Valutazione clinica di un nuovo materiale per ricostruzioni dentali a lungo termine. Dati preliminari di uno studio prospettico

Riassunto
I cementi vetroionomerici rappresentano dei materiali di introduzione piuttosto recente in odontoiatria, essendo comparsi sul mercato solo negli anni Settanta. Essi sono stati impiegati negli anni come materiali da ricostruzione, da cementazione, da otturazione temporanea, da sigillatura. Obiettivo di questo studio è stato quello di valutare possibilità di utilizzo, resistenza, efficacia, aspetto estetico ed eventuali problematiche di un cemento vetroionomerico ad alta viscosità, quando utilizzato per restauri a lungo termine di elementi dentali. Sono stati selezionati pazienti che richiedevano l’esecuzione di ricostruzioni dentali di tutte le classi di Black. Sono stati inclusi denti sia vitali sia non vitali, mentre sono stati esclusi dalle valutazioni le ricostruzioni temporanee di tipo pre-endodontico e l’applicazione di cemento vetroionomerico come fondino di protezione. È stato predisposto un questionario in modo da rilevare direttamente dai pazienti eventuali problematiche come sensibilità, dolore alla masticazione o intolleranze al materiale. Alla data di aprile 2009, sono stati arruolati 125 pazienti, per un totale di 184 ricostruzioni. Il follow-up medio è stato di 6,9 mesi (massimo 17,9 mesi, minimo 2,1 mesi). Nell’arco dello studio sono andate perse, rotte o seriamente alterate quattro ricostruzioni, per un totale di sopravvivenza del 99,5% a 3 mesi, 98,4% a 6 mesi, e del 97,9% a 12 e ancora del 97,9% a 15 mesi. Alla luce dei parametri analizzati e della percentuale di sopravvivenza, un sistema basato su un cemento vetroionomerico ad alta viscosità e un rivestimento acrilico fotopolimerizzabile sembra possedere tutte le caratteristiche per rappresentare una possibile alternativa nelle ricostruzioni dentali a lungo termine. 

Summary
Clinical evaluation of a new dental material for  long-term reconstructions. Preliminary data from a prospective trial
Glassionomer cements are dental materials recently introduced in dentistry, because they appeared into the market just in the Seventies. They have been used for many years as reconstruction materials, as fixing cement or as temporary fillings. The aim of the study was to present a summary of the main characteristics and possible indications of the use of a new high-viscosity glassionomer cement and to evaluate its clinical efficacy for dental reconstructions. A group of patients has been selected among those requiring dental reconstructions belonging to all Black’s classes. Both vital and non-vital teeth were included, but all temporary pre-endodontic reconstructions and applications of glassionomer cement as protection for sandwich technique were excluded from evaluations. A questionnaire has been prepared for patients in order to detect any problems hypothetically related to the reconstruction material, as sensitivity, pain on chewing or intolerance to the material itself. At the date of April 2009, 125 patients were enrolled, for a total of 184 reconstructions. The medium follow-up was 6.9 months, with up to 17.9 months and a minimum of 2.1. Over the study were lost, broken or seriously altered four reconstructions, defining a general survival rate of 99.5% at 3 months, 98.4% at 6 months, 97.9% at 12 months and still 97.9% at 15 months. In light of the analyzed parameters and the percentage of survival, a system based on a high-viscosity glassionomer cement and an acrylic light-cured coating seems to possess all the characteristics to be a possible alternative for dental reconstruction in the medium-long term. 

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I cementi vetroionomerici (CVI) sono materiali di recente introduzione in odontoiatria, essendo comparsi sul mercato a metà degli anni Settanta1,2. Le prime formulazioni, pur mantenendo caratteristiche simili alle formulazioni attuali, erano tuttavia limitate dalla scarsa resistenza all’abrasione e alle forze tensili e dalla durezza non elevata3,4. Quando il materiale di riferimento era rappresentato prevalentemente dall’amalgama, tali cementi rappresentavano comunque una valida alternativa, utili nelle cavità di piccole e medie dimensioni, ma fondamentali soprattutto per restauri cervicali e sigillature.

