Non è solo questione di cuore. La gestione del paziente affetto da patologie cardiovascolari impone attenzione alle possibili comorbidità presenti: ipertensione arteriosa, difetti della coagulazione, deficit circolatori, affezioni polmonari e respiratorie, presenza di eventuali altre malattie croniche come diabete o malattie metaboliche, valutazione delle politerapie in corso e possibili interferenze farmacologiche, solo per citarne alcune. Il paziente cardiovascolare è “fragile” e complesso, esposto a un aumentato rischio di complicanze anche nel caso di una semplice estrazione dentale. La tutela e la prevenzione verso ogni potenziale effetto avverso sono cruciali anche nell’approccio diagnostico-terapeutico in ambito odontoiatrico.

Ne abbiamo discusso con Michele Ciulla, cardiologo, professore a.c. di Patologia generale, Corso di laurea in Ostetricia, Dipartimento di Scienze cliniche e di comunità, Laboratorio di Informatica clinica e imaging cardiovascolare, Università degli Studi di Milano.

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Quali sono i “capisaldi” nella presa in carico e valutazione odontoiatrica di un paziente con patologia cardiovascolare?

L’odontoiatria è, secondo la Treccani, un ramo della medicina che si occupa della patologia dei denti e della bocca e del relativo trattamento, medico, chirurgico e protesico. Dunque, nella presa in carico del paziente, chi pratica l’odontoiatria non può esimersi dalla visita medica del paziente, anche nel caso della “semplice” igiene dentale.

Michele Ciulla
cardiologo, professore a.c. di Patologia generale, Corso di laurea in Ostetricia, Dipartimento di Scienze cliniche e di comunità, Laboratorio di Informatica clinica e imaging cardiovascolare, Università degli Studi di Milano

Superfluo ricordare che questo atto prevede la raccolta dell’anamnesi, ovvero della storia clinica, familiare e personale, raccolta direttamente o indirettamente, quale prima fase del processo che conduce alla formulazione della diagnosi medico-chirurgica. Dopo la valutazione obiettiva dello stato del cavo orale e della problematica per cui si è reso necessario l’intervento dell’odontoiatra, in funzione dell’urgenza, del tipo e dell’invasività della procedura che si intende proporre al paziente, si potrà valutare se è necessario consultare il medico specialista per un parere in merito a opportunità/modalità. Le informazioni raccolte saranno complete solo se il paziente che ha una storia clinica avrà portato con sé tutta la documentazione di cui dispone, inclusi la lettera di dimissioni e l’eventuale piano terapeutico in caso di un ricovero recente. Le problematiche internistiche che richiedono attenzione particolare sono, da sempre, riferibili a tre ambiti: in primis le malattie di carattere infettivo, per il potenziale contagio, cui seguono quelle cardiovascolari, come la cardiopatia ischemica, le aritmie in trattamento anticoagulante, la presenza di un pace maker (PM) e/o di un defibrillatore impiantabile, l’ipertensione arteriosa e le valvulopatie per la possibilità di generare eventi acuti. Tra questi un episodio di angina pectoris o un infarto del miocardio, un’aritmia grave, un malfunzionamento del PM come anche una scarica inappropriata, un’endocardite infettiva o una crisi ipertensiva. Infine, le malattie metaboliche come il diabete, per il rischio di una crisi glicemica.

Ablazione, estrazione dentale, cure basiche del cavo orale fino a interventi di chirurgia ambulatoriale possono già rappresentare una controindicazione/rischio per questa categoria di pazienti? In quali casi?

Nessun intervento medico è a rischio “zero”, pertanto nella valutazione pre-operatoria si deve sempre tenere conto dell’urgenza e dell’invasività dell’intervento. Si ricordi che, secondo le linee guida dell’American Dental Association (ADA), la priorità è sempre il dolore dentale grave, che può essere conseguenza di infezione/infiammazione e/o trauma da rottura, incluso la perdita di una otturazione; in questo caso l’urgenza guida l’intervento e si dovrà procedere a prescindere dalle condizioni cliniche del paziente.

I pazienti con malattie cardiovascolari possono essere gestiti, semplicemente, effettuando una corretta valutazione clinica che comprenda la conoscenza dei trattamenti farmacologici in atto, dosi, tempi di assunzione ed eventuali interazioni che dovranno essere attentamente valutate. Bisogna tenere presente che, nel cardiopatico, lo stress della procedura può alzare la pressione o/o scatenare un attacco di angina, quindi, è compito dell’odontoiatra creare una condizione confortevole il cui risultato può essere verificato, semplicemente, misurando la pressione arteriosa prima di iniziare una qualunque manovra odontoiatrica; in caso di ipertensione arteriosa non diagnosticata in precedenza, sarà necessario indirizzare il paziente al proprio medico di base per un approfondimento.

In funzione di queste implicazioni, come approcciare correttamente il paziente affetto da problemi di natura cardiovascolare in termine di diagnosi e profilassi?

La situazione più favorevole è quella in cui l’intervento può essere programmato, in questo modo sarà possibile acquisire tutte le informazioni utili ai fini di gestire al meglio la procedura; si potranno anche chiedere ulteriori approfondimenti e/o il parare del cardiologo che ha in cura il paziente, laddove necessario.

A titolo di esempio, per i pazienti ad altissimo rischio cardiovascolare, potrebbe essere indicato, se necessario, procedere alla rivascolarizzazione miocardica prima della procedura odontoiatrica. Andrà anche valutato attentamente l’uso del vasocostrittore durante la procedura, in quanto in alcuni casi potrebbe essere controindicato, ad esempio, nei pazienti con infarto miocardico recente e/o affetti da ipertensione arteriosa, mentre, in caso di terapia anticoagulante, si raccomanda di seguire le linee guida.

