Relazione tra grado di finitura cavitaria e qualità dell’interfaccia adesiva di due sistemi self-etching. Studio al SEM e analisi della letteratura

1. Rifinitura cavitaria eseguita mediante fresa diamantata a grana fine (46 µm). Immagine al SEM, ingrandimento 500x.

Questo lavoro è tratto dalla tesi del dr. Ivano Conti premiata nel corso della Giornata del Dentista Moderno 2010. Nei prossimi numeri, in questo spazio, pubblicheremo un’ulteriore selezione di lavori pervenuti in redazione in risposta al bando per il nostro premio annuale dedicato alle migliori tesi di Laurea in Odontoiatria e Protesi Dentaria

Riassunto

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Il fine ultimo di ogni restauro conservativo è quello di garantire un’unione stabile a lungo termine tra il materiale da restauro stesso e la struttura dentale. Questo legame dipende da molte variabili quali il tipo di preparazione, le proprietà del materiale da restauro e dell’agente adesivo utilizzato. In anni passati molti studi hanno analizzato queste variabili e diversi Autori hanno focalizzato la propria attenzione sulla finitura cavitaria prodotta da diversi strumenti rotanti. Nonostante ciò ancora poche informazioni sono disponibili sull’effetto di questi strumenti sulla topografia del substrato dentale e la sua influenza sull’interfaccia adesiva. Per il presente studio sono stati selezionati venti molari estratti privi di alterazioni morfologiche. Gli elementi sono stati mantenuti in soluzione acquosa per tutto il periodo di studio e utilizzati entro tre mesi dall’estrazione. In ogni elemento selezionato sono state preparate due cavità di classe II (OM-OD) utilizzando una fresa diamantata a grana media (100 µm, Komet). I campioni sono stati poi divisi in 4 gruppi (A/B/C/D) in base al tipo di rifinitura cavitaria effettuata (fresa carburo di tungsteno 12 lame o fresa diamantata a grana fine 46 µm, Komet) e al tipo di sistema adesivo applicato (Clearfil SE Bond o Clearfil S3 Bond, Kuraray). Tutti i campioni sono stati poi sottoposti alle fasi di preparazione per l’analisi al SEM delle superfici rifinite e delle interfacce adesive create.  Sono state notate evidenti differenze tra la topografia superficiale e le caratteristiche dello smear layer in base al tipo di strumento rotante utilizzato per la rifinitura cavitaria; la superficie dentale lavorata mediante fresa carburo di tungsteno 12 lame è risultata essere sempre più liscia e con solo lievi irregolarità se confrontata con superfici rifinite mediante fresa diamantata a grana fine. Lo strato di smear layer prodotto da strumentazione con fresa carburo di tungsteno è risultato essere sottile e poco compatto, dimostrando un’alta permeabilità che ha permesso l’infiltrazione dei monomeri resinosi dell’adesivo attraverso lo strato di fango dentinale fino alla sottostante dentina intatta con la creazione di una importante zona di interdigitazione con la presenza di lunghi e numerosi zaffi resinosi. Al contrario, i profondi solchi creati dall’utilizzo della fresa diamantata a grana fine possono aver causato un’irregolare distribuzione dei detriti di fango dentinale con accumulo di uno spesso strato dello stesso alla base dei solchi. Queste variazioni regionali nello spessore e nella densità dello smear layer possono aver contribuito a una scarsa penetrazione dei monomeri acidi attraverso lo strato di fango dentinale accumulato in tali zone con la creazione di un’interfaccia adesiva che dimostra scarsa presenza di zaffi resinosi.  La topografia superficiale e le caratteristiche dello smear layer prodotte nella fase di preparazione e rifinitura cavitaria sono fattori influenzati dal tipo di strumento rotante utilizzato. Le frese carburo di tungsteno 12 lame con la loro azione di taglio e asportazione hanno sempre prodotto, durante i test in vitro, una superficie più levigata, uniforme e priva di irregolarità se confrontata con frese diamantate a grana fine. Tali differenze hanno determinato variazioni significative nell’azione. La scelta del corretto metodo di rifinitura cavitaria potrebbe perciò avere un effetto determinante sull’interazione tra il sistema adesivo e il substrato.