In commercio sono reperibili CVI con molte formulazioni diverse. Tuttavia, a prescindere dalla Casa produttrice, la composizione chimica riconosce sempre tre costituenti fondamentali: la silice (SiO2), l’allumina (Al2O3) e la fluorite1,2,4. Essi formano un materiale vetroso che, ridotto in polvere, rappresenta la componente solida delle formulazioni. La polvere contiene anche quantità minori di ossido di calcio (CaO), ossido di sodio (Na2O) e piccole percentuali di composti fosforici e ossido di zinco. Deve essere miscelata secondo precisi rapporti a un liquido, che è costituito dalla soluzione acquosa di un omopolimero e/o di un copolimero di diversi acidi carbossilici insaturi. I copolimeri fungono da acceleratori della reazione. Il tempo di presa dei CVI varia da 3 a 5 minuti, trascorsi i quali normalmente il materiale è già lavorabile con l’ausilio di frese o abrasivi. Il loro indurimento prosegue ancora per svariate ore e, in alcuni casi, la durezza continua ad aumentare per oltre 10 giorni5. Una volta induriti diventano idrofobi.

I principali vantaggi riconosciuti ai comuni CVI sono:            

  • la possibilità di essere mordenzati e offrire una buona resistenza alla compressione (circa 30 MPa);
  • il fatto che si leghino chimicamente sia allo smalto sia al collagene dentinale;
  • il loro coefficiente di dilatazione termica è praticamente uguale a quello dei tessuti dentali: questo rende meno probabile che lungo il bordo del restauro si crei un gap, in cui l’infiltrazione continua di fluidi e batteri creerebbe i presupposti per l’instaurarsi di condizione sfavorevoli che andrebbero irrimediabilmente a inficiare il restauro stesso;
  • il fatto che rilascino i fluoruri contenuti nella matrice attraverso scambi ionici duraturi nel tempo6,7. Il ruolo di questi materiali dentali nella prevenzione dell’insorgenza8-10 e della progressione11-13 della carie è stato ampiamente descritto in letteratura, ed è valso loro il nome di materiali «bioattivi». Alte concentrazioni di fluoro e di altri ioni sono state rinvenute nella dentina adiacente a restauri realizzati con cementi vetroionomerici6,7. In più, è stato dimostrato che posizionando uno strato di cemento vetroionomerico sulla dentina ormai demineralizzata si ottiene una remineralizzazione della dentina stessa14.

Nonostante queste vantaggiose proprietà, negli anni Ottanta, con il perfezionamento delle resine composite, l’utilizzo dei CVI è progressivamente diminuito per la netta inferiorità dei cementi dell’epoca a livello del sigillo marginale e nella resistenza all’usura15. Proprio per questa ragione, da quel momento, i cementi vetroionomerici hanno acquistato l’etichetta di materiale economico, di qualità non elevata, utili soprattutto per restauri rapidi e idonei per un’odontoiatria più rivolta agli aspetti di assistenza sociale che all’effettiva qualità dei restauri.
Negli ultimi anni, l’avvento delle nanotecnologie ha però permesso di modificare strutturalmente molti materiali odontoiatrici, dai materiali da impronta ai compositi e, naturalmente, anche ai vetroionomeri, permettendo, in alcuni casi, di superare limiti fisici che si pensavano insormontabili. Grazie a questo, non solo sono stati superati i limiti di durezza e resistenza agli stress, ma è stato possibile conferire ai cementi vetroionomerici anche un aspetto di traslucenza e colorazione che, in molte aree del cavo orale, rappresentano anche una valida soluzione estetica.

1. Distribuzione della tipologia delle ricostruzioni.
1. Distribuzione della tipologia delle ricostruzioni.

Obiettivo di questo studio è valutare possibilità di utilizzo, resistenza, efficacia, aspetto estetico ed eventuali problematiche di un moderno sistema da ricostruzione a base di un cemento vetroionomerico ad alta viscosità rivestito da una resina fotopolimerizzabile, quando utilizzato per restauri a lungo termine di elementi dentali.                                  

