Un’attività incentrata sul paziente

Alberto Fonzar

È questa l’odontoiatria per Alberto Fonzar, friulano, classe 1959, presidente della Società Italiana di Parodontologia. Come si caratterizza nel nord-est del nostro Paese, com’è cambiata in questi anni e di cosa necessita nel prossimo futuro questa professione che oggi richiede specializzazioni settoriali, ma anche
una buona visione d’insieme.

Alberto Fonzar, nato a Gorizia nel 1959, medico chirurgo specializzato in Odontoiatria e Protesi dentaria, la professione che oggi esercita a Campoformido (UD) insieme a Federica, una delle sue due sorelle, ha iniziato a conoscerla sin da bambino, racconta, grazie all’entusiasmo e all’amore che il padre, noto odontoiatra italiano, sapeva trasmettere anche in famiglia. A dire il vero, durante gli studi universitari Alberto si appassiona anche di altre branche della medicina, maturando solo nel tempo la scelta di abbracciare in modo definitivo l’odontoiatria, una disciplina, afferma, che è cambiata molto in questi ultimi due decenni e non solo sotto il profilo tecnico-scientifico. Dal 1 gennaio 2012 Alberto Fonzar ha assunto la carica di presidente della SIdP, la Società Italiana di Parodontologia, di cui è stato anche segretario e tesoriere. Il mese scorso la società scientifica presieduta da Fonzar si è data appuntamento a Bologna per il congresso annuale, il XVII, quest’anno intitolato “La parodontologia e l’implantologia nella società che cambia: l’eccellenza clinica sostenibile”, un’occasione per riflettere anche sul futuro della professione odontoiatrica.

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Dottor Fonzar, il cambiamento della società in cui viviamo ma anche dell’odontoiatria, nonché la ricerca di un nuovo punto di equilibrio tra eccellenza clinica e sostenibilità economica delle cure, sono temi di grande attualità….

Non c’è dubbio. Partiamo dall’odontoiatria. È cambiata così tanto in questi ultimi decenni che qualche riflessione l’abbiamo fatta tutti, almeno credo. Molti anni fa era un settore della medicina frequentato, come si diceva, in alcuni casi anche a ragione, da medici falliti, da chi non aveva voglia di impegnarsi in altri ambiti ed era attratto dalla possibilità di guadagnare più che in altre professioni, visto anche l’esiguo numero di professionisti presenti allora sulla piazza. Oggi il panorama è diverso. Nella scelta di intraprendere questa strada conta più la passione che non l’aspetto economico. Il numero dei professionisti è aumentato in maniera spropositata e quindi la competizione, considerando anche fattori relativamente recenti, quali la presenza di centri low-cost sempre più numerosi. Un aspetto importante riguarda il livello medio di competenza degli odontoiatri, cresciuto molto rispetto a 25-30 anni fa.

Il nord-est ha conosciuto la concorrenza low-cost in tempi remoti: come ne è uscita l’odontoiatria, rafforzata?

Sì, in effetti abbiamo dovuto combattere con la concorrenza di chi, in Slovenia e Croazia, a pochi chilometri di distanza, offre da sempre prestazioni a prezzi più bassi, sebbene quest’area del nostro Paese, almeno sino a oggi, ha potuto contare anche su una grande espansione economica e dunque su una maggiore disponibilità da parte delle famiglie. In Friuli la qualità dei dentisti è molto alta e probabilmente questo è anche il risultato della competizione a cui siamo stati chiamati. D’altronde oggi abbiamo di fronte due strade potenziali da percorrere: una è la ricerca infinita del costo più basso possibile, l’altra, che personalmente considero a lungo andare vincente, quella della qualità, inserita ovviamente nel rapporto qualità/prezzo.

La sfida è trovare un nuovo punto di equilibrio?

Sì, tuttavia dobbiamo tener presente che la medicina in senso lato è un processo dispendioso, perché, se attuato ad alti livelli, richiede notevole specializzazione di tutte le persone che vi concorrono, dei giusti tempi di trattamento, ma anche di attrezzature costose ad alta obsolescenza che dunque devono essere sostituite abbastanza frequentemente. Per questo, se vogliamo mantenere un’alta qualità nella nostra professione, non possiamo scendere sotto certi livelli. Se lo facessimo, chi ci rimetterebbe sarebbe sicuramente il paziente, così come è accaduto in tutti i Paesi in cui sono state applicate regole, per così dire, di “socializzazione” dell’odontoiatria.

Temi di cui ha discusso la SIdP nel corso dell’ultimo congresso nazionale…

Lo abbiamo intitolato “La parodontologia e l’implantologia nella società che cambia: l’eccellenza clinica sostenibile”, proprio per porre l’accento su quanto il nostro piano di trattamento e tutte le nostre azioni debbano essere correlate al paziente: è importante ascoltare le sue esigenze, le sue paure, le sue ansie, la sua disponibilità economica, solo così possiamo offrirgli il migliore prodotto possibile. Il paziente torna finalmente al centro dell’azione, diventa protagonista del nostro piano di trattamento.

