Riassunto
Scopo di questo lavoro è valutare se l’associazione di bracket self-ligating e archi rivestiti in teflon costituisce una possibilità nella riduzione della frizione.
Sono state eseguite delle prove frizionali in vitro con presenza di saliva artificiale a 34 °C con il dinamometro LR30K Plus. Sono stati testati tre bracket self-ligating: SmartClip™ (3M Unitek), Quick® (Forestadent), Opal® (Ultradent), abbinati a 12 tipi di archi ortodontici: archi in nichel-titanio e in acciaio inossidabile (SS), entrambi dei diametri 0.014”, 0.018” e 0.018” × 0.025”, e archi analoghi rivestiti in teflon. La situazione clinica generale che si è voluta simulare in vitro è quella dello scorrimento di un arco all’interno dei bracket presenti a livello di incisivo laterale, canino e primo premolare superiore destro.
Per ogni combinazione di bracket-arco-situazione clinica simulata sono state eseguite 10 prove e quindi ottenute 10 medie. Successivamente è stata calcolata la media e la deviazione standard delle 10 medie ottenute per ciascuna combinazione.
I risultati hanno evidenziato che tutti gli archi rivestiti in teflon determinano minor frizione rispetto a quelli convenzionali.
Gli archi teflonati possono essere considerati come una reale prospettiva nel raggiungimento delle basse frizioni, coniugando nel contempo estetica e funzione.
Summary
Using teflon in dentistry: a new possibility to reduce friction
The purpose of this study is to assess whether if the association between self-ligating brackets and teflon-coated archwires can effectively reduce friction.
In vitro frictional trials in 34 °C artificial saliva were performed with an LR30K Plus Dynamometer. Three self-ligating brackets: SmartClip™ (3M Unitek), Quick® (Forestadent), Opal® (Ultradent), coupled with 12 orthodontic archwires (0.014”, 0.018” and 0.018” × 0.025” teflon-coated and uncoated NiTi and Stainless Steel archwires) were tested.
The trials were intended for the simulation of the in vivo sliding of an archwire into the brackets placed over right maxillary lateral incisor, canine and first premolar. 10 trials were performed for every bracket – archwire – clinical simulation, thus 10 means were calculated. Afterwards, the mean and the standard deviation of the 10 means obtained was calculated.
The results show that teflon-coated archwires induce less friction than the uncoated ones. Teflon coating can therefore be considered a promising issue in reducing resistance to sliding in orthodontic archwires.
In ambito ortodontico la frizione tra bracket e archi è un tema estremamente attuale e diversi studi condotti recentemente si sono posti come obiettivo la ricerca di materiali innovativi e apparecchiature che sviluppino «basse frizioni». Questo importante obiettivo può essere raggiunto migliorando le caratteristiche del bracket (per esempio con apparecchiature self-ligating) o le proprietà del filo ortodontico, che costituisce il «motore» dell’apparecchiatura ortodontica fissa. Nel nostro lavoro, quindi, abbiamo pensato di studiare l’associazione di tre apparecchiature self-ligating con archi rivestiti in teflon, e valutare se tale metodica è efficace nella riduzione della frizione. Tutta la sperimentazione è stata condotta con l’utilizzo di saliva artificiale a 34 °C per rendere le condizioni sperimentali in vitro il più possibile conformi a quelle reali.
Materiali e metodi
In questa sperimentazione, sono stati testati 3 bracket self-ligating, 12 tipi di archi ortodontici e sono state simulate 8 situazioni cliniche.
I tre bracket self-ligating utilizzati sono stati: SmartClip™ (3M Unitek), Quick® (Forestadent) e Opal® (Ultradent) (figura 1).
I bracket SmartClip sono degli attacchi auto leganti passivi dotati di due coppie di clip in nitinol che assicurano l’arco nello slot senza interagire con esso. Lo slot è virtualmente chiuso; persiste solo una lieve beanza fra le punte della clip.
I bracket Quick sono i più piccoli attacchi self-ligating al mondo e sono caratterizzati da un corpo principale e una clip a scorrimento, che si muove impegnandosi in una fessura presente nel bracket. Sono attacchi definiti attivo-passivi in quanto la clip rimane passiva con archi leggeri, ma con l’aumentare delle dimensioni dell’arco diventa attiva, fornendo al clinico un controllo crescente sul movimento dentale.
I bracket Opal sono attacchi self-ligating passivi, lo sportellino di forma arrotondata fornisce un maggior comfort per i pazienti e previene la formazione di lesioni mucose solitamente causate dai bracket.
Tutti questi attacchi sono stati combinati con 12 tipi di archi ortodontici: archi in nichel-titanio e acciaio inossidabile (SS), entrambi dei diametri 0.014”, 0.018” e 0.018” × 0.025”: tutti questi archi sono stati testati anche con il rivestimento in teflon.
La situazione clinica generale che si è voluta simulare in vitro è quella dello scorrimento di un arco all’interno dei bracket presenti a livello di laterale, canino e primo premolare superiore destro.