Materiali e metodi                                        

Sono stati inclusi in questo studio pazienti che dovevano essere sottoposti a ricostruzioni dentali di tutte le classi di Black, presso la Clinica Odontoiatrica dell’IRCCS Istituto Ortopedico Galeazzi di Milano e presso tre centri di sperimentazione esterni.
Nello studio, sono stati esclusi pazienti che presentavano allergia a componenti specifici dei prodotti utilizzati, terapie antibiotiche in atto, gravidanza, allattamento, malattie locali o sistemiche che riducano la salivazione, neoplasie, pazienti scarsamente collaboranti o pazienti che facevano uso frequente di chewing-gum durante il periodo dello studio. Sono state, inoltre, escluse dallo studio le ricostruzioni per tecnica a sandwich e le ricostruzioni pre-endodontiche, che non sono state concepite come definitive.

Prima dell’esecuzione delle procedure ricostruttive, i pazienti arruolati sono stati inquadrati, tramite un apposito modulo, sul loro stato di salute orale, su problematiche dolorose a livello oro-facciale, sulla presenza di manufatti protesici e su alcune abitudini particolari, come il vizio del fumo.
Il materiale prescelto per le ricostruzioni dentali è stato un cemento vetroionomerico ad alta viscosità e ad alto rilascio di fluoro rivestito da una resina acrilica fotopolimerizzabile.

2. Distribuzione delle ricostruzioni in base agli elementi dentali.
2. Distribuzione delle ricostruzioni in base agli elementi dentali.

Il sistema utilizzato denominato Equia® (GC Europe, Belgium), è costituito da un cemento vetroionomerico (Fuji IX GP Extra®) disponibile nelle colorazioni Vita® A1, A2, A3, A3,5, B1, B2, B3, C4 e da una resina di rivestimento fotopolimerizzabile denominata G-Coat®.
Nel sistema Equia®, la resina di rivestimento fotopolimerizzabile (G-Coat®) è utile a superare i limiti di resistenza all’abrasione e le microfratture marginali che accadevano spesso coi materiali vetroionomerici più vecchi.

La resina utilizzata in questo studio contiene:                

  • nanoriempitivo inorganico, che rappresenta il 15% del peso e l’80% del volume;      
  • monomero adesivo;                          
  • metacrilato funzionale;                   
  • metilmetacrilato (MMA);                
  • iniziatore fotochimico.                  

Le particelle di riempitivo, costituite da polvere di silice, hanno mediamente dimensioni di 40 nm ed essendo uniformemente disperse all’interno della soluzione conferiscono al restauro un’elevata resistenza all’usura. Questo tipo di resine differiscono, quindi, in maniera sostanziale dai prodotti frutto della tecnologia convenzionale, nei quali, al contrario, le particelle di nanofiller tendono ad agglutinarsi nel contesto della matrice resinosa.

L’obiettivo di questa resina di rivestimento è formare uno strato con spessore medio di 35-40 µm, che sigilli e protegga sia le superfici del restauro sia l’interfaccia adesiva tra il restauro e la struttura dentale.
Il metilmetacrilato (MMA), che conferisce a tali resine un odore caratteristico, serve principalmente a ottimizzarne la viscosità ed evapora dopo la fotopolimerizzazione.

La formulazione prescelta in questo studio per utilizzare il CVI da ricostruzione è quella delle capsule predosate, da applicare previa agitazione in apposito mixer elettrico e tramite uso di un applicatore in dotazione. Le capsule predosate permettono di evitare gli errori di miscelazione e la scorretta calibrazione delle proporzioni tra i due componenti (generalmente polvere e liquido) che devono essere miscelati per quasi tutti i CVI. Una scorretta miscelazione potrebbe, infatti, pregiudicare le caratteristiche meccaniche del prodotto.

I pazienti sono stati sottoposti alle procedure di ricostruzione dentale secondo un protocollo standardizzato, corrispondente alle indicazioni di utilizzo date dal fabbricante del materiale, e seguito in maniera identica da tutti i centri di sperimentazione coinvolti nello studio.  Dopo l’esecuzione delle ricostruzioni sono state programmate rivalutazioni dei pazienti a 3, 6, 9, 12, 15, 18 e 24 mesi, durante le quali venivano valutati vitalità dentale, problematiche riferite dal paziente, perdita o rottura della
ricostruzione, cambiamenti di colore e di tessitura di superficie.
Il periodo di valutazione minimo previsto per ogni paziente incluso nello studio è stato fissato a 24 mesi.                          