1. Rifinitura cavitaria eseguita mediante fresa diamantata a grana fine  (46 µm). Immagine al SEM, ingrandimento 500x.
1. Rifinitura cavitaria eseguita mediante fresa diamantata a grana fine
(46 µm). Immagine al SEM, ingrandimento 500x.

Sin dall’introduzione delle resine adesive promossa da Bowen nel lontano 1963, sono stati condotti continui studi per migliorare l’adesione tra la struttura dentale e i materiali da restauro. Oltre alle qualità e alle composizioni dei vari sistemi adesivi, alle loro tecniche di utilizzo e alle variabili a essi collegati, parametri come la topografia di superficie e la rugosità della superficie dentale dopo preparazione con strumenti rotanti sono stati ritenuti essere di primaria importanza per l’ottenimento di un legame adesivo stabile. Molti ricercatori in anni passati hanno analizzato il grado di finitura ottenibile con diversi strumenti rotanti e la rugosità superficiale che gli stessi producono durante la preparazione cavitaria1-3,8. Ayad e coll.8 e WM Al Omari e coll.7 analizzarono la rugosità e la bagnabilità della dentina dopo l’utilizzo di frese per finitura di carburo di tungsteno, frese di carburo di tungsteno per preparazioni protesiche e frese per finitura diamantate. Mediante l’utilizzo del profilometro, prendendo come parametri di riferimento le misurazioni di valori statistici come Ra, Rq, Ry, Rz, gli Autori conclusero che le frese per finitura di carburo di tungsteno producevano una superficie più liscia, più omogenea e priva di solchi e irregolarità se confrontate con le altre due frese prese in esame. In uno studio preliminare condotto presso la Sezione di Odontoiatria Restaurativa Estetica dell’Università Tor Vergata di Roma dal professor Mangani e dal dottor Di Marzio nel 20058 è stato valutato il grado di finitura di preparazioni di II classe ottenuto dopo utilizzo di strumenti rotanti diamantati e multilama di carburo di tungsteno.

2. Rifinitura cavitaria eseguita mediante fresa carburo di tungsteno 12 lame. Immagine al SEM, ingrandimento 500x.
2. Rifinitura cavitaria eseguita mediante fresa carburo di tungsteno 12 lame. Immagine al SEM, ingrandimento 500x.

I valori di Ra e Rz riscontrati in questo studio si sono dimostrati in linea con quelli presenti in letteratura e fin qui descritti, sottolineando la maggior precisione nella finitura cavitaria delle frese multilama carburo di tungsteno anche in confronto con frese da rifinitura diamantate a grana fine (figure 1 e 2). Negli ultimi anni di sperimentazione è stata posta grande attenzione su quale possa essere l’effetto delle diverse tipologie di finitura cavitaria nei confronti della forza e della stabilità del legame adesivo4-7.  Ad oggi non molti studi hanno confrontato gli effetti prodotti da differenti tipi di preparazioni e rifiniture cavitarie sulla forza del legame creato da adesivi self-etching (“two step” o “one step”) e total etch. Dias e coll.4 confrontarono i valori al µTBST di cinque sistemi adesivi su dentina preparata mediante carta abrasiva 600 grit SiC, strumenti rotanti diamantati e frese al carburo di tungsteno. Gli Autori riscontrarono come i maggiori valori di forza adesiva erano garantiti, per tutti i tipi di sistemi adesivi, da una preparazione cavitaria eseguita mediante frese al carburo di tungsteno.  Le analisi al SEM della dentina preparata con tale tipologia di frese rivelarono una superficie liscia, uniforme e priva di solchi, ricoperta da uno strato di smear layer evidente ma di spessore minimo e con i tubuli dentinali, seppure occlusi da tappi di fango dentinale, più visibili rispetto alle preparazioni eseguite mediante carta abrasiva 600 grit SiC e frese diamantate. Anche l’azione demineralizzante dei primers degli adesivi self-etching testati sembrava essere più intensa sulla dentina preparata mediante frese al carburo di tungsteno. Questi dati portarono gli Autori a ipotizzare come la preparazione cavitaria mediante frese al carburo di tungsteno portasse a una modificazione dello smear layer.

