Rugosità di superficie di compositi microibridi e nanoibridi dopo lucidatura: analisi con microscopia a forza atomica

Riassunto
Questo studio valuta gli effetti di tre differenti sistemi di lucidatura, attualmente in commercio (PoGopolishers, Enhance e VenusSupra), su sei differenti tipi di composito (GradiaDirect, Venus, VenusDiamond, Enamel Plus HFO, TetricEvoceram, Filtek Supreme XT). L’effetto della lucidatura, in termini di rugosità di superficie, è stato valutato mediante microscopia a forza atomica (AFM). Per ciascun composito, sono stati preparati 18 campioni (10 mm2, spessore=1,5 mm), realizzati compattando la resina composita contro una matrice di polietilene con un condensatore da amalgama. Ciascun gruppo di campioni è stato ulteriormente ripartito in 4 sottogruppi, sulla base del metodo di lucidatura utilizzato, mentre un gruppo di campioni non trattati è stato utilizzato come controllo best-case. L’area di spazzata delle immagini AFM era di 50×50 µm. I risultati sono stati analizzati mediante ANOVA. Nel complesso, i differenti compositi hanno mostrato una differente rugosità in relazione al sistema di lucidatura utilizzato. In particolare, il sistema Venus Supra è stato associato a un minor danno superficiale, anche se saranno necessari ulteriori studi per confermare queste osservazioni preliminari.

Summary
Surface roughness of commercial composites after different polishing protocols: analysis with atomic force microscopy
This study evaluates the effect of three different polishing systems (PoGo polishers, Enhance and Venus Supra) on six direct resin composites (Gradia Direct, Venus, Venus Diamond, Enamel Plus HFO, Tetric Evoceram, Filtek Supreme XT). The polishing effect was evaluated in terms of smoother surface roughness, as measured with atomic force microscopy (AFM).
For each composite, eighteen square specimens (10 mm2, thickness = 1.5 mm) were prepared packing each uncured composite into a polytetrafluoroethylene square mold with an amalgam condenser. Each group of specimens was divided into four subgroups according to the polishing system: diamond-impregnated resin disc (PoGo polishers), polished with aluminium oxide impregnated resin cups (Enhance), polished with silicone-impregnated polishing points (Venus Supra). An unpolished resin polymerized on a glass surface was used as a best-case control. Surface roughness was determined with AFM by measuring root mean square (RMS) of average height in two dimensional ranges (50×50 µm2). Results were analyzed by Anova test. A p-value < 0.05 was considered significant. As measured with AFM, the different composite resins display variable roughness depending on the polishing system used. Overall, these preliminary results might suggest that Venus Supra polishing system could determine a smoother composite surface if compared to the other polishing systems tested. 

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Le procedure di rifinitura e lucidatura rappresentano fasi cliniche di fondamentale importanza nella realizzazione di un restauro diretto, concorrendo a migliorarne longevità e aspetto estetico. La rugosità di superficie che residua da una lucidatura non appropriata, può esitare in un’eccessiva adesione di placca con conseguente irritazione dei tessuti gengivali, oltre che in un’accresciuta suscettibilità del restauro alla pigmentazione superficiale e alla progressiva alterazione cromatica1,2.
Una superficie non perfettamente levigata può condizionare, inoltre, la resistenza all’abrasione e l’integrità marginale dei restauri diretti, soprattutto nei settori latero-posteriori3.

A oggi, è possibile avvalersi di un’ampia varietà di protocolli di lucidatura, dai sistemi multiple-step che richiedono l’impiego di una successione ordinata di strumenti, come i dischetti abrasivi a granulometria decrescente, fino a sistemi one-step basati sul ricorso a un unico mezzo, come gli spazzolini al carburo di silicio o le coppette e le punte impregnate di polvere diamantata. Gli ultimi sembrerebbero mostrare un’efficacia superiore a quella dei sistemi che prevedono l’applicazione di molteplici passaggi4,5 e, come tali, potrebbero rappresentare una soluzione vantaggiosa nella pratica clinica, nell’ottica della riduzione delle fasi e della durata dell’intervento compatibilmente con il conseguimento di un risultato ottimale. Tuttavia, la stabilità cromatica, la resistenza all’usura e la levigatezza di restauri diretti realizzati in resina composita possono dipendere, oltre che dalla metodica di lucidatura adottata, dalle proprietà intrinseche del materiale impiegato. Le resine composite sono materiali eterogenei costituiti da un riempitivo inorganico disperso in una matrice resinosa. Tali componenti presentano un differente livello di durezza, da cui deriva un grado di abrasione non uniforme in seguito alla strumentazione della superficie del restauro6. Questo fenomeno determina la grande variabilità di risultati che si osserva con l’utilizzo di materiali compositi che presentano un differente rapporto matrice/riempitivo, seppure con il ricorso al medesimo protocollo di lucidatura. Nei compositi a grandi particelle, il distacco del macroriempitivo provoca una maggiore porosità del restauro, oltre a esporre una quantità di matrice maggiore, tale da renderne la superficie ulteriormente suscettibile all’usura. Una granulometria inferiore del riempitivo favorisce la lucidabilità del restauro a danno, tuttavia, delle prestazioni meccaniche del materiale, poiché al ridursi della granulometria diminuisce la possibilità di caricamento della matrice. L’evoluzione dei materiali ha reso disponibili i compositi microibridi, riempiti con particelle di diversa grandezza, comprese in un range medio inferiore al micrometro, in modo da ottenere il massimo volume di riempitivo pur consentendo la minore granulometria possibile. Questa formulazione di materiali compositi è in grado di offrire caratteristiche meccaniche superiori, in virtù del maggiore volume percentuale di riempitivo, e una lucidabilità sensibilmente più elevata, dovuta alla dimensione inferiore delle particelle7.