Risultati                           

Alla data di aprile 2009 sono state eseguite 184 ricostruzioni in 125 pazienti. Il dettaglio della tipologia e della  distribuzione delle ricostruzioni eseguite è riportato nei grafici delle figure 1 e 2.

Le ricostruzioni eseguite sono state classificate in base al tipo di dente trattato (tabella 1), alla vitalità del dente, all’applicazione del rivestimento G-Coat®, all’uso della diga di gomma (tabella 2).

tab1

tab.2

Le ricostruzioni più vecchie sono state eseguite nel mese di novembre 2007; pertanto, alla data di aprile 2009 le ricostruzioni più vecchie presentano poco meno di 18 mesi di sopravvivenza.
Nel corso di queste valutazioni preliminari sullo studio in atto, sono state registrate quattro rotture, fallimenti o perdite irrimediabili delle ricostruzioni. 

La relativa tabella di sopravvivenza complessiva è presentata nei grafici delle figure 3 e 4.

3. Tasso di sopravvivenza percentuale.
3. Tasso di sopravvivenza percentuale.
4. Confronto tra sopravvivenza delle ricostruzioni e incidenza dei fallimenti.
4. Confronto tra sopravvivenza delle ricostruzioni e incidenza dei fallimenti.

Non sono stati riportati fenomeni di ipersensibilità allergica nei confronti del cemento vetroionomerico né della resina acrilica fotopolimerizzabile, dopo la loro applicazione. Nel questionario, i pazienti non hanno, altresì, riferito fenomeni di ipersensibilità dentinale, nemmeno dopo sostituzione di precedenti amalgame dentali. Di fatto, è riscontrabile con discreta frequenza una certa ipersensibilità dentinale quando, invece, si utilizzano le resine composite per sostituire le amalgame.

La superficie delle ricostruzioni in vetroionomerico, normalmente ruvida e difficile da lucidare, è stata percepita dai pazienti molto liscia, quando è stato applicato il rivestimento fotopolimerizzabile previsto. L’unico aspetto riferito come sgradevole è stato il sapore pungente all’applicazione della resina fotopolimerizzabile di rivestimento (G-Coat®), dovuto alla presenza della resina metacrilica, che, comunque, evapora rapidamente dopo pochi istanti dall’applicazione.

5. Traslucenza di Fuji IX GP extra (per gentile concessione di GC Corp., Japan).
5. Traslucenza di Fuji IX GP extra (per gentile concessione di GC Corp., Japan).

Nel complesso, i pazienti si dichiarano generalmente soddisfatti della ricostruzione sia dal punto di vista meccanico-funzionale sia dal punto di vista estetico e della resa colore del materiale (figura 5).  Una valutazione più complessa sugli aspetti meccanici ed estetici percepiti dai pazienti è prevista al compimento dei 24 mesi di follow-up.

Discussione                                      

Da quanto descritto, si sottolinea come alcuni nuovi cementi vetroionomerici hanno, in sostanza, cambiato molte caratteristiche e le nuove proprietà meccaniche ed estetiche aumentano le loro possibilità di utilizzo4,16. Sebbene i materiali compositi rappresentano, a oggi, il materiale da ricostruzione di riferimento, un sistema vetroionomerico, specie se basato sulle nanotecnologie, può rappresentare una valida alternativa o, in alcune condizioni, anche la scelta migliore se si valutano le caratteristiche chimiche e il costante rilascio di fluoro.                

Facilità di utilizzo                       

Le nuove caratteristiche di durata, maneggevolezza e risultati estetici aumentano le possibilità di utilizzo dei cementi vetroionomerici.
In primo luogo, il CVI tollera bene l’umidità1,2,5 e, pertanto, non richiede necessariamente l’uso della diga di gomma, che rappresenta attualmente il più efficace metodo di isolamento del campo operativo. Occorre tenere presente che non sempre è possibile lavorare in condizioni ideali: non tutti i pazienti, infatti, tollerano l’uso della diga di gomma. Coi bambini o nei soggetti psicologicamente deboli, soprattutto, è spesso improponibile l’applicazione di questo dispositivo, che richiede, tra l’altro, appositi ganci con una conformazione tale da adattarsi alla corona degli elementi dentali decidui o a quella degli elementi permanenti solo parzialmente erotti. I bambini inoltre, specie se molto piccoli, sono generalmente diffidenti verso tutti gli strumenti odontoiatrici.