Ogata e coll.5 studiarono, in maniera analoga, l’effetto di differenti preparazioni cavitarie sulla forza di adesione alla dentina di adesivi self-etching. Gli Autori misero a confronto una fresa diamantata a grana media (100 μm), una di acciaio 12 lame e una in acciaio 6 lame. Dopo l’applicazione dei vari sistemi adesivi e del composito i campioni furono sezionati e testati al μTBST. I migliori valori di forza adesiva furono quelli riscontrati per i campioni nei quali la preparazione era stata condotta mediante fresa in acciaio 12 lame e la differenza rispetto agli altri metodi di preparazione risultò essere significativa (p< 0,05). Ciò portò gli Autori a considerare come la scelta del tipo di fresa da preparazione abbia influenza sulla forza del legame adesivo quando si utilizzano sistemi self-etching.  Gli stessi Autori notarono, inoltre, come la dentina preparata con frese diamantate presentasse profondi solchi, una maggiore irregolarità di superficie e uno strato di smear layer più spesso rispetto alla dentina preparata con la fresa di acciaio a 12 lame.
Allo stesso modo l’azione dei primers era influenzata dalla quantità e dalla qualità dello smear layer prodotto. Non è ancora chiaro se il tipo di rifinitura cavitaria possa, e in che misura, influenzare il legame adesivo. Scopo del presente lavoro è stato quello di analizzare al SEM la qualità dell’interfaccia adesiva di due sistemi self-etching in relazione a differenti tipologie di rifinitura cavitaria. I dati e le immagini ottenute sono stati messi in relazione con i valori di adesione degli stessi adesivi riscontrati in letteratura in studi effettuati al µTBST per valutare il miglior metodo di finitura cavitaria eseguibile.

Materiali e metodi

Per il presente lavoro sono selezionati 20 terzi molari estratti intatti, privi di carie e di alterazioni morfologiche. L’integrità degli elementi è stata valutata mediante lenti a ingrandimento 5x. Ogni elemento è stato conservato in acqua a temperatura ambiente per tutta la durata dello studio, compresi gli intervalli di tempo tra le fasi operative. I sistemi adesivi utilizzati nel lavoro sono stati due self-etching. Il primo, il Clearfil SE Bond (Kuraray), è un adesivo che viene applicato sulla superficie in due fasi: la prima consiste in uno step di primer-etching che prepara la struttura dentale a ricevere il bonding contenuto nel secondo flacone. L’altro adesivo smalto dentinale testato è stato il Clearfil S3 Bond (Kuraray), un sistema a un unico passaggio anche detto “all-in-one”; in un unico flacone sono contenuti infatti l’agente demineralizzante, il primer e il bonding. Entrambi i sistemi adesivi sono stati utilizzati seguendo scrupolosamente le istruzioni fornite dal produttore. Per quanto riguarda la rifinitura cavitaria gli strumenti rotanti testati nel presente studio sono stati una fresa cilindrica diamantata a grana fine (46 μm), n. seriale 846 KR 016 Komet, e una fresa cilindrica 12 lame di carburo di tungsteno n. seriale H336 R 016 Komet.  La prima fase condotta è stata la codifica delle cuspidi dei campioni selezionati mediante pennarello micrografico resistente all’acqua. Ogni cuspide in esame è stata contrassegnata con una lettera dell’alfabeto (A/B/C/D) a indicare ogni accoppiamento fresa-adesivo descritto nella legenda per la preparazione dei campioni (tabella 1). Per la preparazione cavitaria sono state usate frese diamantate Komet 846 KR 016 (100 μm) montate su turbina e utilizzate sotto costante spray aria-acqua sempre con l’ausilio di un ingrandimento 5x, a una velocità massima di 200.000 giri-minuto come indicato dal produttore. La scelta di utilizzare inizialmente una fresa diamantata a grana media per la preparazione cavitaria è stata presa al fine di creare una sufficiente quantità di smear layer sulla superficie dentale, simulando ciò che avviene nella realtà clinica. In ogni elemento sono stati preparati due box cavitari di II classe, uno distale (OD) e uno mesiale (OM) di eguale profondità. 