Nell’ultimo decennio, il grande entusiasmo suscitato dall’applicazione delle nanotecnologie in ambito biomedico ha condotto alla sintesi di nuovi materiali anche nel campo dell’odontoiatria conservativa. Questo rinnovato interesse si è tradotto nella formulazione di materiali compositi nanoibridi, le cui particelle di riempitivo sono comprese in un range di 5-10 nm.  È pensabile che la nuova granulometria del riempitivo possa apportare ulteriori migliorie nelle prestazioni meccaniche delle resine composite. Tuttavia, le evidenze sperimentali a suffragio delle presunte performance cliniche dei materiali nanoibridi sono ancora piuttosto scarse8. In letteratura, sono stati descritti diversi approcci per la misurazione della rugosità di superficie, sia di tipo qualitativo, come la microscopia ottica o la microscopia elettronica a scansione, sia quantitativo, come la profilometria.

Attualmente, la microscopia a forza atomica (atomic force microscopy, AFM) trova largo impiego in odontoiatria per quello che concerne lo studio delle caratteristiche dei materiali9-11. La AFM permette di ottenere immagini tridimensionali di campioni di materiali a una risoluzione dell’ordine del nanometro, non necessita di lavorare in ambiente sotto-vuoto e non richiede alcuna preparazione del substrato da analizzare12.
È da sottolineare, infine, come la AFM sia stata recentemente identificata come la tecnica più affidabile per descrivere la qualità superficiale delle resine composite9.

Sulla scorta di tali premesse, scopo del presente studio è stato quello di valutare, con l’ausilio della microscopia a forza atomica, la rugosità di superficie di differenti resine composite prima e dopo lucidatura, oltre che di confrontare l’efficacia di diversi sistemi di lucidatura disponibili in commercio.                       

Materiali e metodi                    

Le resine composite utilizzate (n = 6), così come i sistemi di lucidatura applicati (n = 3) sono descritti rispettivamente nelle tabelle 1 e 2. Sono stati allestiti sei gruppi, uno per ciascun materiale analizzato, ognuno dei quali costituito da quattro campioni. Tre di questi venivano sottoposti a lucidatura, ognuno con metodi differenti, mentre l’ultimo campione, intatto, fungeva da controllo. I campioni, tutti della medesima forma quadrangolare, misuravano 10 mm di lato e 1,5 mm in spessore, e sono stati realizzati compattando la resina composita contro una matrice di polietilene con un condensatore da amalgama.  La superficie libera è stata coperta con una striscia di cellulosa trasparente e compressa con un vetrino copri-oggetto per rimuovere l’eccesso di materiale. I campioni sono stati polimerizzati per 40 s con una lampada fotopolimerizzatrice. Una volta rimosso il campione dalla matrice, il medesimo operatore ha condotto la fase di lucidatura applicando i diversi dispositivi montati su manipolo contrangolo a bassa velocità (6.000 rpm) per un intervallo di tempo complessivo di 15 s. I campioni ottenuti sono stati immersi in alcol per 24 h al fine di rimuovere i detriti prodotti dal procedimento di lucidatura e conservati in acqua distillata a 37 °C per 7 giorni al riparo da sorgenti luminose. Successivamente, sono stati estratti, asciugati con getto d’aria per 30 s e analizzati con un microscopio a forza atomica per studiarne la rugosità di superficie.  La AFM è una metodica basata sull’interazione di una sonda (tip) con gli atomi del substrato da analizzare.