Velocità di esecuzione                                

I moderni cementi vetroionomerici possono essere applicati in un’unica fase ed è sufficiente un solo strato di resina nano riempita di rivestimento. Il tempo stimato per completare un restauro è solo di 3 minuti circa, di cui un minuto e 15 secondi sono necessari per la lavorazione e due minuti per l’indurimento del cemento nel cavo orale. Risultano decisamente vantaggiosi, quindi, rispetto ai cementi vetroionomerici tradizionali, il cui indurimento richiede anche più di 5 minuti1,2,4,5.

Caratteristiche meccaniche                             

L’infiltrazione e la dispersione delle particelle di nano-riempimento, contenute in alcuni resine di rivestimento, garantiscono una duratura protezione del restauro e dei margini, aumentandone la resistenza sia alla flessione sia all’usura17-19. Esse, infatti, riempiono le porosità che, inevitabilmente, si creano sulla superficie dell’otturazione realizzata con CVI, consentendo così una distribuzione uniforme del carico meccanico a cui il dente è naturalmente sottoposto (figure 6 e 7).

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6-7. Sostituzione di amalgame dentali con restauri in vetroionomero e applicazione di resina di rivestimento protettiva.
6-7. Sostituzione di amalgame dentali con restauri in vetroionomero e applicazione di resina di rivestimento protettiva.

In assenza di tale strato protettivo, invece, lo stress masticatorio si scaricherebbe su una superficie irregolare, provocando la formazione di numerose rime di frattura al suo interno. Al vantaggio dato dalla resina di rivestimento si aggiunge l’adesione chimica che il materiale mostra nei confronti dei tessuti dentali1,3,14.
Resistenza e adesione chimica fanno, probabilmente, dei cementi vetroionomerici un materiale ottimale per i restauri di V classe20, proprio dove molti restauri adesivi realizzati con compositi tradizionali falliscono (figure 8 e 9).
Inoltre, il trattamento finale con resine nanoriempite mantiene lucida la superficie del restauro anche a lungo termine, perché impedisce la disgregazione e la dissoluzione dello strato più esterno del materiale19.

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8-9. Ricostruzioni di V classe di 3.2 – 3.1 – 4.1.
8-9. Ricostruzioni di V classe di 3.2 – 3.1 – 4.1.

Alcune ricerche mostrano che la resistenza all’usura di un restauro protetto da uno strato uniforme di un cemento vetroionomerico con caratteristiche moderne e rivestito da resina nanoriempita è praticamente sovrapponibile a quella di un restauro in composito19. È stato dimostrato infine che, con il tempo, la durezza di cementi vetroionomerici aumenta e tale incremento è molto più significativo a contatto con la saliva che con l’acqua distillata utilizzata da alcuni test in vitro5.

Tale proprietà è chiaramente attribuibile all’acquisizione degli ioni sodio, calcio e potassio dalla saliva.
Con il passare del tempo, il restauro acquisisce una durezza paragonabile a quella dei moderni materiali compositi e questo, insieme all’elevato rilascio di fluoro, rende il cemento vetroionomerico un materiale bioattivo, aumenta la durata del restauro stesso.          

Estetica                                    

I moderni cementi vetroionomerici vantano proprietà ottiche superiori rispetto a quelle dei cementi vetroionomerici tradizionali: la traslucenza è stata notevolmente incrementata e così anche la capacità di creare delle ombreggiature sulla superficie del restauro (figura 7).
La resa estetica è ottimizzata con l’applicazione finale di resine nanoriempite, che conferiscono all’otturazione la stessa lucentezza di un dente naturale.                         

