Riabilitazione implantare dopo exeresi di cancro orale in pazienti radiotrattati: follow-up a 5 anni

1. OPT preoperatoria.

Riassunto

Obiettivo. L’obiettivo primario del nostro studio è quello di valutare, con un follow-up a 5 anni, il successo e la sopravvivenza degli impianti inseriti nei pazienti radiotrattati per tumore del distretto testa-collo fornendo delle linee-guida nell’attività clinica di programmazione chirurgico-implantare

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Materiale e metodi. Sono stati selezionati 10 pazienti a cui era stato diagnosticato un tumore del distretto testa-collo e che si sono sottoposti a radioterapia per un totale di 39 impianti endo-ossei inseriti. Il posizionamento delle fixture implantari è avvenuto a guarigione ottenuta dopo la bonifica degli elementi dentari residui allo scopo di eliminare tutti i foci infettivi del cavo orale e comunque a distanza di tempo di almeno un anno dalla terapia radiante. Le riabilitazioni implanto-supportate si sono realizzate attraverso overdenture con o senza barra. Per tutti gli impianti posizionati è stata valutata la percentuale di successo e di sopravvivenza. Quest’ultima è stata monitorata nel tempo attraverso controlli clinici e indagini radiografiche a 3, 6 e 12 mesi.

Risultati. Un paziente a cui sono stati inseriti 4 impianti è stato escluso dallo studio per decesso. Tre impianti non hanno soddisfatto i requisiti di successo e sopravvivenza prefissi; gli altri 32 si sono perfettamente integrati e hanno soddisfatto i criteri previsti nel corso del follow-up per una percentuale di successo pari a 91,4% e una sopravvivenza implantare di 94,2%.

Conclusione. I dati ottenuti consentono di affermare che l’implantologia a fini di supporto protesico rappresenta una metodica efficace per riabilitare il paziente radioterapico. Le percentuali di successo e sopravvivenza, in accordo con quelle riportate in letteratura, vanno sempre relazionate al numero degli impianti inseriti e ai criteri rigidi di esclusione previsti dal protocollo.

1. OPT preoperatoria.
1. OPT preoperatoria.

Le procedure terapeutiche delle neoplasie testa-collo esitano in difetti dei tessuti molli e duri, disfunzionalità e alterazioni estetiche. Per tale motivo la riabilitazione attraverso l’utilizzo di protesi convenzionali risulta piuttosto difficoltosa; in questa situazione, l’implantologia rappresenta una valida alternativa per il ripristino di una masticazione corretta, dell’estetica e della fonetica. I difetti maxillo-facciali di grande entità vengono generalmente trattati attraverso l’utilizzo di lembi liberi rivascolarizzati che, insieme alla radioterapia, comportano severe problematiche per quanto riguarda la ritenzione e la stabilità dei manufatti protesici. La terapia radiante nel distretto maxillo-facciale può determinare mucositi, xerostomia, aumentata suscettibilità alle infezioni, tempi di guarigione dilatati e osteoradionecrosi1,2. Originariamente la radioterapia è stata considerata una controindicazione assoluta per il posizionamento di impianti osteointegrati in pazienti oncologici3. Ciò nonostante negli anni successivi molti clinici hanno intrapreso questo percorso sperimentale che ha acceso un’intensa discussione con risultati spesso in disaccordo4-6.  Manca in letteratura un consenso generale per quanto concerne le tempistiche ideali per intervenire dopo l’irradiazione, quanto e quale dosaggio influenzi la sopravvivenza implantare, se è possibile irradiare dopo l’inserimento degli impianti, se la chemioterapia inibisca l’osteointegrazione, se l’ossigenoterapia iperbarica risulti indispensabile.  Attualmente l’implantologia è un’importante risorsa per la riabilitazione della funzione e dell’estetica del cavo orale nei pazienti parzialmente o totalmente edentuli con tessuti compromessi dal trattamento del cancro orale5,7,8. 

tabella 2 tabella 1L’obiettivo primario del nostro studio è quello di valutare, con un follow-up a 5 anni, il successo e la sopravvivenza degli impianti inseriti nei pazienti radiotrattati per tumore del distretto testa-collo correlando i risultati con quelli presenti nelle recenti acquisizioni della letteratura internazionale. L’obiettivo secondario è fornire delle linee-guida nell’attività clinica di programmazione chirurgico-implantare alla luce dei risultati ottenuti.