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La forza di interazione della punta con la superficie del campione viene registrata misurando la deflessione di un raggio laser che viene fatto riflettere contro la leva (detta cantilever) che sostiene la sonda esaminatrice. Sono state acquisite immagini appartenenti a un unico range dimensionale (50 x 50 μm), e sono state collezionate cinque immagini che riproducessero sia la parte centrale sia i vertici del campione.  È stato impiegato un dispositivo artigianale (Elbatech srl, Marciana, LI) nella modalità «non-contact»: con questa tecnica la sonda esploratrice viene portata a brevissima distanza dal substrato in esame e le deflessioni subite dal cantilever tradotte nei dettagli di un’immagine topografica che riproduce la texture di superficie del campione. La raccolta, la processazione e la successiva analisi dei dati sono state realizzate con i software SPMagic e WSxM (scaricabili gratuitamente dal sito http://www.nanotec.es). Con l’utilizzo della funzione dedicata del software WSxM è stato possibile ottenere un’analisi della rugosità per ogni immagine. Questa funzione permette di ottenere un grafico in cui in ascissa (asse x) è distribuita l’altezza dei picchi e in ordinata (asse y) il numero di punti che raggiungono quel valore. Assumendo come 0 il valore più basso registrato è stata calcolata la media quadratica delle diverse altezze (RMS). L’analisi della varianza (Anova) e il test di Tukey per i confronti multipli sono stati impiegati per comparare i valori di RMS, assunto come indice di rugosità superficiale. Il livello di significatività statistica è stato posto a p < 0,05. Per l’analisi statistica dei dati è stato utilizzato il software SPSS (SPSS 14, SPSS Inc, Chicago, IL).

Risultati                   

I valori medi di rugosità di superficie per ciascuno dei materiali analizzati in relazione al protocollo di lucidatura applicato sono presentati in tabella 3.
Gradia Direct raggiungeva livelli di rugosità di superficie significativamente superiori rispetto al controllo con l’impiego di tutti i sistemi di lucidatura. In particolare, il sistema Enhance sembrava restituire valori di rugosità significativamente più elevati rispetto Venus Supra e PoGo, tra cui non si registravano differenze statisticamente significative.

1. Differente effetto di lucidatura con il protocollo PoGo polisher e con il protocollo Enhance, rispetto al controllo non trattato, su un composto Venus Diamond.
1. Differente effetto di lucidatura con il protocollo PoGo polisher e con il protocollo Enhance, rispetto al controllo non trattato, su un composto Venus Diamond.

Per il composito Venus, i valori di rugosità di superficie raggiunti dopo applicazione di PoGo, Venus Supra ed Enhance risultavano significativamente superiori rispetto al campione intatto. Con i sistemi PoGo e Venus Supra si ottenevano valori di rugosità statisticamente superiori rispetto a Enhance, mentre non si registravano differenze significative tra i primi.  Venus Diamond presentava una rugosità statisticamente superiore rispetto al controllo solo con l’impiego del sistema PoGo, il quale forniva valori statisticamente più elevati sia di Venus Supra che di Enhance (figura 1). Questi ultimi non presentavano differenze significative tra loro né rispetto al campione intatto.

Per Enamel Plus HFO, si registrano differenze statisticamente significative rispetto al controllo solo dopo applicazione del sistema Venus Supra, che offriva a sua volta valori di rugosità di superficie significativamente superiori rispetto a entrambi gli altri sistemi. Non si registravano differenze significative tra PoGo ed Enhance.
Su Tetric EvoCeram il sistema PoGo offriva valori di rugosità di superficie statisticamente superiori rispetto al campione intatto e a gli altri sistemi impiegati. Non presentavano differenze significative i valori medi di rugosità di superficie ottenuti con Enhance e Venus Supra.

Infine, Filtek Supreme XT restituiva valori di rugosità di superficie più elevati rispetto al controllo con PoGo ed Enhance, ma non con l’impiego di Venus Supra. Il sistema PoGo forniva una rugosità superficiale statisticamente superiore rispetto anche a Venus Supra ed Enhance, tra cui non si registravano differenze statisticamente significative.         

Discussioni e conclusioni                     

La fase di lucidatura assolve un’importanza critica nella realizzazione del restauro poiché condiziona sensibilmente l’integrità marginale dello stesso, l’usura della superficie occlusale e la salute dei tessuti parodontali1-3.

