Presente e futuro in fotografia odontoiatrica

Questo primo incontro è dedicato agli aspetti metodologici, che ritengo fondamentali per un giusto inquadramento della problematica e per assicurarsi un solido progresso nella padronanza della materia. Comincio con il dire che cosa non è la fotografia odontoiatrica: un vezzo di cultori della materia, che utilizzano le immagini solo per creare presentazioni per corsi o congressi; la fotografia non è una tecnica avulsa dal contesto clinico, non è più da considerarsi un’attività solo para-clinica. La fotografia non è pura conoscenza del mezzo tecnico o dei principi dell’ottica o delle tecniche di ripresa: non possiamo dimenticare di essere medici e divenire così semplici “adoratori della tecnica” (G. Cosmacini), ma restare sempre clinici attenti e competenti. Come è da intendersi quindi modernamente il ruolo della fotografia in odontoiatria, nell’attuale periodo storico in cui la tecnologia ha impresso un’accelerazione vorticosa al divenire degli eventi e profondi cambiamenti nei nostri modi di pensare e operare?

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In campo odontoiatrico negli ultimi anni è avvenuta una profonda riflessione sulla natura e la funzione del mezzo fotografico, che è diventato sempre più parte integrante dei processi clinici e diagnostici; l’immagine permette infatti di comprendere l’evoluzione delle patologie nonché l’efficacia delle terapie nel lungo termine, ma soprattutto è diventata essa stessa uno strumento diagnostico. L’anatomia ottica, ovvero l’analisi strutturale dei denti tramite immagini, si rivela un potentissimo mezzo di analisi e visualizzazione delle caratteristiche che concorrono a generare la percezione dell’estetica dei denti, e quindi la base razionale delle diverse tecniche di stratificazione.

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1. Si noti la differente traslucenza dei margini di questi elementi appena erotti: gli incisivi inferiori ne mostrano un notevole grado a differenza dei superiori. Nei denti giovani si apprezza ancora la presenza dei mammelloni incisali relativi ai lobi di sviluppo e delle ondulazioni superficiali, caratteristiche estrinseche verticali e orizzontali dell’anatomia ottica del dente.
1. Si noti la differente traslucenza dei margini di questi elementi appena erotti: gli incisivi inferiori ne mostrano un notevole grado a differenza dei superiori. Nei denti giovani si apprezza ancora la presenza dei mammelloni incisali relativi ai lobi di sviluppo e delle ondulazioni superficiali, caratteristiche estrinseche verticali e orizzontali dell’anatomia ottica del dente.
2. Si noti la differente traslucenza dei margini di questi elementi appena erotti: gli incisivi inferiori ne mostrano un notevole grado a differenza dei superiori. Nei denti giovani si apprezza ancora la presenza dei mammelloni incisali relativi ai lobi di sviluppo e delle ondulazioni superficiali, caratteristiche estrinseche verticali e orizzontali dell’anatomia ottica del dente.
2. Si noti la differente traslucenza dei margini di questi elementi appena erotti: gli incisivi inferiori ne mostrano un notevole grado a differenza dei superiori. Nei denti giovani si apprezza ancora la presenza dei mammelloni incisali relativi ai lobi di sviluppo e delle ondulazioni superficiali, caratteristiche estrinseche verticali e orizzontali dell’anatomia ottica del dente.

I diversi sistemi “digital smile” sono un ausilio efficacissimo per la gestione e la visualizzazione dei piani di trattamento, ma sono anche gli aspetti della comunicazione con il paziente che possono giovarsi in modo sostanziale delle immagini: pensiamo alle potenzialità dell’uso dei tablet in odontoiatria. Quindi siamo di fronte a cambiamenti epocali, e resta a noi la scelta se integrarci nell’evoluzione, divenendone co-protagonisti, o semplicemente ignorarla scivolando nel “non mi interessa, tanto si è fatto sempre così”. Sono convinto che ogni operatore possa ottenere ottime immagini con un minimo d’apprendimento e addestramento; la mia idea di fotografia è, per così dire, “democratica”, cioè non elitaria, perché l’eccellenza dev’essere alla portata di tutti. La ricerca che ho sviluppato negli ultimi anni va esattamente in questa direzione: ottenere protocolli scientifici chiari e gestibili con facilità da tutti gli utenti, cercando di applicare una regola aurea, quella della semplicità. La semplicità non è però banalizzare tutto scivolando nel semplicismo, ma piuttosto quella condizione di padronanza di informazioni sul mezzo (la fotocamera) e sulle tecniche di ripresa (l’ortografia delle immagini) che consente di ottenere in modo predicibile e costante i risultati desiderati. Per attualizzare il concetto: tutti noi pratichiamo l’endodonzia e sappiamo quanto possa essere complesso eseguire una terapia canalare corretta su un secondo molare superiore, eppure oggi disponiamo di conoscenze e tecniche che rendono “semplice” questa procedura, nel senso che applicando tutte le regole sappiamo già, prima di iniziare, quello che con altissima probabilità sarà il nostro risultato. Allo stesso modo la fotografia può divenire semplice, purché si applichino diligentemente le regole corrette.

