La terapia fotodinamica in parodontologia

La terapia fotodinamica in parodontologia
Risultati microbiologici

Nella patogenesi delle parodontiti la presenza di una flora patogena nel biofilm dentale è essenziale43. Questo è il motivo per il quale l’obiettivo terapeutico principale della terapia parodontale è tuttora la rimozione del biofilm batterico e l’eliminazione – o quantomeno la riduzione significativa – delle specie parodonto-patogene44 e il ripristino dell’omeostasi tra il sistema immunitario dell’individuo affetto da parodontite e il complesso ecosistema polimicrobico che caratterizza il cavo orale. Il viraggio tra stato di patologia a stato di salute parodontale sotto l’aspetto microbiologico è dato, nella maggior parte dei casi, da una riduzione nella proporzione dei batteri del complesso rosso all’interno dell’ecosistema microbico45. Socransky et al.46 hanno dimostrato che i batteri nelle tasche parodontali formano dei complessi microbici che condividono aspetti metabolici e patologici. Per questo motivo questo Autore li ha classificati in gruppi, assegnando a ognuno un colore, tra i quali in quello arancio e in quello rosso si ritrovano molti parodonto-patogeni. Nello specifico, il complesso rosso è rappresentato da 3 batteri Gram- anaerobi obbligati – P. gingivalis, T. forsythia e T. denticola – che compaiono nel biofilm batterico solo dopo giorni di crescita indisturbata e sono considerati tra le specie più patogene per il parodonto45. Sebbene per la strumentazione della superficie radicolare sono stati affinati negli ultimi anni sia lo strumentario manuale sia le punte delle apparecchiature dinamiche più raffinate, lo scaling e root planing (SRP) determina un miglioramento clinico e microbiologico ma l’eradicazione completa delle specie patogene dalle tasche parodontali non è normalmente ottenibile7, soprattutto quando ci troviamo a trattare tasche di difficile accessibilità, molto profonde e/o strette, forcazioni o difetti infraossei.

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Per questo motivo la ricerca in parodontologia è spesso rivolta ad approcci terapeutici che possano migliorare il risultato microbiologico del trattamento non chirurgico. Per esempio, un miglioramento clinico e microbiologico nel trattamento di forme gravi di parodontite (cronica o aggressiva) può essere ottenuto con un approccio one-stage, basato sulla strumentazione di tutte le superfici radicolari nell’arco delle 24 ore, con o senza la disinfezione aggiuntiva con clorexidina47,48. La disinfezione aggiuntiva delle tasche parodontali è, ugualmente, l’obiettivo terapeutico della combinazione dello SRP con una terapia antibiotica sistemica o locale49,50. Nonostante nelle forme di parodontite aggressiva sia stato dimostrato un miglioramento sia clinico che microbiologico, rispetto al solo trattamento meccanico51, nella comunità scientifica internazionale si teme sempre di più l’incremento mondiale della resistenza batterica agli antibiotici. In seguito all’eccessivo uso e all’abuso di antibiotici, negli ultimi anni è notevolmente aumentato il numero di pubblicazioni che hanno riportato specie batteriche resistenti a molti o a tutti gli antibiotici conosciuti52. Inoltre, la possibilità di effetti indesiderati anche gravi e la necessità di una compliance del paziente al regime terapeutico più che ottimale limitano, ulteriormente, l’uso della via sistemica. Per questo motivo l’attenzione di parte dei ricercatori si è rivolta verso strategie antimicrobiche alternative quali la aPDT, facilmente applicabile in campo odontoiatrico e, nella fattispecie, in campo parodontale, considerato anche il fatto che, a oggi, non sono stati riportati casi di insorgenza di resistenza batterica a questo tipo di trattamento8,53. Abbiamo menzionato precedentemente che la reazione fotodinamica prevede l’utilizzo di una fonte luminosa di particolare lunghezza d’onda e la presenza contemporanea di una sostanza fotosensibilizzante (PS) e di ossigeno. Alcuni PS hanno la caratteristica di legare esclusivamente le membrane cellulari batteriche, in modo da essere attivi solo sulla flora batterica senza danneggiare i tessuti dell’organismo ospite54.

18a-18b. Aspetto clinico e radiografico a 16 mesi dalla chirurgia. Si nota l’ottimo risultato raggiunto dalle procedure chirurgiche.
18a-18b. Aspetto clinico e radiografico a 16 mesi dalla chirurgia. Si nota l’ottimo risultato raggiunto dalle procedure chirurgiche.
18a-18b. Aspetto clinico e radiografico a 16 mesi dalla chirurgia. Si nota l’ottimo risultato raggiunto dalle procedure chirurgiche.
18a-18b. Aspetto clinico e radiografico a 16 mesi dalla chirurgia. Si nota l’ottimo risultato raggiunto dalle procedure chirurgiche.