Nel presente studio è stata misurata la rugosità di superficie di diversi campioni di resina composita prima che fossero sottoposti a lucidatura. Ciò ha permesso di osservare che la superficie del campione intatto presenta una maggiore levigatezza rispetto a quanto si registra dopo lucidatura. Tuttavia, spesso si rende necessario rifinire con strumenti rotanti la superficie del restauro, al fine di rimuovere il materiale in eccesso e ridurre eventuali contatti prematuri. Questi procedimenti riducono la levigatezza del restauro e rendono necessaria la fase di lucidatura12.  Dai valori ottenuti dopo l’applicazione delle procedure testate si evince che i differenti materiali presentano un comportamento non uniforme.
Per Gradia Direct, la superficie più levigata si ottiene con l’impiego del sistema Venus Supra seguito dal sistema PoGo, mentre Enhance sembrava offrire risultati peggiori.

Al contrario, il composito Venus offre performance migliori, in termini di lucidabilità, con l’impiego del sistema Enhance, mentre i sistemi PoGo e Venus Supra non permetterebbero di ottenere risultati sovrapponibili.  Venus Diamond fornisce risultati ottimali con l’applicazione di Venus Supra seguito da Enhance, mentre il sistema PoGo non permetterebbe di ottenere risultati analoghi. L’utilizzo di Enamel Plus HFO associato a lucidatura con Venus Supra non garantirebbe risultati paragonabili a quelli osservati con l’impiego di PoGo e di Enhance.

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Al contrario, l’applicazione del sistema PoGo su Tetric EvoCeram forniva risultati peggiori rispetto a Enhance e Venus Supra. Analogamente, il sistema PoGo sembrerebbe essere meno efficace anche su Filtek Supreme XT, che offrirebbe performance ottimali in associazione all’impiego di Venus Supra. È pensabile che tali differenze siano da attribuire alle proprietà intrinseche della resina composita, (come la tipologia di riempitivo, la dimensione delle particelle e la loro quantità relativa, oltre che il tipo di matrice resinosa). Anche le caratteristiche del dispositivo impiegato per la lucidatura possono determinare gli effetti osservati (dalla geometria dello strumento alla durezza dell’abrasivo)13

Venus Diamond mostrava i valori più elevati di rugosità superficiale, specie in associazione a un sistema di lucidatura one-step.  Ciò potrebbe essere dovuto alla qualità del riempitivo di questo composito nanoibrido piuttosto che alla dimensione delle particelle. La granulometria del riempitivo risulta, infatti, inferiore agli altri materiali testati appartenenti alla categoria dei nanoibridi e non sembrerebbe, pertanto, influenzare i risultati ottenuti. Tuttavia, l’impiego dei sistemi multiple-step permetteva di ottenere la superficie più levigata, paragonabile a quella del controllo intatto, probabilmente per la capacità di tali sistemi di abradere efficacemente sia la matrice disperdente sia le particelle di riempitivo.  Anche le altre resine composite, appartenenti alla medesima categoria, hanno fatto registrare risultati migliori in associazione ai sistemi multiple-step, mentre l’applicazione del sistema PoGo ha fornito valori di rugosità di superficie sorprendentemente elevati.  Più in generale, i valori di rugosità superficiale riportati nel presente lavoro risultano essere superiori rispetto a quanto riportato in letteratura. Diversi studi hanno, infatti, dimostrato che un valore di rugosità superficiale pari a circa 0,17-0,2 μm rappresenta una soglia critica per la ritenzione della placca batterica14,15 e che una rugosità superiore a 0,3 μm può essere percepita direttamente dal paziente16. Tuttavia, gran parte degli studi compiuti sull’analisi delle caratteristiche di superficie delle resine composite sono stati realizzati con l’impiego di altri dispositivi (in particolare la microscopia elettronica a scansione per quello che concerne l’approccio qualitativo e la profilometria per quanto riguarda l’aspetto quantitativo); pertanto, non è possibile confrontare i risultati ottenuti a mezzo della microscopia a forza atomica con i dati riportati in letteratura. 

Corrispondenza
Giacomo Derchi
gnolo78@gmail.com

• Giacomo Derchi 1,3
• Bruno Orlando1,3
• Giacomo Chiappe3
• Angelo Rossi4
• Luca Giacomelli1
• Antonio Barone1
• Ugo Covani1,2

1 Istituto Stomatologico Tirreno, Ospedale Unico Versilia,
Lido di Camaiore (LU)
2 Cattedra di Protesi dentaria, Università degli Studi di Pisa, Pisa (PI)
3Dottorandi di ricerca CIRSDNNOB, Università di Genova (GE)
4 Odontotecnico in Capannori (LU)

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Rugosità di superficie di compositi microibridi e nanoibridi dopo lucidatura: analisi con microscopia a forza atomica - Ultima modifica: 2010-06-13T12:21:24+00:00 da Redazione

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