3. Un’immagine che documenta bene l’equilibrio delle parabole gengivali in un paziente sano.
3. Un’immagine che documenta bene l’equilibrio delle parabole gengivali in un paziente sano.

La fotocamera è un meraviglioso insieme di plastica, vetro e circuiti ma non ha anima: sarebbe una “cosa stupida” se il fotografo non avesse un’idea o una storia da narrare. È ciò che io vedo e voglio raccontare che rende preziosa la mia macchina fotografica, che le rende “l’anima”; la fotocamera deve semplicemente piegarsi al mio volere e attuare il mio progetto visivo, non trasfigurare la realtà ma documentarla. Noto che molti odontoiatri hanno quasi il timore reverenziale di azionare pulsanti o variare le impostazioni, ansiosi forse di smarrire quella magica condizione che ha permesso in precedenza di ottenere una bella immagine. Sono come intimoriti dal mezzo, la fotocamera, e si sentono subalterni semplicemente perché non conoscono il significato di tutti i comandi presenti. Ma io dico, rimarcando la profonda distanza tra complessità dello strumento e semplicità delle tecniche di ripresa, che occorre conoscere solo quel tanto che basta dei comandi per realizzare le corrette tecniche di ripresa, e nulla di più.

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Quindi in ogni istante possiamo e dobbiamo cambiare le impostazioni adeguandole alle nostre esigenze, e se la macchina produce brutte foto quasi mai è colpa della fotocamera, ma più spesso è semplicemente perché non abbiamo le idee chiare su quello che vogliamo raccontare o mancano le nozioni basilari sullo strumento o sulle specifiche tecniche di ripresa. Io desidero spiegare la fotografia odontoiatrica, ma soprattutto insegnare a gestire un percorso di auto-apprendimento: poche regole chiare e forti e tanta consapevolezza che in questo campo ci sono idee giuste e meno giuste, e che fotografare bene può divenire facile purché lo si voglia. Nel mondo scientifico è esatto, almeno temporaneamente, ciò che è stato ragionato, provato, pubblicato e discusso; non racconterò quindi mie opinioni, e se lo dovessi fare avviserò di questo, ma cercherò di comunicare ciò che oggi è un’evidenza scientifica in fotografia. A proposito di evidenza scientifica, non si può sorvolare sull’impatto che ha avuto la fotografia sulla cultura odontoiatrica del colore.

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Ciò è avvenuto perché la fotografia digitale è sostanzialmente un’applicazione della scienza del colore, ed è stato quindi inevitabile rivedere criticamente la cultura odontoiatrica del colore per adeguarla a concetti e idee più moderne di quelle tradizionali. È stato più volte spiegato recentemente come la comprensione del fenomeno colore richieda un approccio totalmente diverso da quello dominante. Sono convinto che gli odontoiatri, attenti come sono, non avranno difficoltà ad avvicinarsi a modi di pensare che trovano giustificazione nella scienza, abbandonando schemi antiquati e inefficaci, derivati da una visione romantica e artistica. Non si può infine sottovalutare l’importanza dei “flussi di lavoro” complessivi: non basta ottenere una bella immagine, ma è necessario saperla gestire inserendola in un workflow adeguato alle proprie esigenze. Ecco, il workflow è la vera rivoluzione della fotografia moderna, perché è lo strumento che consente di utilizzare veramente la fotografia, ottenendo dalle immagini tutti i vantaggi possibili. Ma che cosa significa “flusso di lavoro”? Vuol dire chiarezza progettuale e padronanza degli strumenti in tutte le loro caratteristiche e in tutte le fasi di lavorazione. Sintetizzando il concetto di workflow, possiamo dire che riguarda lo svolgimento corretto delle fasi di acquisizione, elaborazione, utilizzo (condivisione) e conservazione nel tempo delle immagini. È quindi un concetto multidisciplinare, che per essere attuato richiede conoscenze basiche di informatica, ma anche qui vale la regola della semplicità: se il progresso non è alla portata di tutti, probabilmente non è vero progresso.