Materiali e metodi
Selezione del campione

Presso il nostro reparto, nel periodo compreso tra settembre 2000 e giugno 2004, sono stati trattati 48 pazienti, di età compresa tra 39 e 77 anni (valore medio pari a 65) , a cui è stata diagnosticata una lesione neoplastica a livello del cavo orale e dell’orofaringe. Nel nostro studio l’esame istopatologico, eseguito per ognuno dei pazienti, ha evidenziato un carcinoma di tipo squamo-cellulare per 38 pazienti (79.1%), un carcinoma delle ghiandole salivari per 7 pazienti (14,5%) e un carcinoma di tipo verrucoso per i restanti 3 pazienti (4.25%); le sedi anatomiche più colpite dalla neoplasia si sono rivelate la lingua (16 pz) e il trigono retromolare (11 pz) con una percentuale, rispettivamente del 33.3% e del 22.9% seguite da orofaringe 16.6% (8 pz), pavimento orale 14.6% (7pz) e mucosa alveolare 12.5% (6pz) (tabelle 1, 2).

2. OPT dopo chirurgia implantare.
2. OPT dopo chirurgia implantare.

I protocolli di trattamento hanno previsto terapie, oltre a quella radiante, chirurgiche resettive e ricostruttive (con o senza l’utilizzo di lembi liberi rivascolarizzati) e chemioterapia.  Gli stessi sono stati stilati sulla base degli esami clinici, strumentali (PET, risonanza magnetica, tomografie) e istologici (biopsie) di tutti i pazienti. La fase finale di questi protocolli prevede un progetto implanto-protesico con lo scopo di ristabilire funzione ed estetica del cavo orale di questi pazienti, migliorandone la qualità della vita. La selezione del paziente è stata effettuata con molta prudenza poiché gli impianti inseriti in osso irradiato manifestano una maggiore incidenza di fallimento2,5 in particolare in presenza di alte dosi totali, soprattutto nei casi in cui non vengono rispettati gli intervalli di tempo necessari fra la terapia radiante e la chirurgia implantare1.  Per questo motivo sono stati applicati rigorosi criteri di esclusione rappresentati da:

• presenza di recidiva;

• patologie sistemiche che alterino i processi di guarigione (aterosclerosi, diabete, immunodeficienze…);

• ridotta compliance;

• scarsa quantità e qualità ossea residua;

• scarsa igiene orale;

• abitudini viziate (fumo, alcool…);

• radioterapia dopo la ricostruzione;

• accessibilità al cavo orale insufficiente.

Sulla base di queste premesse, nella sperimentazione sono stati selezionati 10 pazienti per un totale di 39 impianti endo-ossei inseriti.

3. Dettaglio della TAC.
3. Dettaglio della TAC.

Procedura chirurgica

Il posizionamento delle fixture implantari è avvenuto a guarigione ottenuta dopo la bonifica degli elementi dentari residui allo scopo di eliminare tutti i foci infettivi del cavo orale (figura 1). Le successive riabilitazioni implanto-sostenute si sono realizzate attraverso overdenture con o senza barra (figure 2-3). Per tutti i pazienti l’intervallo di tempo tra la terapia radiante e quella chirurgica implantare (figure 4-7) è stato di 12 mesi, attenendosi alla seguente procedura:

• copertura antibiotica con amoxicillina-acido clavulanico cpr 1 g ogni 12 ore due settimane prima e una settimana dopo l’inserimento degli impianti;

sciacqui con collutorio a base di clorexidina digluconato allo 0,2% prima dell’intervento e per i 10 giorni successivi;

100mg di Nimesulide 1 ora prima dell’intervento. La terapia antinfiammatoria con FANS sarà assunta al bisogno dal paziente con una somministrazione massima di 100 mg ogni 8 ore per un massimo di 7 giorni;

anestesia loco-regionale mepivacaina 3% senza vasocostrittore previo scollamento di un lembo a tutto spessore con incisione crestale;

manovra chirurgica nel modo più atraumatico possibile;

sutura in seta 3/0 rimossa una settimana dopo la chirurgia.

tabella 3

Dati e follow-up

Per tutti gli impianti posizionati è stata valutata la percentuale di sopravvivenza e di riuscita. I criteri di successo implantare9 hanno tenuto conto sia delle complesse condizioni chirurgiche e protesiche, sia delle compromesse condizioni anatomiche e sono rappresentati da:

assenza di mobilità degli impianti;

assenza di infiammazione, ascessi o fistole dei tessuti periimplantari;

assenza di dolore nella sede implantare;

assenza di radiotrasparenza periimplantare;

riassorbimento osseo periimplantare inferiore a un terzo della lunghezza degli impianti.

La sopravvivenza implantare è stata monitorata nel tempo attraverso controlli clinici (figura 8) e indagini radiografiche seguendo il timing:

ogni 3 mesi nel primo anno;

ogni 6 mesi nel secondo e terzo anno;

ogni 12 mesi nel quarto e quinto anno.