Conclusioni                           

Alla luce dei risultati ottenuti, un sistema di ricostruzione dentale costituito da un cemento vetroionomerico ad alta viscosità e da una resina acrilica fotopolimerizzabile di rivestimento sembra rappresentare una valida alternativa: rapida, esteticamente soddisfacente e anche economica per ricostruzioni dentali a medio-lungo termine. È necessario, tuttavia, attendere il completamento dello studio a 24 mesi per tutti i casi selezionati, al fine di avere una conferma supportata da una casistica più ampia sulla validità del sistema in esame.
Va, comunque, sottolineato che la realtà dei cementi vetroionomerici è negli ultimi anni profondamente cambiata. I materiali si sono evoluti e i pesanti limiti che hanno caratterizzato i CVI negli anni Ottanta sono stati superati. Vale, quindi, la pena ribadire quelle che sono le principali indicazioni all’utilizzo dei moderni cementi vetroionomerici1,2,4,20-33.                   

Ricostruzioni di classe I e II in denti decidui                         

La minore collaborazione dei bambini, l’impossibilità di isolare sempre correttamente il campo operatorio con la diga di gomma e la struttura stessa del dente deciduo rendono il bambino un candidato non sempre idoneo alla realizzazione di restauri in composito eseguiti lege artis.
Le cavità nei settori posteriori, soprattutto se ampie, sono generalmente le più critiche, sia per la minore accessibilità sia per le difficoltà pratiche legate all’isolamento.
In queste condizioni, è sempre indicata una tecnica ART (Atraumatic Restorative Dentistry21) rimuovendo i tessuti patologici e limitando al massimo l’invasività. Tutto ciò espone il restauro a un maggior rischio di infiltrazione marginale.              

Ricostruzioni di I e II classe in denti permanenti non sottoposti a carico                 

Dopo l’asportazione del tessuto carioso (con tecnica ART o convenzionale) o la preparazione di una cavità, può essere necessario attendere del tempo prima di procedere con l’otturazione definitiva per:             

  • verificare lo stato clinico dell’elemento dentale e, in particolare, del sistema pulpo-dentinale;        
  • stimolare la neoapposizione di dentina da parte della polpa, come avviene nel caso dell’incappucciamento indiretto pulpare.                 

In questo lasso di tempo, di durata variabile, non si può lasciare vuota o con il solo medicamento la cavità, ma occorre riempirla con un materiale che soddisfi precisi requisiti meccanici.
A tutte queste esigenze sono chiamati a rispondere i materiali da otturazione provvisoria, in cui rientrano, spesso per tradizione, anche i cementi vetroionomerici.

Inoltre, i CVI trovano indicazione per:

  • chiudere provvisoriamente una cavità in cui è stata introdotta una sostanza medicata (come l’idrossido di calcio);  
  • evitare l’estensione della lesione cariosa e ridurre la carica batterica, qualora tutta la dentatura sia affetta da carie multiple. Il trattamento definitivo potrà essere procrastinato al momento in cui, nel cavo orale, si sarà instaurato un equilibrio microbico più favorevole, frutto di una terapia attiva sui diversi agenti eziologici;
  • chiudere una cavità che non può essere otturata in modo definitivo con un materiale plastico e che necessita del posizionamento di una corona;
  • trattare pazienti non collaboranti o compromessi da un punto di vista generale e, quindi, impossibilitati a sopportare la terapia. Questo risulta particolarmente vero per i bambini, la cui collaborazione, nella maggior parte dei casi, non va al di là di qualche minuto, imponendo all’odontoiatra la scelta di un trattamento rapido e, purtroppo, anche approssimativo;
  • eseguire un trattamento in tempi rapidi.

