Resistenza meccanica di ponti protesici in materiale polimerico rinforzato con fibre continue di vetro

Figura 1. Fasi di realizzazione dello stampo: (A) ponte modellato in cera posizionato in muffola per la realizzazione del controstampo in silicone trasparente; (B) sottostruttura ottenuta da rimozione della cera anatomica (tecnica identica per sottostruttura ceramizzabile) posizionata in muffola per la realizzazione del controstampo in silicone trasparente.

Riassunto

Obiettivi. I materiali polimerici fribro-rinforzati (fiber-rinforced polymers, FRP) offrono la possibilità di realizzare nuovi ponti dentali privi di strutture metalliche. Scopo di questo studio è valutare la resistenza meccanica di due diversi tipi di ponti protesici in materiale composito FRP.

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Metodi. I ponti in composito FRP esaminati sono costituti di fibre sparse (fibre composite DEI, Italia), uno strato vestibolo occlusale linguale (completo) di fibre di vetro multi direzionali, strati preimpregnati (fibre Bridge Experience DEI, Italia). I campioni sono stati divisi in due gruppi, A e B, che differivano per il numero degli strati preimpregnati utilizzati (rispettivamente 24 e 12). Sono stati condotti test statici di flessione secondo una configurazione a tre punti (three-point bending) con macchina dinanometrica Instron 5566. I campioni sono stati testati utilizzando un supporto in acciaio in cui i due monconi implantari erano inseriti a una distanza di 21 mm.

Risultati. Le prove di flessione hanno mostrato una differenza statisticamente significativa tra le due tipologie di ponti (gruppi A e B) in termini di resistenza meccanica. Sono stati ottenuti valori massimi del carico a flessione pari a 1.62 ± 0.15 kN e 1.02±0.15 kN, rispettivamente, per il gruppo A e il gruppo B.

Conclusioni. I risultati ottenuti suggeriscono che i compositi fibro-rinforzati a matrice polimerica rappresentano sicuramente una strategia promettente per la realizzazione di ponti dentali, dal momento che è possibile modulare la resistenza meccanica in funzione della tipologia, dell’ammontare e dell’orientamento delle fibre all’interno della matrice polimerica.

Figura 1.  Fasi di realizzazione dello stampo:  (A) ponte modellato in cera posizionato in muffola per la realizzazione del controstampo in silicone trasparente; (B) sottostruttura ottenuta da rimozione della cera anatomica (tecnica identica per sottostruttura ceramizzabile) posizionata in muffola per la realizzazione del controstampo in silicone trasparente.
Figura 1. Fasi di realizzazione dello stampo: (A) ponte modellato in cera posizionato in muffola per la realizzazione del controstampo in silicone trasparente; (B) sottostruttura ottenuta da rimozione della cera anatomica (tecnica identica per sottostruttura ceramizzabile) posizionata in muffola per la realizzazione del controstampo in silicone trasparente.

