardata reazione alle forze ortodontiche descritte negli adulti può essere spiegata dalle modificazioni della vascolarizzazione legate all’età. Norton9 ha suggerito che il diminuito flusso ematico che insorge all’aumentare dell’età possa fornire una valida spiegazione per l’insufficiente origine delle cellule progenitrici che caratterizza i pazienti in età avanzata. Il movimento dentario ortodontico come risultato di una modellazione e di una rimodellazione ossea dipende anche grandemente dalle modificazioni ossee che insorgono all’aumentare dell’età. Sebbene la composizione chimica dell’osso si modifichi lievemente all’aumentare dell’età, la quantità di osso trabecolare e corticale diminuisce. L’osso corticale con il passare degli anni diventa più denso, ma simultaneamente insorge una graduale trasformazione della superficie endostale che assume l’aspetto di una struttura spongiosa, probabilmente con una diminuzione del diametro esterno. Come risultato di un aumento delle dimensioni dei canali haversiani, l’osso corticale dell’adulto può anche essere descritto come più poroso. L’osso spongioso si riduce con l’età e la sua struttura si modifica da nido d’ape a rete. La riduzione del volume osseo è stata precedentemente spiegata come bilancionegativo causato da un aumento delle superfici di riassorbimento e dell’attività osteoclastica o da una diminuzione della neoformazione ossea valutata da parametri statici. In alcuni studi più recenti, la frazione di lacune di riassorbimento osseo e delle superfici ricoperte da osteoidi è stata riscontrata essere costante con l’età. Le unità strutturali nell’osso trabecolare risultano diminuire di dimensioni e profondità all’aumentare dell’età10. Né la riduzione delle unità strutturali, né la riduzione dell’osso trabecolare possono essere spiegate per mezzo di parametri statici relativi a un riassorbimento o a una neo-apposizione ossea. Studi dinamici11 hanno, comunque, mostrato una diminuzione nella quantità di osso formato nell’unità di tempo per unità di superficie all’aumentare dell’età. Questa non è causata da una riduzione nell’attività cellulare media, dal momento che la distanza media tra le linee nelle zone con doppia marcatura da tetraciclina è costante. Ciò sembra essere causato da un decremento delle superfici di neoformazione nella frazione di sviluppo superficiale. L’ultima osservazione convalida altri riscontri relativi a una diminuzione, all’aumentare dell’età, della frazione di superfici di osso trabecolare coperte da osteoblasti. La frazione delle superfici di riassorbimento osteoclastico risulta costante con l’età anche se la profondità delle lacune di riassorbimento diminuisce leggermente. La riduzione di superfici di formazione ossea, in combinazione con il decremento nello spessore medio delle tasche, conduce a un bilancio negativo responsabile della perdita ossea correlata all’età. Con il passare degli anni, il bilancio osseo negativo può condurre a un assottigliamento delle trabecole che, a causa del loro ridotto spessore, possono essere perforate da un riassorbimento osteoclastico. Entrambi i fenomeni sono responsabili della perdita ossea correlata all’età e al sesso, ma l’ultimo meccanismo appare responsabile in modo specifico di alterazioni strutturali. La modificazione strutturale che trasforma le lamine trabecolari in spicole è probabilmente il fattore più importante che conduce a un netto decremento nelle priorità fisiche dell’osso all’aumentare dell’età dei pazienti. A parte le modificazioni generali legate all’età, i fattori locali rivestono grande importanza per la quantità e la qualità dell’osso che circonda i denti. La migrazione apicale del livello di osso marginale rappresenta un fattore locale che influenza il background biologico correlato ai movimenti dentari negli adulti. La perdita di osso marginale è correlata con l’età, ma può anche essere il risultato di una patologia parodontale progressiva. Essa appare altamente connessa alle condizioni parodontali individuali. Con la perdita di osso marginale il centro di resistenza del dente è spostato in direzione apicale12. Un altro fattore importante è rappresentato dalla funzionalità occlusale. Esso è correlato sia alla quantità che alla qualità della lamina dura e dell’osso circostante. I denti che hanno perso i contatti occlusali a causa di estrazioni effettuate in precedenza sviluppano una distrofia da disuso a carico dell’osso di supporto13. In conclusione, si può affermare che a causa di una perdita ossea generale e locale nel paziente adulto è necessario riassorbire una quantità di osso inferiore in relazione a particolari movimenti dentari. Durante la fase di programmazione dei sistemi di forza da utilizzare nel paziente adulto, bisognerà sempre considerare la differente risposta cellulare allo stimolo meccanico e il differente background biologico, che si avrà in relazione all’età14:

  • le forze impiegate negli adulti dovrebbero essere inferiori rispetto a quelle utilizzate nei bambini;
  • le forze iniziali dovrebbero essere tenute basse per un tempo più lungo, per il fatto che il pool immediato di cellule disponibili per il riassorbimento osseo è minore; non soltanto le forze, ma anche il momento dovrebbe essere adattato alle specifiche condizioni del paziente;
  • il rapporto momento/forza per un particolare movimento dentario dovrebbe essere aumentato a seconda dello stato del parodonto del dente in questione;
  • dal momento che “l’effetto del cono gelato” diviene più pronunciato all’aumentare della perdita di osso marginale sarebbe necessario mantenere costantemente, durante lo spostamento dentario, leggere forze intrusive.
    Limiti del trattamento ortodontico del paziente adulto - Ultima modifica: 2013-02-27T16:46:54+00:00 da Redazione

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