 

Il gruppo delle fenotiazine cationiche, quali il blu di toluidina (TBO) e il blu di metilene (MB), può essere utilizzato anche per infezioni sostenute da batteri Gram- anaerobi quali quelle che sostengono le malattie parodontali53. Per esempio, il TBO si è mostrato efficace su molti batteri parodontopatogeni conosciuti, sia in vitro55 che in modello sperimentale animale56. Esiste evidenza scientifica che dimostra che è possibile determinare la morte delle cellule batteriche sensibilizzate con un PS adeguato e irradiate con una fonte luminosa (per esempio, laser a diodi) a lunghezza d’onda idonea57. Zanin et al.58 hanno eseguito uno studio in vitro sull’applicazione della aPDT su biofilm orali formati in maniera naturale in vivo. L’applicazione di blu di toluidina e un diodo emettente luce rossa (620-660 nm) ha determinato una riduzione delle cellule batteriche fino al 99% all’interno del biofilm. Attività battericida è stata dimostrata in vitro55 e in modello animale59 anche su P. gingivalis e per biofilm di A. actinomycetemcomitans60. Studi clinici longitudinali su pazienti parodontali trattati con terapia non-chirurgica e terapia fotodinamica aggiuntiva, e nei quali sono stati prelevati anche campioni microbiologici dalle tasche parodontali, hanno mostrato risultati contrastanti. Polansky et al.61 non hanno mostrato differenze significative nei parametri microbiologici se al trattamento non chirurgico di pazienti affetti da parodontite cronica veniva aggiunta una singola applicazione di aPDT. Viceversa, Chondros et al.62 hanno potuto notare che la terapia aggiuntiva con aPDT determina una maggiore riduzione delle specie di Fusobacterium nucleatum ed Eubacterium nodatum a 3 mesi e di Eikenella corrodens e Capnocytophaga a 6 mesi rispetto alla sola terapia meccanica. In pazienti con parodontite cronica localizzata, con infezione sostenuta da F. nucleatum e trattati con scaling e root planing, un’unica applicazione di aPDT è stata in grado di ridurre significativamente la concentrazione di questo patogeno rispetto ai valori iniziali63.

In tasche residue di pazienti parodontali in terapia di supporto, trattate con strumenti ultrasonici o con terapia fotodinamica, Rühling et al.64 pur ottenendo una riduzione immediata della carica patogena sottogengivale non sono riusciti a mantenere visibile questa differenza più di tre mesi. Il nostro gruppo di ricerca, presso l’Università Sapienza di Roma, ha condotto recentemente il primo studio clinico longitudinale nel quale è stata testata una lampada LED (Fotosan®, CMS Dental, Copenhagen, Danimarca), con emissione di onda luminosa non coerente a una frequenza di 635 nm, per applicazioni fotodinamiche65. Rispetto ai soft laser, quali i laser a diodi, questa lampada presenta vantaggi di aspetto ergonomico, di irradiazione (luce non puntiforme ma diffusa) ed economici. In questo studio split mouth, randomizzato controllato e condotto in cieco, sono stati arruolati 30 pazienti – trattati per parodontite cronica e in terapia di supporto parodontale da un anno – nei quali erano presenti almeno due tasche residue con profondità di sondaggio (PPD) di almeno 5 mm, in due quadranti opposti, e con positività al sanguinamento al sondaggio. Entrambi i siti sono stati trattati con scaling e root-planing e, dopo randomizzazione, una tasca è stata ulteriormente trattata con la terapia fotodinamica, in questo caso denominata LAD (Disinfezione Attivata dalla Luce), mentre quella residua è stata mantenuta come controllo. Da questi siti sono stati prelevati, alla baseline e una settimana dopo il trattamento, dei campioni di placca sottogengivale e analizzati con tecnica PCR real-time. I risultati di queste analisi hanno mostrato una maggiore riduzione delle proporzioni relative dei batteri del complesso rosso nelle tasche trattate con LAD rispetto a quelle in cui si è intervenuto con la sola terapia meccanica: mentre nei siti controllo si aveva una riduzione del complesso rosso del 4,1%, nei siti test la riduzione ha raggiunto una riduzione pari a oltre il 68% (Figura 4).