Successo e sopravvivenza implantare sono stati analizzati e confrontati con i dati più recenti ricavati da una revisione della letteratura internazionale.

Risultati

I risultati ottenuti in questo studio dopo la raccolta dei dati sono riassunti nella tabella 3.

Un paziente del campione in esame, a causa delle metastasi tumorali sviluppate in seguito, non si è presentato alle visite di controllo previste dal protocollo e per questo è stato escluso dalla ricerca. Lo studio si è svolto perciò sulla totalità dei 35 impianti inseriti nei restanti 9 pazienti. In uno di questi, al quale erano stati posizionati tre impianti in zona sinfisaria, si è verificato il fallimento di un impianto già alla prima visita di controllo, mentre in un altro paziente uno dei quattro impianti inseriti è stato rimosso a seguito della complicanza di osteoradionecrosi localizzata attorno alla ferita implantare. Un impianto ha mostrato alla fine del quarto anno radiotrasparenza periimplantare associata a riassorbimento osseo per più di un terzo della sua lunghezza, questo però non ha inficiato il suo successo funzionale a fini protesici come confermato dal controllo finale a 5 anni. Gli altri 32 si sono perfettamente integrati e hanno soddisfatto i criteri previsti nel corso del follow-up per una percentuale di successo pari al 91,4% e una sopravvivenza implantare di 94,2%.

Discussione

La terapia radiante è in grado di influenzare in maniera importante la percentuale di successo implantare, in particolare per dosi di radiazioni superiori ai 55 Gy2,5,10,11. Alcuni Autori suggeriscono come la soglia di sicurezza per poter attuare la terapia implantare sia al di sotto dei 55 Gy6. Granstrom in uno studio del 2006 precisa, inoltre, che la dose Gy è di per sé fuorviante in quanto non fornisce informazioni riguardo al numero di frazioni date che contribuiscono a un “effetto cumulativo di radiazione”; quest’ultimo sarebbe un parametro più affidabile per quantificare la reale radiazione a cui viene sottoposto il paziente.  In letteratura, però, non sembra esserci accordo sui tempi ideali d’attesa dopo la radioterapia prima della fase chirurgica; infatti, a fronte di chi teorizza esiti irreversibili delle lesioni post-radianti, alcuni Autori sostengono che un intervallo di 1 anno permette un recupero parziale dei tessuti12, mentre altri Autori consigliano un intervallo di 6 mesi per permettere una sufficiente rivascolarizzazione5,8. Le radiazioni utilizzate fino a qualche tempo fa sembravano avere più effetti negativi sulla sopravvivenza implantare rispetto alle recenti somministrazioni radioterapiche. Questo è da relazionarsi alla tipologia di radiazioni utilizzate che erano a bassa energia contro le attuali ad alta energia.  Le percentuali di successo sono strettamente legate alla scelta del momento in cui posizionare gli impianti, mentre non sono alterate dalla terapia radiante stessa, dalla tecnica d’innesto o dall’inserimento nell’osso nativo o innestato. Alcuni studi analizzano anche le caratteristiche implantari nei pazienti radiotrattati, mostrando come l’utilizzo di impianti corti sia sconsigliata nell’osso irradiato e come l’incidenza di fallimenti sia elevata in questi casi13. Per ciò che riguarda i tessuti molli, va detto che anche se la presenza di una certa quantità di gengiva aderente viene considerata da molti Autori una condizione necessaria alla salute dei tessuti periimplantari, con l’allargamento delle indicazioni all’implantologia in situazioni più complesse la carenza di gengiva aderente non è risultata così critica come si pensava in precedenza14. Sicuramente questi pazienti presentano spesso una fragilità delle mucose che sovente esitano in mucositi di diversa entità che perdurano anche per lungo tempo dopo la terapia radiante.

