L’ansia del dentista nel bambino: un approccio psicologico

Ansia dentale e principali effetti modulatori: età, sesso, cultura

Il trattamento odontoiatrico del bambino, così come quello dell’adulto, è spesso associato a manifestazioni comportamentali di tipo ansioso o addirittura fobico, definite rispettivamente come ansia o fobia dentale2. Anche se i termini di ansia dentale, paura dentale e fobia dentale vengono spesso usati in modo intercambiabile, in realtà indicano diversi tipi di problematiche. Mentre la paura è una normale reazione emotiva in prossimità di uno specifico pericolo, l’ansia rappresenta uno stato generale in cui l’individuo sperimenta un grado di apprensione e si prepara a un evento negativo; la fobia dentale è un tipo severo di ansia dentale che risulta in evasione o resistenza all’esperienza odontoiatrica con notevole disagio1.

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La vista, le sensazioni, la paura del dolore dell’ago e delle frese sono stati spesso indicati come i motivi che maggiormente provocano ansia tra i piccoli pazienti. Mentre alcuni bambini sono ansiosi nei confronti di interventi specifici, altri presentano un’ansia generalizzata nei confronti dell’intervento odontoiatrico. Perciò è estremamente importante valutare la natura dell’ansia in modo da determinare le più appropriate strategie di controllo. Alcuni studi suggeriscono che la metà dei bambini riporta una bassa o moderata ansia dentale, mentre alti livelli d’ansia sono presenti nel 10-20% dei soggetti1. Data la loro frequenza, queste manifestazioni sono da tempo avvertite come uno dei problemi principali nella gestione del paziente in età pediatrica all’interno dello studio odontoiatrico.

L’ansia dentale sembra svilupparsi maggiormente durante l’infanzia e l’adolescenza. La proporzione di bambini in età pre-scolare e scolare che manifestano comportamenti riconducibili ad ansia dentale è stimata attorno al 16%3,4, pur con notevole variabilità nelle stime: il 7,1% nel Regno Unito, il 6% negli USA, il 21% in Canada, l’11% a Singapore, il 29,8% in Africa e il 43% in Cina5,6. In situazioni cliniche di dolore acuto, l’ansia e il dolore possono essere indistinguibili. Il dolore percepito o previsto aumenta l’ansia; quest’ultima non solo riduce la soglia del dolore, ma in realtà può portare alla percezione di stimoli normalmente non dolorosi, come stimoli dolorosi6. L’età di insorgenza dell’ansia dentale sembra posizionarsi maggiormente nell’infanzia (50,9%) mentre nell’adolescenza abbiamo il 22,0% e il 27,1% nell’età adulta3.

Si è visto, inoltre, che l’età di insorgenza è in stretta correlazione con l’età della prima esperienza dentale negativa e che il 55,9% dei soggetti con età di insorgenza nell’infanzia aveva padre, madre o fratello che presentavano ansia dentale. L’ansia dentale è più pronunciata nei bambini dai 4 ai 6 anni, mentre decresce dopo i sette anni ed è in relazione con lo sviluppo psicologico e non necessariamente con l’età cronologica5. Per quanto riguarda il sesso, numerosi studi riportano una prevalenza di ansia dentale nelle femmine rispetto ai maschi mentre altri studi non hanno riportato differenze tra i sessi5. In particolare, si è trovata una similitudine tra i due sessi per quanto riguarda l’aspettativa su eventi negativi, ma nelle femmine questi ultimi sono vissuti in modo più marcato7,8.

La cultura può influire sul comportamento e sui sintomi legati all’ansia nello stesso modo come influisce sullo sviluppo cognitivo del soggetto. È difficile quindi stabilire dei parametri che possano essere usati indifferentemente nelle diverse culture9. La presenza di uno stato d’ansia generalizzato sembra avere una correlazione solo nei soggetti con insorgenza in età adulta3. Non esiste un’unica spiegazione per lo sviluppo dell’ansia dentale e diversi meccanismi sembrano implicati nella sua eziologia. Rachman10 propose tre differenti meccanismi di acquisizione: l’esposizione a informazioni minacciose, l’apprendimento vicario (osservando altri comportamenti ansiosi), l’esperienza diretta. La reazione ansiosa può rappresentare l’esito di esperienze personali negative (motivo per cui uno stimolo neutrale, come la sonda, possa essere associato a un’esperienza negativa)1.

Può, inoltre, manifestarsi come esito di un processo di modellamento comportamentale (di solito mutuato dagli atteggiamenti e dai comportamenti dei genitori4, in particolare della madre)11, oppure di acquisizione di informazioni fortemente suggestive in senso negativo, indotte soprattutto dalla descrizione ripetuta di esperienze angosciose o terrificanti da parte di coetanei o adulti fobici6. Dagli studi di Carrillo-Diaz e Klassen7 è emersa una riduzione dell’ansia dentale nel tempo in corrispondenza a una maggiore frequenza delle visite odontoiatriche asintomatiche.

L’ansia del dentista nel bambino: un approccio psicologico - Ultima modifica: 2013-06-01T16:56:26+00:00 da Redazione

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