Sono state realizzate 24 «piastrine» (8 per ciascun tipo di bracket) che fungevano da supporto metallico per assemblare i tre attacchi. Le piastrine sono dei manufatti in acciaio dello spessore di 1 cm su ciascuna delle quali sono stati incollati con composito ortodontico foto-polimerizzabile i tre bracket. La distanza tra i centri degli attacchi è stata sempre riprodotta pari a 8,5 mm, distanza media tra i FACC (assi vestibolari delle corone cliniche) degli elementi in esame, rilevata statisticamente sui modelli studio.
Ciascuna piastrina differiva dalle altre per i valori di slivellamento, in-out e torque del bracket a livello del canino (tabella 1).
Per posizionare i bracket in maniera univoca, precisa e assolutamente ripetibile sono state realizzate delle «mascherine guida» dalla ditta Fugi Srl (Segrate, Milano), specializzata nella realizzazione di manufatti a elevata precisione.
L’accuratezza delle mascherine raggiunge il centesimo di millimetro, con un margine di tolleranza pari a 2-3‰. Sono state costruite diverse mascherine per le varie situazioni cliniche simulate, ma anche per accogliere la diversa morfologia dei bracket testati.
Si posizionavano i tre bracket negli «inviti» presenti su ciascuna mascherina, si apponeva la mascherina su una piastrina con dei valli in composito preposizionati, si polimerizzava e si rimuoveva la mascherina. Questa procedura ha consentito di garantire la riproducibilità del posizionamento del bracket nelle tre dimensioni. Sull’arco si eseguiva un’ansa all’estremità mesiale, ove si faceva passare un filo di sutura 3/0 che veniva fissato alla cella di carico superiore. La piastrina e il filo venivano quindi rispettivamente fissati alla morsa inferiore del dinamometro (figura 2).
Gli esperimenti sono stati eseguiti alla temperatura di 34 °C in presenza di saliva artificiale; prima di avviare la prova, infatti, era necessario controllare che i tre bracket fossero totalmente immersi nella soluzione artificiale.
Ogni test consisteva in una trazione dell’arco per un’escursione di 10 mm, a una velocità costante di 10 mm/min (figura 3).
Tutti i test sono stati eseguiti con il dinamometro LR30K Plus della Lloyd Instruments (Fareham, UK), presente nei laboratori di ricerca della Clinica Odontoiatrica e Stomatologica dell’Università degli Studi di Milano. Associato al dinamometro è stato utilizzato il programma per l’analisi dei dati NEXYGEN Plus, che registrava momento per momento i valori della resistenza allo scorrimento presente tra arco e bracket.
L’utilizzo della camera termostata è stato fondamentale per riprodurre la temperatura della saliva artificiale a 34 °C.
Si è utilizzato il Termocriostato con circolazione esterna modello F25-ED, prodotto dalla Julabo. Il termostato è stato utilizzato in associazione a una vasca (contenente la saliva artificiale e le morse del dinamometro) con cui esisteva un ricircolo continuo per portare la temperatura della saliva a 34 °C.
Termostato e vasca sono uniti da due tubi di gomma (ognuno dal diametro di 8 mm) necessari per il ricircolo della saliva.
Risultati
Sono state eseguite più di 2000 prove. Per ciascuna prova, è stata calcolata la media degli ultimi 500 valori di frizione registrati, per eliminare in maniera standard i valori registrati durante la messa in tensione del filo. Per ogni combinazione che comprendeva bracket- arco-situazione clinica simulata sono state eseguite 10 prove, e quindi ottenute 10 medie. Successivamente è stata calcolata la media delle 10 medie ottenute per ciascuna combinazione e la deviazione standard.
Facendo riferimento alle situazioni cliniche in cui l’ortodontista si imbatte quotidianamente è stata fatta la scelta di testare i vari tipi di arco solo con determinate piastrine. Gli archi 0,014” e 0,018” sono stati testati con le piastrine dalla numero 3 alla 8; utilizzare piastrine di numero inferiore avrebbe portato livelli di frizione talmente bassi da risultare non statisticamente significativi. Gli archi 0,018” × 0,025” sono stati testati con le piastrine dalla 1 alla 5, quelle con maggior livellamento e in-out portavano a problemi nella chiusura delle clip e debondaggi dei bracket dalla base di composito. In sintesi i valori di frizione aumentavano con lla crescita del diametro dell’arco, gli archi in NiTi hanno mostrato minor attrito rispetto a quelli in acciaio. Nel confronto tra bracket minor frizione è stata mostrata dai Quick seguiti da Opal e SmartClip. Le situazioni cliniche simulate in vitro hanno ovviamente influito sui valori frizionali: l’aumento di slivellamento e in-out aumenta la frizione, la crescita del torque invece aumenta la frizione per archi rettangolari, ma resta invariata per archi rotondi. In tutti i confronti eseguiti gli archi teflonati hanno generato dei livelli di frizione nettamente inferiori rispetto ai corrispettivi archi non teflonati (figura 4).