8. Riabilitazione con overdenture inferiore ultimata.
8. Riabilitazione con overdenture inferiore ultimata.

La frizione provocata dalle protesi incrementa il rischio di lesioni che possono evolvere anche in osteoradionecrosi15,16.  August e coll. 199817 riportano una serie di problemi dei tessuti molli in pazienti radiotrattati riabilitati con impianti mandibolari. Tra le complicanze precoci descrivono ulcere linguali, proliferazione dei tessuti molli e deiscenze delle ferite; tra quelle tardive, la formazione di fistole. Watzinger e coll.23 riportano un incremento delle gengiviti nei pazienti irradiati. Sebbene la riabilitazione protesica e funzionale di soggetti radiotrattati edentuli è molto più complessa e meno predicibile rispetto a quella nei pazienti non oncologici, diversi studi evidenziano come vi sia stata un’evoluzione nelle metodiche di riabilitazione orale negli ultimi decenni in questi pazienti che grazie a overdenture sostenute da impianti possono ottenere un trattamento di successo4,11. Il procedimento d’elezione risulta essere quindi l’utilizzo di overdenture con barra di ritenzione o protesi fisse sostenute da impianti. Queste soluzioni minimizzano le complicanze biologiche che si incontrano in questi pazienti18. Viceversa i casi segnalati di minor sopravvivenza implantare sono quelli con protesi ancorate con ganci e magneti su cantilever12. Gli ostacoli sono rappresentati dalla distorsione dell’anatomia orale, dall’alterata qualità delle mucose, dalla presenza di tessuto cicatriziale, dalle modifiche della topografia ossea; per questo il posizionamento degli impianti è protesicamente guidato nei limiti imposti dalle condizioni anatomiche. In questi pazienti i difetti residuati dopo la chirurgia oncologica si estendono ben oltre la perdita degli elementi dentari, per questo le protesi devono essere progettate e costruite caso per caso.  Da alcuni studi della letteratura emerge che la percentuale di successo degli impianti inseriti in osso irradiato con o senza innesto si colloca in un range che va dall’85 al 99%6-8. Nelson e coll. in uno studio del 200718 evidenziano come non vi siano differenze significative di sopravvivenza implantare tra pazienti radiotrattati e non. Precisa però di aver escluso dallo studio i fumatori con complicanze prima della chirurgia implantare. La maggior parte dei fallimenti sono stati osservati nei pazienti radiotrattati subito dopo il posizionamento implantare. Nelson descrive un numero di fallimenti tardivi comparabili, percentualmente, a quelli dei pazienti non radiotrattati. Altri studi riportano dati abbastanza contraddittori riguardo al numero di impianti persi dopo terapia radiante che può arrivare anche al 50%6,9,12,19,20. Le significative differenze delle percentuali di successo tra impianti inseriti in osso irradiato e non, confermate da vari Autori, sono probabilmente dovute alla ridotta vascolarizzazione indotta dalla radioterapia e vanno messe in relazione con il dosaggio delle radiazioni e con il periodo d’osservazione5,10,19-21. Lo studio condotto da Franzen e coll. nel 199510, colloca al 95% il successo implantare a 5 anni di 20 impianti inseriti in mandibola, in accordo con quanto riportato precedentemente da Taylor e Worthington nel 199324 i cui 21 impianti inseriti in pazienti radiotrattati mostravano una normale osteointegrazione. Sempre nel 1993, Nimi22 ha riscontrato un successo dell’83% degli impianti a tre anni dal carico protesico. Watzinger e coll. nel 199623 hanno riscontrato una percentuale di successo degli impianti inseriti in osso irradiato dell’87,3% dopo tre anni. La nostra percentuale di successo pari al 91,4% è in linea con quanto riportato da questi Autori e, più in generale, con quanto emerge dalla letteratura internazionale.

Conclusioni

Il nostro studio è stato realizzato per valutare l’efficienza di una riabilitazione implanto-protesica nei pazienti radiotrattati dopo exeresi di cancro orale. Da ultimo, la nostra aspirazione è quella di determinare dal punto di vista clinico alcuni criteri per ottenere il successo in questo tipo di pazienti. I dati ottenuti consentono di affermare che l’implantologia a fini di sostegno protesico rappresenta una metodica efficace per riabilitare il paziente radioterapico. Le percentuali di successo e sopravvivenza, in accordo con quelle riportate in letteratura, vanno sempre relazionate al numero degli impianti inseriti e ai criteri rigidi di esclusione previsti dal protocollo. Vista la complessità e la difficile predicibilità del trattamento in questo tipo di pazienti, ci sentiamo di consigliare l’inserimento di almeno quattro impianti, piuttosto che tre, nello stesso paziente onde evitare una perdita di sostegno eccessiva in caso di fallimento di un impianto che potrebbe alterare il progetto protesico iniziale (per esempio, overdenture su barra). Inoltre, è bene sottolineare che il controllo delle complicanze e del disagio legato all’alterazione delle mucose irradiate possono essere controllati soltanto attraverso regolari visite di controllo e accurate norme di mantenimento dell’igiene domiciliare; tutto ciò è una condizione necessaria per il miglioramento della qualità della vita dei pazienti in esame.

Corrispondenza

Dott. Fabrizio Carini
Reparto di Chirurgia Odontostomatologica
Ospedale San Gerardo
Via Pergolesi, 33 – 20052 Monza
f.carini@hsgerardo.com

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Riabilitazione implantare dopo exeresi di cancro orale in pazienti radiotrattati: follow-up a 5 anni - Ultima modifica: 2011-02-19T12:04:18+00:00 da fabiomaggioni

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