Ricostruzioni di I e II classe con sollecitazioni elevate         

Il cemento vetroionomerico può essere il materiale intermedio per ricostruzioni e il materiale di base per situazioni con sollecitazioni elevate in cavità di classe I e classe II con l’uso della tecnica di stratificazione a sandwich descritta da Mount et al.34.
Consiste nella combinazione di due materiali da restauro «con l’obiettivo di sfruttare al massimo le proprietà biologiche, fisiche ed estetiche di ciascuno e di realizzare una ricostruzione monolitica in virtù delle caratteristiche adesive dei materiali stessi». Questa tecnica viene applicata, soprattutto, nei casi in cui sono richieste sia un’estetica naturale sia una buona resistenza ai carichi. Uno strato di cemento vetroionomerico copre il pavimento della cavità, su questo primo strato viene posizionato il materiale da restauro definitivo (amalgama d’argento o composito): il composito crea un legame micromeccanico con il cemento vetroionomerico sottostante34; pertanto, prima di procedere con la stratificazione del composito, è necessario mordenzare sia lo smalto sia lo strato di cemento vetroionomerico con acido ortofosforico al 37%. Nella tecnica sandwich si distinguono una variante completa e una parziale: nella prima il cemento viene sommerso dal materiale da restauro; nella seconda, invece, la copertura non è omogenea.                    

Ricostruzioni di V classe e di superfici radicolari                  

I pazienti con retrazioni dei tessuti parodontali lamentano spesso un fastidioso aumento della sensibilità. Inoltre, con l’andare del tempo, sulle superfici radicolari erose o abrase tendono a svilupparsi lesioni cariose cervicali20.
Qualora all’esame obiettivo si riscontrino lesioni cariose «secche», ossia non più in fase attiva, è possibile procedere alla realizzazione di un’otturazione utilizzando un cemento vetroionomerico, anche con tecnica ART. Esso forma uno strato ben aderente alla superficie radicolare da trattare e si comporta come una barriera meccanica, impedendo l’accumulo di placca batterica. Inoltre, rilascia una quantità di fluoro nettamente superiore rispetto ai cementi vetroionomerici tradizionali.
La tecnica di esecuzione del restauro è assolutamente non invasiva, indolore e rapida, motivo per cui può essere adottata anche per la terapia di pazienti non collaboranti.
Date le caratteristiche meccaniche dei cementi vetroionomerici rivestiti da resine nanoriempite, la terapia delle V classi vede tali materiali come validi sostituti dei compositi e, vista l’adesione chimica che dimostrano, probabilmente sono anche superiori ai compositi stessi.               

Ricostruzione di monconi e sigillature                                 

Il CVI è indicato nella ricostruzione di monconi e nelle sigillature di solchi dentali, di fessurazioni e di solchi di sviluppo29.
Va ricordato che un cemento vetroionomerico non è indicato, invece, per l’incappucciamento pulpare diretto, per il quale è sempre preferibile un cemento all’idrossido di calcio o, ultimamente, anche cementi evoluti come i derivati dell’MTA®.
In conclusione, pur rimanendo i compositi i materiali da ricostruzione di riferimento, i moderni cementi vetroionomerici rappresentano una possibile alternativa ai classici materiali da ricostruzione, e possono acquistare un’importante collocazione nella pratica quotidiana.
Avendo superato i già noti problemi di resistenza, estetica limitata e possibilità di applicazione, per le loro proprietà chimiche e di antagonismo alla placca batterica, i CVI sono, in alcuni casi, da ritenersi equiparabili ai compositi nella risoluzione delle problematiche di salute orale dei pazienti.       

Corrispondenza
dottor Matteo Basso
Università degli Studi di Milano Dipartimento di Tecnologie per la Salute IRCCS Istituto Ortopedico R. Galeazzi Clinica Odontoiatrica Centro di Riabilitazione Orale Mininvasiva ed Estetica (CROME)
via Galeazzi 4, 20161 Milano
e-mail: matteo.basso@unimi.it
Website: www.odontoiatriagaleazzi.it

• Matteo Basso
• Joanna Nowakowska
• Cristiano Boggian
• Stefano Corbella
Università degli Studi di Milano, Dipartimento di Tecnologie per la Salute, IRCCS Istituto Ortopedico Galeazzi, Clinica Odontoiatrica,
Direttore: professor Roberto L. Weinstein
Centro di Riabilitazione Orale Mininvasiva
ed Estetica (CROME),
Responsabile: dottor Matteo Basso

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Valutazione clinica di un nuovo materiale per ricostruzioni dentali a lungo termine. Dati preliminari di uno studio prospettico - Ultima modifica: 2010-05-12T10:52:26+00:00 da Redazione

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