Nel corso degli ultimi anni, la progettazione di materiali polimerici fribrorinforzati (fiber-reinforced polymers, FRP) ha offerto anche in ambito odontoiatrico la possibilità di realizzare protesi prive di parti metalliche1,2. Numerosi studi hanno focalizzato l’attenzione sulla possibilità di migliorare le prestazioni meccaniche di questo nuovo tipo di protesi progettate interamente in composito con una struttura portante rinforzata con fibre continue di vetro3-6. Nonostante i notevoli progressi tecnico-scientifici ottenuti negli ultimi anni, infatti, persistono ancora dei limiti relativi alle performance meccaniche e al loro progressivo abbattimento nell’ambiente orale7,8. Purtroppo, fino a oggi esistono pochi rapporti clinici relativi all’utilizzo di FRP2,6,9. Per tale motivo, la ricerca è stata principalmente orientata verso la progettazione e la realizzazione di materiali compositi fibro-rinforzati a matrice polimerica. Il rivestimento della struttura portante, costituita da resine polimeriche rinforzate in fibra di vetro, è invece composto da materiale polimerico rinforzato con particelle inorganiche (filler)1,2. Il rivestimento, quindi, svolge un ruolo fondamentale influenzando le performance a lungo termine dei restauri effettuati con FRP. La struttura portante è composta da fibre continue di vetro preimpregnate con una resina fotopolimerizzabile. La fragilità relativamente alta e la bassa resistenza a frattura dei materiali compositi hanno ostacolato il loro utilizzo nel campo dentale10. Negli ultimi anni numerosi sforzi sono stati profusi al fine di migliorare la resistenza delle resine composite, focalizzando l’attenzione principalmente sulla composizione della matrice polimerica, sulla tipologia di filler e sulle proprietà meccaniche dei compositi11,12. Negli ultimi decenni, l’utilizzo di fibre inglobate in matrici polimeriche13,14 ha mostrato netti miglioramenti da un punto di vista meccanico. L’idea di base era quella di beneficiare contemporaneamente dei vantaggi estetici forniti dall’utilizzo delle resine polimeriche e delle interessanti proprietà meccaniche delle fibre15. Le caratteristiche macromeccaniche di questi materiali risultano essere strettamente connesse con le proprietà meccaniche dei singoli componenti che costituiscono gli FRP, come la tipologia di resina utilizzata, la quantità e la lunghezza delle fibre16-18, l’orientamento di queste ultime19, l’adesione all’interfaccia fibra/matrice polimerica20 e il grado di impregnazione con la resina21. In questo senso, la tecnologia degli FRP ha dimostrato di avere tutte le caratteristiche per poter essere impiegata con successo in molti settori della moderna odontoiatria: dalla conservativa, alle protesi, dalla parodontologia, all’ortodonzia. Un altro vantaggio dei materiali compositi fibro-rinforzati a matrice polimerica, rispetto ai restauri tradizionali metallici, è rappresentato dalla possibilità di ottenere un modulo elastico significativamente più vicino a quello della dentina. Secondo quanto emerge dalla letteratura, recentemente è stata posta l’attenzione sulla necessità di indagare circa i fattori che influenzano le proprietà di questi materiali e in che modo essi agiscano. A tale proposito, è stato riconosciuto il ruolo fondamentale svolto dalla quantità di fibre, dalla loro posizione e orientazione, dall’impregnazione delle stesse e dalla loro adesione alla matrice polimerica. Tuttavia, anche le proprietà strettamente connesse alla matrice resinosa, l’assorbimento di acqua, le condizioni di polimerizzazione e il tipo di preparazione influiscono in modo evidente sulla risposta degli FRP ai carichi occlusali22. 

Attualmente sembra esserci unanime accordo per quanto riguarda l’utilizzo delle fibre di vetro che, oltre a fornire rese estetiche eccellenti, presentano rispetto alle altre tipologie esistenti diversi vantaggi: un rapporto resistenza/peso molto alto, elevata tenuta al calore, resistenza chimica, basso assorbimento di umidità, notevoli proprietà elettriche, stabilità dimensionale. Nonostante i progressi compiuti dalla ricerca scientifica più recente, esistono ancora evidenti problematiche legate alla laboriosità delle procedure operative e alla stabilità nel tempo dell’interfaccia tra le fibre e la matrice in cui sono inglobate. Una delle principali problematiche relative all’utilizzo dei materiali compositi fibro-rinforzati è legata alla laboriosità delle procedure operative e alla stabilità nel tempo dell’interfaccia tra le fibre e la matrice resinosa che le avvolge. Il principale limite all’uso clinico di tali materiali è, infatti, rappresentato dal distacco (debonding) delle fibre dalla matrice nella quale sono inglobate, soprattutto per quanto riguarda FRP unidirezionali, o dalla delaminazione e dalle microfratture che si sviluppano nella matrice nel caso di FRP bidirezionali23. Tra le possibili ragioni della separazione tra fibre e matrice, le più accreditate sembrano essere una scarsa adesione all’interfaccia tra i due componenti e/o notevole differenza tra i valori del modulo elastico delle fibre e della matrice22. Di conseguenza, scopo del presente lavoro è stato valutare la resistenza meccanica di due differenti tipologie di ponti protesici a più elementi, realizzati tramite la tecnica dello stampaggio. A tale proposito, è stato messo a punto un protocollo sperimentale al fine di valutare la resistenza meccanica tramite test statici di flessione secondo una configurazione a tre punti (three-point bending).