Risultati clinici

Nei pazienti affetti da parodontite, il primo approccio terapeutico è legato alla rimozione degli agenti patogeni alla base dell’infezione parodontale. Comunemente chiamata “terapia parodontale di fase 1” o “terapia parodontale eziologica o causale”, questa si basa sulla combinazione della motivazione del paziente alle corrette manovre di igiene orale domiciliare e la rimozione del biofilm dentale e del tartaro dalle superfici radicolari dei denti interessati dalla malattia, con lo scaling e la levigatura radicolare. Questo approccio terapeutico iniziale determina nell’arco di un breve periodo di tempo (4-6 settimane) una riduzione degli indici clinici della malattia: sanguinamento al sondaggio (BOP), profondità di sondaggio (PPD) e livello di attacco clinico (CAL). Generalmente questi effetti clinici positivi possono essere mantenuti se i pazienti vengono seguiti con una terapia parodontale di supporto, fatta da un sistema di richiami periodici ben strutturato (SPT)21. La terapia fotodinamica, in aggiunta alla terapia meccanica, si pone come obiettivo quello di determinare un ulteriore miglioramento di questi indici clinici e quindi ridurre la necessità di ulteriori trattamenti parodontali, quali la chirurgia. Per determinare l’effetto clinico aggiuntivo di tale terapia sono stati attuati, nel corso degli ultimi 15 anni, degli studi clinici longitudinali. Dal punto di vista dei risultati clinici le pubblicazioni scientifiche hanno prodotto risultati discordanti tra loro. Molti degli studi clinici hanno osservato una maggiore riduzione del sanguinamento al sondaggio quando la aPDT viene associata allo SRP, rispetto alla sola terapia meccanica.

Christodoulides et al.66 hanno seguito 24 pazienti affetti da parodontite cronica trattati con scaling e root planing seguito da una singola applicazione di aPDT o solo con scaling e root planing. Gli Autori hanno dimostrato un miglioramento significativo del Full Mouth Bleeding Score per i pazienti del trattamento combinato, sia a 3 che a 6 mesi di follow-up. De Olivera et al.67, in uno studio clinico split-mouth, hanno osservato lo stesso trend anche nei pazienti affetti da parodontite aggressiva. In termini di riduzione della PPD gli studi longitudinali, mettendo a confronto la aPDT + SRP rispetto alla sola terapia meccanica non chirurgica, hanno mostrato risultati discordanti8. Alcuni lavori più recenti, tuttavia, hanno mostrato, in pazienti parodontali trattati con terapia causale, riduzioni di PPD più favorevoli se a questa veniva aggiunta una singola applicazione di terapia fotodinamica68,69. Andersen et al.70 hanno valutato gli effetti clinici della terapia fotodinamica antimicrobica aggiuntiva allo SRP su 33 pazienti affetti da parodontite per un periodo di 12 settimane. Il PPD, il CAL e il BOP sono stati seguiti negli intervalli di 3, 6 e 12 settimane e il gruppo che aveva effettuato la terapia combinata di SRP + aPDT ha mostrato indici clinici significativamente migliori anche dopo un periodo di 12 settimane rispetto ai gruppi che avevano fatto solo SRP o solo aPDT. Negli ultimi anni sono anche state pubblicate in letteratura delle revisioni sistematiche con meta-analisi degli studi clinici longitudinali in materia di trattamento parodontale e terapia fotodinamica.

I dati che si possono evidenziare da queste revisioni indicano che il trattamento della parodontite cronica con PDT da sola rispetto al trattamento convenzionale con SRP non sembra mostrare alcun beneficio aggiuntivo71-73. Al contrario, quando la PDT viene impiegata assieme allo SRP i dati sembrano mostrare un beneficio clinico aggiuntivo positivo, specialmente nelle lesioni con condizioni anatomiche sfavorevoli71-73, sebbene esistano differenze tra studi a gruppi paralleli e studi nei quali è stata applicata una metodologia split-mouth73. Nelle Figure 5-8 riportiamo il caso di una paziente affetta da parodontite cronica avanzata generalizzata, trattata con terapia parodontale non chirurgica con l’aggiunta della terapia LAD per quelle tasche con profondità di sondaggio iniziale > 4 mm. In generale gli effetti della terapia parodontale causale non-chirurgica si riscontrano dopo poche settimane dal trattamento, ma nei casi inizialmente più avanzati possono persistere tasche residue che necessitano di ulteriore trattamento. Matuliene et al.15 hanno dimostrato che la persistenza di tasche residue profonde (PPD > 4 mm) al termine della fase attiva del trattamento parodontale e al momento dell’inserimento del paziente in terapia di supporto (SPT) rappresenta un rischio maggiore di progressione della parodontite nel tempo e in definitiva della perdita dell’elemento dentario. Il rischio aumenta ulteriormente se allo stesso tempo la tasca residua profonda presenta anche sanguinamento al sondaggio. Sembra quindi ragionevole utilizzare la terapia fotodinamica nel trattamento delle tasche residue nei pazienti in terapia di supporto parodontale. Alcuni studi hanno preso in considerazione gli effetti della aPDT in queste situazioni.