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Partiremo quindi dalle regole semplici, quelle che considero le tre regole auree per la fotografia odontoiatrica, che riguardano ingrandimento, profondità di campo e spazialità, e che sono il fondamento razionale e scientifico delle diverse tecniche di ripresa in odontoiatria, cioè del “come” fare le foto. Le ho considerate talmente importanti che le ho riunite sotto la dizione di “ortografia delle immagini”, intendendole così come le regole fondamentali per “scrivere con la luce”, cioè fotografare. Le impostazioni della macchina fotografica, cioè la gestione dei vari comandi, sono funzionali a queste tre regole, non c’è nulla di magico o misterioso: se voglio ottenere la corretta profondità di campo non ho altra scelta che usare bene il diaframma. Dovrò quindi parlare anche di cose tecniche, come appunto il diaframma, ma dirò solo quello che serve per poter applicare la regola, consapevole di non scrivere su una rivista per tecnici specializzati in riparazione di fotocamere o di fotografi professionisti. Nel prossimo incontro vi spiegherò quindi come sono nate e come applicare le regole dell’ortografia delle immagini.

4. Un’immagine che mostra l’anatomia ottica di due incisivi centrali, in particolare la presenza delle crepe dello smalto, evidenziate grazie a una tecnica d’illuminazione che ho sviluppato recentemente.
4. Un’immagine che mostra l’anatomia ottica di due incisivi centrali, in particolare la presenza delle crepe dello smalto, evidenziate grazie a una tecnica d’illuminazione che ho sviluppato recentemente.

 bibliografia

· Loiacono P, Pascoletti L. Fotografare in odontoiatria: teoria e tecnica per la moderna documentazione. Milano, Quintessenza Internazionale, 2010. 

· Loiacono P. Le nuove evidenze scientifiche in fotografia, cultura del colore e workflow digitale in odontoiatria. Milano, Quintessenza Internazionale, 2015, in stampa.

· Loiacono P. La fotografia digitale per la diagnosi dei colori in odontoiatria estetica. Parte prima. Quintessenza Internazionale 2012;28(3):93-113. 

· Loiacono P, Molina B. La fotografia digitale per la diagnosi dei colori in odontoiatria estetica. Parte seconda. Quintessenza Internazionale 2012;28(4):83-101. 

· Loiacono P. La fotografia digitale per la diagnosi dei colori in odontoiatria estetica: il glossario del colore. Parte terza. Quintessenza Internazionale 2013;29(1):
9-26.

· Oleari C. Misurare il colore: fisiologia della visione a colori. Milano: Hoepli, 2008.

· Loiacono P. Il nuovo concetto di anatomia ottica. Il Dentista Moderno 2014;10:44-82.

· Devigus A. La fotografia dentale digitale. Il Dentista Moderno 2010;9:76-86.

Presente e futuro in fotografia odontoiatrica - Ultima modifica: 2015-02-16T17:49:44+00:00 da Redazione

4 Commenti

  1. […] in odontoiatria da Clark negli anni ’30, deriva dalla teoria del pittore statunitense – paesaggista e ritrattista – Albert H. […]

  2. […] in odontoiatria da Clark negli anni ’30, deriva dalla teoria del pittore statunitense – paesaggista e ritrattista – Albert H. […]

  3. […] Fotocamere digitali: anche la maggior parte di prodotti audio-video di consumo acquisisce il colore come combinazione di rosso, verde e blu. Il modello RGB di acquisizione del colore è un’elaborazione additiva tra luce rossa, verde e blu, in modo da riprodurre una vasta gamma di colori. Le fotocamere rappresentano l’approccio più semplice per la presa del colore digitale, e mantengono ancora un certo grado di scelta personale, a occhio nudo. Diversi approcci sono stati utilizzati per tradurre questi dati in informazioni che non lascino nulla all’interpretazione. […]