Negli anni sono state proposte moltissime variazioni del design implantare, sempre allo scopo di ottimizzare il processo di osteointegrazione.
Una fixture implantare a forma conica assicura una stabilità superiore perché esercita una pressione sull'osso corticale nel sito di installazione dell'impianto.
All’opposto, si considerino invece, gli impianti self-tapping, cioè “autofilettanti”, il cui razionale si basa sull’elevata area di contatto tra la superficie del corpo implantare e il tessuto osseo. Questo si tradurrebbe, secondo quanto attestato dagli studi clinici, nell’acquisizione di una stabilità implantare ottimale. Per quanto riguarda i tassi di successo, la letteratura reputa gli impianti autofilettanti predicibili tanto quanto quelli del gruppo opposto, ovvero gli impianti nonself-tapping.
Gli impianti self-tapping mostrano valori di torque di inserimento inferiori rispetto agli impianti non self-tapping. Attualmente, nella clinica, sono ampiamente utilizzati sia gli impianti non self-tapping a design conico sia quelli self-tapping di forma ibrida, cioè dotati di parte cervicale cilindrica e parte apicale conica.
Stabilità primaria e secondaria di due impianti a confronto
Recentemente, uno studio, condotto da un gruppo di lavoro nipponico e pubblicato su Clinical Implant Dentistry and Related Research, si è proposto di confrontare queste due tipologie di impianti in condizioni cliniche, valutando sia la stabilità primaria che quella secondaria, oltre all’andamento del livello della mucosa.
Il lavoro è stato impostato secondo un modello prospettico e ha coinvolto un campione di 43 soggetti adulti (32 femmine e 11 maschi, età media complessiva 58.6 ± 12.5 anni) che, presso la medesima struttura, hanno ricevuto un totale di 88 impianti tra Ottobre 2015 e aprile 2018.
I pazienti sono stati randomicamente assegnati a trattamento con impianti self-tapping di forma ibrida oppure con impianti conici non self-tapping: per i due gruppi sono state scelte due tipologie di impianti appartenenti alla medesima casa, una delle aziende leader del settore.
La stabilità implantare, misurata tramite analisi della frequenza di risonanza, all’atto della chirurgia è risultata significativamente maggiore nel gruppo di impianti non self-tapping (ISQ di 60.14 ± 12.40 contro 54.72 ± 7.92 degli impianti self-tapping). La successiva rilevazione evidenzia come gli impianti self-tapping abbiano poi “recuperato” nel corso dei 3 mesi di osteointegrazione. Il valore di ISQ di questi è infatti andato incontro a un incremento significativo, attestandosi allo score medio di 64.01 ± 5.78. Questo dato, pur risultando ancora inferiore a quello ottenuto nell’altro gruppo (66.61 ± 9.00), non lo è in maniera statisticamente significativa.
In conclusione, il trial clinico randomizzato considerato, limitato principalmente dalle lievi differenze a livello di fornisce un’indicazione utile a proposito del comportamento clinico degli impianti self-tapping e non self-tapping. I primi presentano una minore stabilità primaria conseguente al torque di inserimento inferiore. Il processo di osteointegrazione, dal quale dipende il successo del trattamento definitivo, risulta comunque tanto efficiente quanto quello degli impianti conici.
Riferimenti bibliografici