Materiali e metodi

Sono state prese in considerazione due diverse tipologie di ponti che differiscono per la struttura portante rinforzata e contraddistinti come Gruppo A e Gruppo B. Per la realizzazione dei ponti è stata utilizzata la tecnica dello stampaggio con muffola trasparente a tre strati, ovvero un sistema che permette di riprodurre in maniera fedele il wax-up diagnostico. Il modellato in cera è stato posizionato nella muffola per la realizzazione del controstampo. Un silicone trasparente extra-duro (Rainbow Ice – DEI Italia – con durezza 70 shore A) è stato iniettato per realizzare il controstampo. Dopo la fase di indurimento, la cera del modellato è stata eliminata (figura 1). Sono stati creati dei piccoli canali di sfogo e il silicone di base è stato isolato. Si prosegue quindi con la scelta delle masse di composito e di fibre sparse e multi direzionali. I campioni erano composti da un primo strato di fibre sparse (fibre composite DEI, Italia), uno strato vestibolo occlusale linguale (completo) di fibre di vetro multi- direzionali, 12 0 24 strati preimpregnati di composito (fibre Bridge Experience DEI, Italia), più uno strato dalla larghezza di 3 millimetri sempre con la stessa tipologia di fibra e, infine, come ultimo strato ancora fibra sparsa (fibre composite DEI, Italia). Le fibre multidirezionali sono in mezzo ai 2 strati di quelle sparse (figura 2). Il ponte è completato dalla parte estetica in composito (Experience DEI, Italia) con resine analoghe a smalto e dentina (DEI, Italia).

Al termine di questa fase si richiude la muffola senza serrare fino in fondo, la si posiziona nell’apposito fornetto scaldato con un infrarosso sino a raggiungere una temperatura di 45 °C.  Questa fase ha una duplice funzione: ridurre la viscosità e quindi ottenere una maggiore fedeltà dei dettagli eseguiti nel wax-up e consentire al composito una migliore conversione delle caratteristiche fisico chimiche24 (tecniche di stampaggio). Alla fine si serra ermeticamente la muffola e si polimerizza il tutto sempre nell’apposito fornetto. Successivamente viene eseguita la rifinitura mediante frese al carburo di tungsteno realizzando macro e micro tessiture di superficie (figura 3). In particolare, i campioni appartenenti al Gruppo A si differenziavano da quelli del Gruppo B soltanto per il numero di strati preimpregnati di composito (Fibre Bridge Experience DEI, Italia), rispettivamente 24 e 12 strati. Una volta realizzati, i campioni dei due gruppi sono stati sottoposti a test meccanici di flessione secondo una configurazione a tre punti (three-point bending), servendosi di un supporto in acciaio su cui sono stati inseriti due impianti dentali, uno cavo e l’altro pieno, posti alla distanza di 21 mm (figura 4). Il ponte è stato cementato sugli impianti e una sfera d’acciaio con un diametro di 6 mm è stata posta sulla superficie mesiale dell’elemento centrale del ponte protesico a tre elementi, come mostrato in figura 5. I test sono stati condotti imponendo una velocità di abbassamento della traversa pari a 1 mm/min fino a rottura, utilizzando una macchina dinamometrica Instron 5566 (figura 6). I risultati ottenuti sono stati analizzati statisticamente tramite test t-Student con un livello di significatività p<0.05.

Figura 7. Valori del carico massimo (N) per le due tipologie di ponti a tre elementi testate. La barra nel grafico rappresenta la deviazione standard, mentre il simbolo *** rappresenta il livello di significatività  (* p<0.05, ** p<0.01,  *** p<0.001).
Figura 7. Valori del carico massimo (N) per le due tipologie di ponti a tre elementi testate. La barra nel grafico rappresenta la deviazione standard, mentre il simbolo *** rappresenta il livello di significatività (* p<0.05, ** p<0.01, *** p<0.001).

