Effetti dello sbiancamento sui materiali dentari

La diffusione clinica e, in un certo senso, commerciale, dello sbiancamento dentale professionale costituisce una risposta alle aumentate esigenze estetiche da parte della popolazione. È pertanto comune che questo tipo di trattamento venga richiesto da pazienti che abbiano ricevuto in passato terapie restaurative importanti. Oltre a ciò, è fondamentale che i pazienti comprendano l’importanza di intervenire su di un substrato ricettivo: bisognerà ristabilire una corretta igiene orale illustrando le manovre domiciliari corrette e, nel caso in cui si riscontri la presenza di lesioni attive da demineralizzazione, intervenire con la restaurativa.

Dal punto di vista biochimico, la maggior parte dei trattamenti sbiancanti si basa sul rilascio di sostanze attive, principalmente i perossidi di idrogeno e di carbammide, che agiscono sui tessuti dentali. Nel caso in cui siano presenti restauri, gli agenti chimici vi si interfacceranno: pare perciò importante valutare che tipo di effetti inducano sui materiali più comuni. I parametri da valutare comprenderanno in primo luogo il colore, ma anche la serie delle caratteristiche di superficie.

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In primo luogo, l’amalgama: è ancora in corso un intenso dibattito scientifico sul mantenimento di questo materiale. Non volendo addentrarsi in tale tematica, si faccia riferimento a una pregressa otturazione in amalgama lucida e che non manifesti segni clinici di frattura o infiltrazione cariosa.

Alcuni Autori non rilevano particolari alterazioni, ma diversi altri segnalano un rilascio di componenti chimici (mercurio e argento) susseguente all’esposizione al perossido di carbammide. Il dato potrebbe dipendervi direttamente o essere correlato con l’età del restauro (da questo aspetto dipende in realtà anche la formulazione del prodotto). Il rilascio di ioni metallici, conseguente stavolta all’esposizione a perossido di idrogeno, è stato osservato anche in alcuni studi sulle leghe ad uso odontoiatrico. Il background in Letteratura, comunque, non è eccessivamente ampio e alcuni Autori si concentrano maggiormente sulle modificazioni delle caratteristiche di superficie.

Le ceramiche vengono considerati i più inerti fra i materiali odontoiatrici; ciò nonostante, alcuni lavori riferiscono possibili alterazioni a livello della superficie. Un’aumentata ruvidità e lo sbiancamento della ceramica potrebbero derivare dalla perdita di silice a livello superficiale.

Per quanto riguarda i cementi vetroionomerici, sono diversi gli studi che hanno riscontrato alterazioni, riconducibili per lo più ad una diversa rigidità di superficie e ad un’aumentata suscettibilità alla pigmentazione.

È naturale che siano le resine composite a costituire l’“osservato speciale”. Casi di discromia ed altre alterazioni – correlabile con la formulazione del prodotto – sono stati segnalati, ma la maggior parte degli studi hanno rilevato un comportamento “rassicurante”. I compositi vengono quindi inclusi fra i materiali più resistenti allo sbiancamento. Il alcuni casi, l’agente è arrivato ad esprimere perfettamente l’effetto desiderato, rimuovendo le pigmentazioni estrinseche dal materiale.

Effetti dello sbiancamento sui materiali dentari - Ultima modifica: 2016-12-07T07:03:59+00:00 da redazione