La chirurgia guidata in implantologia costituisce uno workflow terapeutico che permette di pianificare il posizionamento tridimensionale degli impianti tramite software di pianificazione implantare, la progettazione di una guida operatoria stereolitografica, per poi finalizzare il caso dal punto di vista protesico tramite sistematica CAD/CAM.
La tecnica permette anche l'esecuzione di chirurgia flapless e, in generale, abbrevia i tempi della chirurgia, accelera il decorso postoperatorio, riducendo dolore e gonfiore e assicura vantaggi dal punto di vista estetico.
Proprio perché si tratta di una tecnica estremamente sensibile, richiede cura estrema, dato che il minimo errore si ripercuote in tutti i passaggi successivi, arrivando all'atto pratico a complicare in maniera potenzialmente severa l'intervento chirurgico.
Oggigiorno è difficile destreggiarsi tra le diverse soluzioni offerte dal mercato dei software: tutte le principali case implantari hanno sviluppato proprie piattaforme, alle quali si aggiungono quelle open, che permettono di lavorare su più sistematiche.
Per tutte queste ragioni, senza contare che si tratta comunque ancora di una metodica nuova, il clinico deve affrontare una curva di apprendimento, soprattutto se si tratta di professionisti dotati, per ragioni anagrafiche, di ridotta esperienza nella chirurgia convenzionale. D'altro canto, gli stessi appartengono a una generazione “nata digitale” e, per questo, potrebbero subire meno lo stress da conversione.
Il giovane implantologo e la chirurgia guidata
Un interessante report, recentemente pubblicato da Turkyilmaz su Journal of Stomatology, Oral and Maxillofacial Surgery, ha proposto una sequenza operativa per una riabilitazione full-arch condotta in chirurgia guidata flapless e riflettuto, soprattutto dal punto di vista del giovane implantologo, sulle possibili criticità in grado di indurre a complicanze.
In primo luogo, la selezione del paziente: questi deve garantire una buona apertura della bocca, dato che le frese utilizzate, per via della presenza della mascherina chirurgica, risultano 10 mm più lunghe della norma. La minima apertura richiesta è indicativamente di 40 mm, il che vuol dire che un soggetto privo di problematiche articolari normalmente costituisce un buon candidato.
Labbra e guance non sono incluse nell'immagine su cui viene progettata la guida, che deve essere progettata in modo da non rendere necessaria la modifica della superficie di intaglio o il tragitto dei pin di fissazione al momento dell'allestimento del campo operatorio.
Sempre al fine di non compromettere la posizione finale degli impianti, i produttori raccomandano di evitare di rimuovere la mascherina chirurgica fino all'avvenuto inserimento dell'ultima fixture, in quanto potrebbe essere impossibile ritrovare lo stesso alloggio.
Anche per questo motivo, è indispensabile garantire un adeguato regime anestesiologico per l'intero tempo operatorio. Eventuali infiltrazioni supplementari possono essere condotte a livello del vestibolo, senza rimovere la guida. Per lo stesso motivo è raccomandabile prevedere nella mascherina alcuni fori a livello del palato.
Riferimenti bibliografici
https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/30910764