Come comportarsi in caso di paziente in terapia antiaggregante/anticoagulante?
Quali misure adottare per una efficace prevenzione/controllo del rischio emorragico?

Per quanto riguarda gli interventi odontoiatrici, tra cui le estrazioni dentarie, da uno a tre denti, la chirurgia parodontale, l’incisione di ascessi e l’implantologia dentale, l’aggiornamento delle Linee guida europee del 2015 non ritiene necessaria l’interruzione della terapia anticoagulante con i NAO (Nuovi Anticoagulanti Orali). Quando l’intervento si può considerare a basso rischio emorragico e/o quando una emostasi locale adeguata è possibile, come avviene per alcune procedure odontoiatriche, si può procedere in maniera sicura con la minore concentrazione dell’anticoagulante, ovvero a 12-24 ore di distanza dall’ultima assunzione, a seconda che il farmaco abbia una modalità di somministrazione mono o bimodale/die; non dovrebbe invece essere eseguito alla concentrazione di picco del farmaco. Può essere quindi ragionevole programmare l’intervento 18-24 ore dopo l’ultima assunzione del farmaco e riprendere l’assunzione della terapia dopo circa 6 ore, il che implica la mancata assunzione di una dose da parte del paziente.

La sospensione della terapia con NAO e la sostituzione temporanea con eparina a basso peso molecolare non ha alcun beneficio per quanto riguarda la tromboembolia, al contrario aumenta il rischio di incorrere in un sanguinamento maggiore.

Per quanto riguarda la terapia antiaggregante, le evidenze disponibili, mutuate dalla esperienza in chirurgia generale, non sono sufficienti a definire delle linee guida, tuttavia, vista la breve emivita di questi farmaci, la sospensione della dose il giorno dell’intervento e la riassunzione in seguito risultano più praticabili rispetto ai NAO, che hanno una emivita molto lunga.
Per la eventuale sospensione dell’antiaggregante, dunque, si rimanda alla valutazione caso per caso, del rischio di sanguinamento rispetto al rischio di trombosi e, dunque, alla discrezione clinica.

Anche l’anestesia locale può essere considerata a rischio?

No, può essere di grande aiuto. Infatti è importante per evitare lo stress della procedura che, nel cardiopatico, può scatenare una crisi ipertensiva e/o anginosa; è altrettanto importante limitare la durata della procedura.
Non sembri superfluo ricordare che, in caso di sintomi cardiovascolari, la seduta deve essere interrotta e, se necessario, avviare procedure di emergenza coerenti, tenendo sempre a disposizione l’ossigeno e un nitrato da somministrare per via sublinguale.

Un’alleanza per la prevenzione
La quinta edizione dello European Cardiovascular Disease Statistics ha contato in Europa oltre 80 milioni di persone affette da malattie cardiovascolari (CVD), il 48% uomini e il 52% donne, responsabili di 3,9 milioni di decessi annui, pari al 45% di tutte le cause di morte. Relativamente all’Italia i dati Istat, riferiti al 2017, inquadrano le malattie del sistema circolatorio come la principale causa di morte nel Paese, riconducibile al 36% circa dei decessi. Le malattie cardiovascolari restano la prima causa di morte sul pianeta, cui si associano tassi fra i più elevati di morbidità e disabilità ad altissimo impatto sociale ed economico. In funzione dei numeri e delle implicazioni correlate, l’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità), fin dal 2013 ha invitato tutti gli Stati membri (194 paesi) ad attivare azioni congiunte e condivise per ridurre del 25% il numero di decessi prematuri da malattie non trasmissibili entro il 2025, attraverso nove obiettivi globali volontari: due di questi si concentrano direttamente sulla prevenzione e il controllo dei CVD, ovvero la riduzione del 25% della prevalenza globale dell’aumento della pressione sanguigna e l’offerta ad almeno il 50% delle persone idonee di terapia farmacologica e consulenza (incluso il controllo glicemico) per la prevenzione di infarti e ictus. Nello specifico, sul territorio l’Alleanza italiana per le malattie cardio-cerebrovascolari è impegnata per accrescere gli interventi di prevenzione, assistenza e controllo delle CVD a largo spettro. Costituita nel 2017 presso la Direzione generale della prevenzione sanitaria del ministero, all’Alleanza aderiscono più di quaranta federazioni/società di cardiologia e neurologia, medicina interna, medici di medicina generale, pediatri, farmacisti, nonché associazioni di pazienti e altri enti.

Sono pazienti meritevoli di un follow-up più stretto o personalizzato?

Tutti i pazienti sono meritevoli di follow-up, specialmente i cardiopatici, in particolare per coloro in trattamento anticoagulante, è bene ricordare che l’emivita di questi farmaci è lunga, se paragonata a farmaci di comune utilizzo.

Pertanto, in questi casi, il paziente può lasciare da solo lo studio odontoiatrico dopo la risoluzione di eventuali sanguinamenti minori e avere ricevuto informazioni sul normale corso post-procedurale e sulle misure da adottare in caso di sanguinamento, ovvero, contattare il medico o l’odontoiatra in caso di sanguinamento che non si fermi spontaneamente, entrambi dovranno essere disponibili a rivedere prontamente il paziente.
Per le comuni procedure odontoiatriche, il paziente potrebbe inoltre sciacquare la bocca delicatamente con 10 ml di acido tranexamico 5%, quattro volte al giorno per un massimo di 5 giorni, per ridurre eventuali sanguinamenti orali minori.

Questioni di cuore: quando il paziente è cardiopatico - Ultima modifica: 2022-01-26T17:21:08+00:00 da monicarecagni
Questioni di cuore: quando il paziente è cardiopatico - Ultima modifica: 2022-01-26T17:21:08+00:00 da monicarecagni

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