tabella 1Tali box cavitari sono stati lasciati separati mantenendo un istmo centrale di struttura dentale sana utile ai fini della nostra sperimentazione. Terminata la preparazione, le 4 pareti delimitanti i box cavitari distali e mesiali e corrispondenti a ognuna delle cuspidi codificate in precedenza, sono state rifinite a coppie di due con i differenti strumenti rotanti scelti per lo studio, utilizzati su manipolo moltiplicatore di giri a una velocità massima di 20.000 giri-minuto, nuovi a ogni utilizzo. In ognuno dei due box cavitari preparati e rifiniti per ogni campione è stato poi applicato il sistema adesivo scelto, seguendo lo schema illustrato nella legenda per la preparazione dei campioni (tabella 1). È stato possibile applicare entrambi i sistemi adesivi scelti in uno stesso campione grazie alla divisione mantenuta tra i due box cavitari mediante un istmo di struttura dentale sana. In questo modo è stato possibile ottenere i 4 gruppi controllo “Tipo di rifinitura-Sistema adesivo” (A/B/C/D) in ognuno dei campioni selezionati e ciò ha permesso una comparazione incrociata del diverso trattamento subito dalle 4 pareti di ogni elemento in analisi; in questo modo è stato possibile eliminare variabili incontrollabili legate alla morfologia e allo stato dei tessuti dentali, che è unico e soggettivo per ogni elemento dentario. I campioni, dopo l’applicazione dell’adesivo, sono stati restaurati con apporti successivi di 2 mm di composito micro ibrido (Enamel Plus HFO) seguendo la tecnica di stratificazione incrementale. Ogni apporto di composito è stato polimerizzato mediante lampada Led fotopolimerizzatrice (Enalux, Micerium) per 40 secondi a una potenza minima di 600 Mw/cm2.

3. Fresa diamantata a grana fine ( 46 µm ) n. seriale 846 KR 016 Komet.
3. Fresa diamantata a grana fine ( 46 µm ) n. seriale 846 KR 016 Komet.

Gli elementi restaurati, rifiniti e lucidati sono stati quindi fissati in parafolmaldeide al 2% e inglobati in stub con resina epossidica colata a freddo per lo studio al microscopio elettronico a scansione. Tale inglobamento ha reso possibile le successive fasi di preparazione e il taglio dei campioni al microtomo. Sezioni coronali e vestibolo-linguali sono state eseguite mediante microtomo Isomet 4000 Linear Precision Saw (Buehler) utilizzato a una velocità di avanzamento di 3.0 mm al minuto e a una velocità di rotazione della lama di 2000 rpm. Questi parametri sono stati scelti per evitare in ogni modo di alterare l’integrità del campione e dell’interfaccia in analisi10. I campioni così preparati hanno subito ulteriori passaggi quali la disidratazione in concentrazioni ascendenti di etanolo e l’asciugatura mediante Critical-Point Drying10. Dei 20 campioni, la metà (n=10) sono stati sottoposti ad attacco acido mediante HCL 6N per 10 secondi demineralizzando così la dentina e rendendo possibile la visualizzazione dello strato ibrido e dei resin tags qualora presenti; gli altri 10 campioni non hanno subito alcun attacco acido mantenendo così intatta la morfologia dello smalto e della dentina, rendendo possibile la loro visualizzazione. Tutti i campioni sono stati infine metallizzati mediante Sputter Coater S150B (Edwards). Tale passaggio è necessario per rendere gli stessi conduttori e renderne possibile la visualizzazione senza distorsioni al SEM10.

4. Fresa 12 lame carburo di tungsteno n. seriale H336 R 016 Komet.
4. Fresa 12 lame carburo di tungsteno n. seriale H336 R 016 Komet.