Chondros et al.62 hanno dimostrato che una singola applicazione di aPDT combinata con lo SRP in pazienti in SPT determina una significativa maggiore riduzione del BOP rispetto alla sola terapia meccanica, ma queste differenze non erano visibili in termini di riduzione della PPD. Rühling et al.64 in uno studio clinico randomizzato su pazienti con parodontite cronica trattata in SPT, ma utilizzando un fotosensibilizzante e un laser diversi, non hanno trovato alcuna differenza statistica né in termini di BOP né in altri parametri clinici. Più recentemente il nostro gruppo65 ha potuto dimostrare che utilizzando come fotosensibilizzante il blu di toluidina e una lampada LED come fonte di energia luminosa a lunghezza d’onda di 635 nm in tasche residue con PPD > 4 mm in pazienti in terapia di mantenimento, si ottengono migliori risultati clinici rispetto alla terapia convenzionale. In termini di riduzione del BOP il 73% delle tasche trattate con SRP+LAD non presentava più sanguinamento rispetto al 27% delle tasche trattate con SRP solamente. In termini di riduzione di PPD, i siti che avevano ricevuto anche terapia fotodinamica presentavano una maggiore riduzione media della profondità di tasca (+ 0,5 mm) e un maggior numero di siti che riducevano la profondità di oltre 2 mm. Risultati simili sono stati ottenuti da Campos et al.74 e Cappuyns et al.75. Le Figure 9-12 illustrano il caso di un paziente forte fumatore, affetto da parodontite cronica generalizzata di grado avanzato, trattato e inserito in terapia di mantenimento. In una delle sedute periodiche si presenta con un ascesso parodontale a carico dell’elemento 4.5 che viene trattato con scaling e root planing e terapia LAD aggiuntiva. Si nota l’ottimo risultato clinico sia nel breve (1 settimana) che nel medio periodo (3 mesi).

Conclusioni

La terapia fotodinamica, sebbene basata su principi la cui scoperta risale a oltre un secolo fa, ha trovato negli ultimi decenni nuova attenzione clinica per svariati campi di applicazione. Oltre a trattamenti diretti a patologie neoplastiche, dermatologiche e oftalmiche, negli ultimi anni si è sempre più puntata l’attenzione sulle possibilità di utilizzo nel trattamento delle infezioni. In campo odontoiatrico la ricerca di base e la ricerca clinica si sono soprattutto soffermate al campo endodontico e alle applicazioni parodontali. I risultati discordanti in merito all’utilità o meno di questa recente metodica di trattamento delle infezioni parodontali sono dovuti molto probabilmente a diversi fattori, spesso concomitanti. I diversi fotosensibilizzanti utilizzati, le differenti apparecchiature impiegate per la produzione di energia luminosa, le diverse lunghezze d’onda e la durata dell’esposizione alla luce, sono tutte variabili che possono spiegare i discordanti risultati ottenuti nei vari studi. Inoltre, anche il numero di applicazioni, singole o ripetute, il settaggio dei laser, il tempo di contatto del fotosensibilizzante nell’ambiente sottogengivale possono avere una influenza sui parametri clinici legati al trattamento parodontale e dare ragione delle differenze che si riscontrano nei vari studi clinici.

Ciò non toglie che il principio della disinfezione con terapia fotodinamica appare estremamente interessante per molte applicazioni, considerate anche le problematiche sempre più rilevanti nell’utilizzo degli antibiotici. Sono necessari quindi ulteriori studi scientifici che mettano in luce l’importanza dei vari aspetti in questo affascinante campo, viste anche le potenzialità di applicazioni diverse quali ad esempio la decontaminazione delle superfici degli impianti affetti da peri-implantite per la quale, a oggi, non abbiamo ancora un trattamento predicibile. Nel caso clinico descritto dalle Figure 13-15 diamo un esempio di applicazione della LAD nei casi di mucosite peri-implantare, mentre nel caso clinico successivo (Figure 16-18) l’applicazione intra-operatoria della stessa LAD per la decontaminazione della superficie di un impianto affetto da grave peri-implantite prima della terapia rigenerativa.

Corrispondenza

Claudio Mongardini
Sapienza, Università di Roma – Facoltà di Medicina e Odontoiatria
Via Caserta, 6 – 00161 Roma
claudio.mongardini@uniroma1.it

La terapia fotodinamica in parodontologia - Ultima modifica: 2014-03-12T15:48:34+00:00 da Redazione

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