Insieme alla parodontologia…

In effetti, qualunque cosa facciamo nella bocca dei nostri pazienti, che si pratichi un’otturazione, un atto protesico, che si spostino i denti attraverso un trattamento ortodontico, che si tolga un dente e si posizioni un impianto, questa ha un’influenza importante sul parodonto. Non per niente da molti anni a questa parte questa scienza si è integrata anche con l’implantologia. La SIdP nel corso degli anni ha realizzato diversi progetti per far conoscere meglio questa branca ai professionisti: il livello di conoscenza è cresciuto, anche se, tutt’oggi, c’è ancora un ampio numero di persone in Italia che fa implantologia senza avere conoscenze adeguate di parodontologia, e questo l’abbiamo rilevato anche attraverso questionari somministrati ai congressisti o ai corsisti; nello stesso tempo, però, è emerso anche un forte desiderio di imparare la materia.

Un dato incoraggiante, se si tiene conto delle problematiche che l’implantologia genererà in futuro.

Se ragioniamo sulla distribuzione dei problemi attorno agli impianti, che fino a pochi anni fa si negavano e che invece oggi emergono in tutta la loro prepotenza, come nel caso delle perimplantiti, ad esempio, è fuor di dubbio che in futuro si parlerà molto di parodontologia.

Quali tematiche affronterà la SIdP nel corso della sua presidenza?

Il programma per il biennio 2012-2013 è quasi tutto incentrato sul paziente. Quest’anno proponiamo corsi focalizzati su come trattare nel modo migliore possibile il paziente che pone al dentista vincoli di tempo, d’invasività e naturalmente anche economici. Nel 2013, invece, prenderemo in considerazione il paziente che vuole l’eccellenza a qualunque costo, oltre a organizzare un congresso internazionale in cui faremo il punto della situazione: si parlerà dell’aggiornamento sulle nuove procedure, delle tecniche in parodontologia e implantologia, dei nuovi strumenti a disposizione, dell’attuale applicazione clinica concreta e dei reali benefici per i pazienti.

Conoscere bene la parodontologia sarà un’esigenza sempre più sentita?

Se consideriamo la correlazione tra malattie parodontali e patologie sistemiche, come ad esempio quelle di natura cardiovascolare, non c’è dubbio. Fare una diagnosi corretta, intercettare i problemi allo stato nascente non porta benefici solo alla bocca del  paziente, ma anche alla sua intera salute. Per questo credo che la conoscenza della parodontologia debba essere trasferita dall’odontoiatria alle altre branche della medicina.

Quindi sarebbe auspicabile un maggiore dialogo anche tra l’odontoiatra e il medico di famiglia, ad esempio?

Certo, perché i medici di base non sempre hanno una buona conoscenza di questa materia, a volte è un po’ approssimativa. D’altronde, lo sappiamo, purtroppo non c’è un’educazione alla salute della bocca nelle altre branche della medicina. Sviluppare maggior collaborazione con le altre figure professionali del settore medico porterebbe vantaggi su tutti i fronti, con probabili benefici anche di tipo economico.

Anche grazie agli igienisti dentali?

Ovviamente, la figura dell’igienista dentale è assolutamente indispensabile. Le sue competenze sono diverse da quelle dell’odontoiatra: crea i presupposti perché le nostre terapie funzionino e perché si mantengano nel tempo. L’igienista dentale è una figura necessaria nel team odontoiatrico, a meno che non pensiamo di voler fare tutto noi: un fatto concettualmente possibile, ma praticamente poco probabile.

Come sarà dunque l’odontoiatria di domani?

Sarà una professione ad alto contenuto tecnico-scientifico e specialistico, ma allo stesso tempo orientata a rispondere anche a una visione d’insieme. Per questo i professionisti, anche laddove lavoreranno in gruppo, in equipe plurispecialistiche, non potranno non sapere come stilare un piano di trattamento che oltre agli aspetti clinici deve tener conto anche di quelli economici. Per questo la figura dello specialista, così come l’abbiamo conosciuta  in questi anni, a mio avviso, tenderà a scomparire.
È in atto un’inversione di tendenza: dall’iperspecialità stiamo tornando a una visione più globale dell’odontoiatria, una soluzione dettata da motivi economici e di mercato, ma anche da ragioni legate alla natura stessa della nostra professione che non può prescindere dal considerare il paziente un’unità indissolubile.

Un’attività incentrata sul paziente - Ultima modifica: 2012-04-24T11:59:42+00:00 da Redazione

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