Risultati e discussione

Da un’attenta e scrupolosa analisi delle immagini acquisite in questo periodo di studio e dall’analisi della letteratura è possibile affermare una sicura superiorità, in termini di rifinitura cavitaria, delle frese di carburo di tungsteno se confrontate con quelle diamantate a grana fine (46 μm) e un’influenza significativa delle prime sulla qualità dell’interfaccia e sulla forza del legame adesivo dei due sistemi self-etching testati. L’adattamento al substrato dentale dei due sistemi adesivi testati è risultato essere differente in base alla tipologia di rifinitura cavitaria (figura 5).  Quando essa è stata eseguita mediante frese diamantate a grana fine, le grandi irregolarità risultanti hanno determinato una distribuzione disomogenea dello strato di adesivo, con zone di accumulo e zone di totale assenza dello stesso (figura 5, gruppi B e D). Tali zone potrebbero rappresentare aree di debolezza presenti all’interfaccia adesiva.  Nella nostra ipotesi lo scorrimento dell’adesivo generato dal getto d’aria su un substrato dalla morfologia irregolare (fase necessaria all’evaporazione del solvente e alla distribuzione dell’adesivo stesso) ne ha determinato la disomogenea distribuzione evidenziata nelle immagini al SEM. Tale evento non si è verificato quando la morfologia del substrato era priva di irregolarità come nel caso di rifinitura cavitaria eseguita con frese carburo di tungsteno 12 lame, consentendo una distribuzione omogenea del sistema adesivo e creando un’interfaccia priva di zone di debolezza (figura 5, gruppi A e C).

5. I 4 gruppi in studio (A/B/C/D) e le relative interfacce adesive al SEM. Ingrandimento 1000x.
5. I 4 gruppi in studio (A/B/C/D) e le relative interfacce adesive al SEM. Ingrandimento 1000x.

Nonostante sia stato riportato che la rugosità superficiale della dentina preparata da differenti strumenti rotanti non influenzi la bagnabilità di superficie1, le irregolarità prodotte con l’uso di frese diamantate a grana fine sulla struttura dentaria possono aver causato una disomogenea distribuzione dei detriti di fango dentinale, con accumulo di spessori importanti dello stesso alla base dei solchi creati.  Per comprendere come la rifinitura cavitaria possa influenzare la forza del legame adesivo dei sistemi self-etching testati è necessario focalizzare l’attenzione sull’effetto generato dalle due tipologie di strumenti rotanti nella preparazione della struttura dentale. Dal nostro studio è risultato evidente come le frese di carburo di tungsteno 12 lame, oltre a garantire una superficie liscia e regolare, producano un’importante modificazione dello smear layer. Esso infatti, in seguito alla lavorazione con questo strumento, risulta essere più sottile e meno compatto. I campioni preparati con le frese diamantate a grana fine hanno invece presentato sulla superficie uno strato di smear layer più spesso, più denso e più compatto (figure 1 e 2). Tali osservazioni sono in linea con molti studi che hanno riportato come la ruvidità superficiale della dentina e lo spessore dello smear layer possano variare in base alla tipologia degli strumenti utilizzati nella preparazione della struttura dentaria4,6,9. È stata proprio questa modificazione dello smear layer a influenzare l’azione dei due sistemi adesivi self-etching testati. Nelle indagini da noi effettuate al SEM è stata possibile la visualizzazione delle diverse interfacce adesive create dai due sistemi self-etching in relazione al tipo di rifinitura cavitaria. È stata così effettuata una comparazione tra i 4 gruppi in esame valutando la presenza, il numero, la profondità di penetrazione dei resin tags nei tubuli dentinali e lo spessore dello strato ibrido. 

6.  Analisi della penetrazione dei diversi adesivi nella struttura dentinale in relazione al tipo di rifinitura cavitaria eseguita. Gruppi A/B/C/D. Ingrandimenti da  3500x a 10000x.
6. Analisi della penetrazione dei diversi adesivi nella struttura dentinale in relazione al tipo di rifinitura cavitaria eseguita. Gruppi A/B/C/D. Ingrandimenti da 3500x a 10000x.