Risultati

I risultati ottenuti dai test meccanici effettuati hanno evidenziato una differenza statisticamente significativa tra le due tipologie di ponti (A e B) in termini di resistenza meccanica. I valori di carico massimo ottenuti per entrambe le tipologie di ponti e le curve carico-spostamento sono riportati, rispettivamente, nelle figure 7 e 8.  In particolare, il carico massimo raggiunto dalle due tipologie di ponti testate risulta pari a 1.62±0.15 kN e 1.02±0.15 kN, rispettivamente, per il gruppo A e il gruppo B. I risultati elaborati tramite un’analisi statistica con il test t-Student hanno, inoltre, evidenziato una differenza statisticamente significativa (p<0.05) tra le due tipologie di ponti in termini di resistenza meccanica.

Discussione

La maggior parte dei materiali dentari tradizionali presenta una caratteristica isotropia, rappresentata da un comportamento fisico e meccanico simile in tutte le direzioni, mentre la dentina e lo smalto sono, invece, materiali anisotropi24,25.  A tale proposito, con l’utilizzo dei compositi polimerici fibro-rinforzati, risulta possibile riprodurre l’anisotropia dei tessuti naturali e modulare le proprietà meccaniche variando opportunamente l’ammontare e l’orientazione delle fibre all’interno della matrice polimerica. Nel presente studio è stato esaminato il comportamento meccanico a flessione di due diverse tipologie di ponti protesici  a più elementi, caratterizzati da un orientamento delle fibre di tipo unidirezionale (longitudinale), ma anche da variazioni strutturali che influenzano in maniera significativa la loro resistenza meccanica. In accordo con studi sperimentali riportati in letteratura, la modalità di cedimento a lungo termine di questi sistemi consiste solitamente nel distacco (debonding), seppure parziale, delle fibre dalla matrice polimerica. Le possibili interpretazioni circa tale comportamento potrebbero riguardare una scarsa adesione all’interfaccia fibra/matrice e/o la netta differenza tra i valori del modulo elastico dei due principali costituenti del composito fibro-rinforzato22. I valori del carico massimo (1.62±0.15 kN e 1.02±0.15 kN) per entrambe le tipologie di ponti analizzate risultano, comunque, superiori a quelli ottenuti (circa 700 N) nel caso di ponti a tre elementi in Diamond Crown caricati sull’elemento intermedio26, dove la distanza tra i supporti, anche se non indicata, sembra essere inferiore a quella utilizzata nel presente lavoro. A conclusione di quanto detto, bisogna tenere presente che i risultati ottenuti sono, comunque, interessanti anche se confrontati con quelli relativi a ponti in composito Targis/Vectris (Ivoclar Vivadent) che, secondo quanto emerge dalla letteratura27, hanno mostrato un carico massimo di circa 1360 N, utilizzando una distanza tra i supporti di 10 mm, praticamente pari alla metà di quella utilizzata nel presente studio.

Figura 8. Curve carico-spostamento ottenute dai test meccanici effettuati su entrambe le tipologie di ponti protesici.
Figura 8. Curve carico-spostamento ottenute dai test meccanici effettuati su entrambe le tipologie di ponti protesici.

Conclusioni

Le due diverse tipologie di ponti in composito analizzate hanno evidenziato risultati sicuramente interessanti in termini di resistenza meccanica. Tuttavia, sussiste una differenza statisticamente significativa tra le due tipologie di ponti connessa con la diversa struttura di base; la presenza di un minore numero di strati preimpregnati influenza negativamente le performance meccaniche della protesi. Sono, inoltre, in sperimentazione percorsi mirati all’ottimizzazione dell’architettura interna delle strutture composite realizzate.

Corrispondenza
Gianluca Ametrano
Dipartimento di Scienze Odontostomatologiche e Maxillo-Facciali
Università degli Studi di Napoli “Federico II”
Tel. 0817462080 – Fax 0817462080
gianluca.ametrano@unina.it

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