La diagnosi e il trattamento del paziente disfunzionale rientrano sempre di più nella pratica clinica routinaria dell’odontoiatra, in primo luogo grazie all’aumentata accessibilità – in termini di utilizzo, ma anche economici – acquisita da alcuni strumenti diagnostici (ad esempio le sistematiche elettromiografiche e kinesiologiche). In più, nel tempo si è presa consapevolezza del fatto che la gnatologia comprenda una serie di condizioni moderatamente gravi che vengono riconosciute dall’odontoiatra e trattate tramite piccoli interventi sull’occlusione (bite e ortotici, coronoplastica e altro).
Lo gnatologo, d’altra parte, può trovarsi ad affrontare quadri clinici molto più complessi, condividendo il processo diagnostico con altri specialisti, come ad esempio il chirurgo maxillo-facciale, l’ortopedico e il reumatologo. Va osservato come in molti casi tali condizioni interessino soggetti giovani. Anche la terapia gnatologica può inserirsi in un contesto più ampio (non si parla necessariamente di terapia risolutiva): può ad esempio accompagnare il paziente all’intervento chirurgico e durante la fase riabilitativa.
Una condizione particolarmente grave, in questo senso, è senza dubbio l’anchilosi dell’articolazione temporo-mandibolare. La più comune condizione predisponente è quella dell’evento traumatico, in particolare la frattura condilare, ed è nel periodo intorno ai 10 anni che questa tende a condizionare maggiormente la crescita. Dal punto di vista eziopatogenetico, anche se molto deve ancora essere chiarito, in linea di massima sembra che il processo di riparazione della frattura vada ad alterare lo schema di crescita del condilo, con degenerazione fibrosa o formazione di vero e proprio tessuto osseo.
Clinicamente, si osserva una progressiva riduzione dell’escursione mandibolare più che un blocco improvviso.
Di fronte a un ragionevole sospetto clinico, è legittimo considerare l’indagine attraverso l’esecuzione di esami radiografici di secondo livello. Nell’immagine TC, il ponte osseo si evidenzia comunemente sul versante laterale del condilo. Il tessuto riparativo presenta di solito un aspetto più spiccatamente corticale. Si può osservare una importante alterazione morfologica dei capi articolari, con il condilo allargato e il temporale ispessito in corrispondenza della fossa.
Dal punto di vista della prevenzione, risulta in primo luogo fondamentale intercettare i casi maggiormente a rischio, non solo per quanto deriva dalla gravità del trauma (la frattura in sé viene ridotta in diversi modi), ma anche a seconda dell’età del paziente, contenendo poi eventi collaterali, quali ad esempio la dislocazione del disco articolare.
Per quanto riguarda il trattamento vero e proprio della patologia, questo prevede comunemente un approccio di tipo chirurgico, e sono disponibili a riguardo diversi modelli di intervento percorribili. È consigliabile pertanto considerarli tutti in relazione al singolo paziente: artroplastica d’interposizione, osteodistrazione e ricostruzione dell’ATM.