Negli elementi in cui la rifinitura è stata eseguita con frese di carburo di tungsteno, la penetrazione dell’adesivo all’interno dei tubuli dentinali è stata sempre superiore ai rispettivi gruppi controllo rifiniti con frese diamantate a grana fine, con la produzione di resin tags più numerosi e di maggior lunghezza (figura 6). Il sistema adesivo self-etching “two-step” Clearfil SE Bond ha in generale dimostrato uno strato ibrido e una penetrazione dei monomeri resinosi più importante rispetto al self-etching “one step” Clearfil S3 Bond, in linea con quanto già riportato in letteratura. Il sottile smear layer prodotto dalle frese di carburo di tungsteno ha avuto un’alta permeabilità, permettendo l’infiltrazione dei monomeri resinosi attraverso di esso fino allo strato sottostante di dentina intatta, creando una zona di interdigitazione importante (figura 6, gruppi A e C). Al contrario, quando lo strato di smear layer presente era spesso e compatto, questi adesivi non sono stati capaci di penetrarlo completamente a causa della loro debole acidità (figura 6, gruppi B e D).  Le differenze riscontrate tra i vari gruppi testati nel presente studio spiegherebbero i valori di forza adesiva degli stessi sistemi self-etching riportati da Tay in un lavoro condotto mediante il μTBST6. L’Autore confrontò gli stessi adesivi (Clearfil SE Bond e Clearfil S3 Bond) in rapporto alle stesse tipologie di rifinitura cavitaria.  I migliori valori misurati al μTBST (tabella 2) furono rilevati nei gruppi nei quali gli adesivi erano stati applicati su superfici rifinite mediante frese di carburo di tungsteno utilizzate con manipoli a bassa velocità  (20.000 rpm).

tabella 2

I valori di forza adesiva ottenuti per le rifiniture effettuate con frese diamantate erano sensibilmente inferiori, dimostrando una differenza significativa (p<0,001).  L’analisi statistica dei dati con metodo Two-way ANOVA rivelò differenze significative per il fattore “tipo di preparazione cavitaria” e per il fattore “sistema adesivo”. Anche l’interazione tra questi due fattori risultò essere  significativa, indicando che l’effetto della preparazione cavitaria sulla forza adesiva è dipendente dal tipo di adesivo utilizzato.  Le spiegazioni di tali valori riscontrati al μTBST sono da ricercarsi proprio nella diversa modificazione dello smear layer garantita dalle due tipologie di strumenti utilizzati per la rifinitura. Le frese di carburo di tungsteno hanno infatti un’azione prevalentemente di taglio sulla struttura smalto-dentinale e ciò rende possibile la creazione di sottili strati di fango dentinale e l’asportazione di gran parte dello stesso. Le frese diamantate, seppur a grana fine, hanno un’azione abrasiva con produzione e accumulo di uno spesso strato di smear layer che, nelle immagini al SEM, appare denso e compatto.

Conclusioni

Le frese di carburo di tungsteno 12 lame testate in questo studio producono una superficie più liscia, più omogenea, priva di solchi e irregolarità se confrontate con le frese diamantate a grana fine. Tali differenze potrebbero avere un’influenza importante sul legame adesivo creato da sistemi self-etching. La performance di questi adesivi è infatti dipendente dalla qualità dello smear layer prodotto nella fase di preparazione dentaria e lo spessore e la densità dello stesso sono fattori influenzati dal tipo di strumenti utilizzati per la preparazione cavitaria10. La rifinitura eseguita mediante frese di carburo di tungsteno 12 lame porta a una modificazione dello smear layer. Esso appare infatti meno spesso e meno compatto rispetto a quello prodotto da frese diamantate; ciò probabilmente può migliorare l’azione dei primers degli adesivi self-etching, che sono quindi in grado di dissolvere tale fango dentinale e incorporarlo più semplicemente creando in questo modo una zona di interdigitazione più importante, migliorando conseguentemente la forza del legame adesivo. La scelta del corretto metodo di rifinitura cavitaria di preparazioni per restauri adesivi diretti e indiretti ha influenza sulla forza del legame adesivo di sistemi self-etching e può quindi modificare la predicibilità e il successo dei nostri restauri.

Ringraziamenti
Si ringraziano per la preziosa collaborazione le dottoresse Rossella Bedini e Raffaella Pecci del Dipartimento di Tecnologie e Salute dell’Istituto Superiore di Sanità di Roma (ISS); il professor Teodoro Valente e l’ingegnere Giovanni Pulci del Laboratorio di Ingegneria dei Materiali e delle Superfici, Dipartimento di Ingegneria Chimica, Materiali e Ambiente dell’Università La Sapienza di Roma.

Corrispondenza
Ivano Conti
Via Nicola Festa 13 – 00137 Roma
Tel.3489342375
ivanoconti@live.it

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Relazione tra grado di finitura cavitaria e qualità dell’interfaccia adesiva di due sistemi self-etching. Studio al SEM e analisi della letteratura - Ultima modifica: 2011-02-19T11:06:20+00:00 da fabiomaggioni

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