In presenza di archi a pieno spessore e condizioni di slivellamento, in-out e torque severe, il contatto che si crea tra l’arco e gli spigoli del bracket fa in modo che gli archi teflonati subiscano delle «intaccature», cioè delle zone in cui viene perso il rivestimento (figura 5).
Si ricorda comunque che queste intaccature diventano evidenti solo dopo numerose prove e comunque non alterano i valori di frizione registrati.
Nelle meccaniche di scivolamento, quando si applica una forza per ottenere un movimento ortodontico, si ha la comparsa di attrito fra bracket e arco.
Una parte della forza applicata per lo spostamento dell’elemento dentale è dissipata dall’attrito, mentre quella restante viene trasmessa alle strutture di supporto del dente così da realizzarne il movimento; sembra che la dissipazione della forza ortodontica in conseguenza delle forze frizionali nelle meccaniche di scivolamento sia fino al 50% (Kusy and Whitley, 1997)1.
D’altronde l’utilizzo di forze leggere e continue, perché più efficienti dal punto di vista biologico, consente un maggior rispetto delle strutture parodontali e controllo dell’ancoraggio; inoltre, causano rimodellamento dell’osso alveolare con riassorbimento frontale diretto.
Al contrario l’applicazioni di forze pesanti, necessarie a superare e vincere l’attrito, può portare a un riassorbimento sottominante dell’osso alveolare con necrosi sterile (Moyers and Bauer, 1950)2, dovuta all’occlusione totale dei vasi sanguigni del legamento parodontale, alla perdita dell’ancoraggio e all’interruzione del movimento dentale (Quinn and Yoshikawa, 1985)3.
La riduzione della frizione permette l’applicazione di forze più leggere: in tal modo la forza viene trasmessa completamente all’elemento dentale senza essere dissipata per vincere l’attrito. La letteratura è uniforme nel concordare che le apparecchiature self-ligating generano livelli di frizione inferiori rispetto ai bracket convenzionali 4-12.
Gli attacchi autoleganti sono definiti low-friction in quanto l’arco non essendo costretto da legature è in grado di scorrere liberamente.
Un’altra possibilità per raggiungere le basse frizioni è quella di migliorare le caratteristiche di superficie degli archi utilizzati. Il teflon, o PoliTetraFluoroEtilene, è un materiale antiaderente/antiattrito e di colore bianco lattescente, capace quindi di coniugare, dal punto di vista ortodontico, estetica e funzione (tabella 2).
In letteratura troviamo pochi studi sull’utilizzo di archi teflonati, ma confermano le proprietà antiattrito del materiale. Fin dal 1988 Farronato et al.13 hanno parlato della possibilità di rivestire in teflon gli archi ortodontici.
Husmann et al. (2002)14 hanno eseguito test frizionali con archi teflonati mostrando che il rivestimento in teflon riduce notevolmente l’attrito rispetto a un filo convenzionale.
Il rivestimento in teflon viene anche utilizzato nelle legature metalliche. De Franco et al. (1995)15 hanno confrontato la frizione statica tra legature in acciaio inox rivestite in teflon e legature elastomeriche usando varie combinazioni di archi e bracket; per tutte le combinazioni le legature rivestite in teflon hanno portato frizioni inferiori.
Edwards et al. (1995)16 e Bortoly et al. (2008)17 confermano le ottime proprietà estetiche e afrizionali del teflon nel suo utilizzo come rivestimento di legature metalliche.
Nella presente sperimentazione, tutti i confronti eseguiti mostrano valori frizionali inferiori per gli archi teflonati rispetto i corrispettivi non teflonati.
I migliori risultati sono stati ottenuti con l’associazione dei bracket Quick agli archi con rivestimento in teflon. Nella pratica clinica possiamo così avere l’unione di estetica, per il colore bianco lattescente del teflon, e basse frizioni.
Conclusioni
Secondo lo studio che abbiamo condotto gli archi teflonati vanno considerati come una reale prospettiva nel raggiungimento delle basse frizioni, capaci di coniugare, dal punto di vista ortodontico, estetica e funzione. I bracket con forze frizionali minori nei test eseguiti sono risultati i bracket Quick.
Corrispondenza
Giampietro Farronato
Università di Milano,
via Commenda 10 – 20100 Milano
Tel. +39 0250320240
Fax +39 0250320239
giampietro.farronato@unimi.it
• Daniela Zanoni1
• Giorgio Cacciatore2
• Dario Alberzoni2
• Luca Esposito3
• Giampietro Farronato4
1 DDS Odontoiatra frequentatore
2 DDS Odontoiatra specializzando in Ortognatodonzia
3 MD, DDS Dirigente medico di I livello
4 MD, DDS Direttore della scuola di specializzazione in Ortognatodonzia
Università degli Studi di Milano Scuola di Specializzazione in Ortognatodonzia Direttore: Prof. G. Farronato
Clinica Odontoiatrica Fondazione IRCSS Cà Granda Direttore: Prof. Franco Santoro
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