Oro: un’odontoiatria fuori dal tempo o una reale alternativa clinica?

8. Il caso finito.

Riassunto
L’attualità delle ricostruzioni indirette in lega aurea è sempre oggetto di discussione; numerosi infatti sono gli studi longitudinali che riportano ottimi risultati riguardo agli intarsi in oro se paragonati con altri manufatti indiretti quali compositi e ceramica. Tali riscontri, assai frequenti negli anni Novanta, hanno trovato nuove corrispondenze anche nella letteratura recente. La tecnica descritta in questo articolo è quella denominata di Tucker, dal nome del suo inventore; essa rappresenta una metodica di applicazione clinica delle ricostruzioni indirette che mira al risparmio del tessuto dentale, alla preparazione di cavità conservative estremamente precise e alla rigorosa procedura di cementazione. Una descrizione dettagliata di tutti i passaggi fornirà al clinico l’opportunità di verificare quanto questa metodica possa essere utile anche in questi tempi dominati dalle tecniche adesive.

Summary
Cast gold: a real clinical alternative or ancient dentistry?
Cast gold reconstruction have been widely investigated in longitudinal clinical trials; most of studies of late nineties reported extremely interesting results over these type of restorative procedures if compared to composite resins and ceramics. Tucker’s technique, described in this paper, might be considered one of the most popular and conservative for indirect gold restorations; it’s simple, precise and rigorous from preparation to luting procedure. A detailed description of all the clinical steps might drive the clinicians through this technique that could give the opportunity to restore teeth in several clinical stages; still useful in the adhesive technique era.

Pubblicità

Gruppo di studio R. V.Tucker;
Pier Luigi Ballor

Le ricostruzioni indirette in oro sono ancora attuali? È una domanda che sembra, nell’odontostomatologia odierna, avere una risposta certa. Lo sviluppo vertiginoso delle tecniche adesive, le obiettive necessità estetiche e la diminuzione della prevalenza della patologia cariosa sembrano avere segnato il destino delle ricostruzioni probabilmente più antiche del mondo. Fermarsi a delle indicazioni generali potrebbe essere fuorviante stante l’analisi che ci siamo prefissi di condurre attraverso questo articolo. Un’accurata disamina sul tema pare opportuna in considerazione del fatto che, a tutt’oggi, lo standard di riferimento per tutte le ricostruzioni di tipo indiretto è rappresentato dall’oro. A supporto di quest’affermazione basta scorrere la letteratura recente e meno recente per capire quanto efficaci siano, in termini di longevità, le ricostruzioni che vengono effettuate attraverso questo metallo prezioso. Senza ricorrere agli studi di periodi lontani, è sufficiente rilevare quanto affermato da Mjor negli anni Novanta quando, osservando per un sufficiente periodo una popolazione in cui erano state effettuate otturazioni in oro coesivo o intarsi in oro, l’autore rilevò una durata media oscillante tra i 15 e i 18 anni, con una percentuale di rifacimenti, principalmente legata a fratture dell’elemento dentale o a carie secondarie. A considerazioni analoghe è giunto pure Rykke che osservando la letteratura in merito ha concluso che i restauri indiretti in lega aurea sono, assieme alle ceramiche, quelli più longevi, assestandosi intorno ai 13-15 anni per la media del tempo di rifacimento contrariamente a quanto evidenziato con amalgama d’argento e resine composite. È bene però precisare che la qualità dei materiali resinosi di quell’epoca non è paragonabile con quella oggi disponibile sul mercato. A fronte di questi riscontri positivi, tuttavia, non sono pochi gli aspetti meno favorevoli che i restauri indiretti in lega aurea presentano; tra essi il più evidente risulta essere quello della non facile operatività. Per eseguire un intarsio in oro corretto occorrono abilità dell’operatore e capacità dell’odontotecnico nell’eseguire il manufatto. In aggiunta, una certa adattabilità da parte del paziente che si deve sottoporre a due sedute operative. Le alterazioni cromatiche che inducono sullo smalto e il colore stesso degli intarsi aurei spesso ne sconsigliano l’utilizzo in aree visibili della bocca. Infine, il rapporto costo/beneficio appare, per certi versi, perlomeno discutibile. Come comprovato, infatti, da vari studi il miglior rapporto qualità-prezzo è sostenuto ancora dalle ricostruzioni in amalgama d’argento, oggi quasi messe al bando per presunti effetti tossici anche se, recentemente, alcuni contributi sembrano smentire categoricamente questa possibilità. Analizzando nel tempo i dati emersi dalla letteratura relativamente alle ricostruzioni in oro, non senza sorpresa, potremmo affermare che il materiale in questione è di gran lunga quello da preferirsi; esistono infatti contributi che riportano risultati che risalgono a quasi cinquant’anni. L’esperienza personale ha permesso di conoscere i moltissimi pregi e i pochi difetti di una tecnica che, come abbiamo precedentemente detto, può sembrare desueta, ma che rimane un’eccellente soluzione in casi mirati. Sicuramente lo sviluppo avuto – in questi ultimi anni – dai materiali compositi e dalle tecniche adesive consente l’esecuzione di restauri duraturi ed esteticamente molto validi; non per questo, però, l’alternativa in lega aurea deve considerarsi superata, soprattutto dal punto di vista clinico e funzionale. È altresì evidente che molte delle acquisizioni di tipo tecnico-operativo derivino dalle indicazioni, cliniche e di pratica professionale, tipiche delle tecniche indirette basate su restauri in lega aurea. Infatti, il seguire rigorosamente la tecnica di preparazione per intarsi in lega preziosa ha spinto i clinici alla ricerca della precisione e alla cura del particolare, elemento essenziale nella professione odontostomatologica (Figura 1).

1. Accuratezza del bisello cervicale, segno della precisione legata alla tecnica.
2. Cavità preparata con materiale composito autopolimerizzante volto a eliminare i sottosquadri.

Basti ricordare la cosiddetta “tecnica del build-up” (Figura 2) o, come da altri riportato, quella del “block-out”, o eliminazione dei sottosquadri, volta a rispettare la maggior parte del tessuto dentale, che sta anche alla base dell’apprendimento delle tecniche adesive indirette, anch’esse volte a sacrificare la minima parte dei tessuti duri dentali. Inizialmente si eseguivano intarsi in oro anche in piccole cavità sfruttando la longevità di questi restauri (Figure 3 e 4); oggi questa soluzione andrebbe sicuramente rivalutata vista l’affidabilità delle tecniche adesive in queste circostanze cliniche.

3. Piccola cavità a “slot” su 16.
4. Il controllo radiografico.

Tuttavia, analizzando le situazioni di profonde carie interprossimali – particolarmente dove non esista più smalto a livello cervicale e la richiesta estetica non sia preponderante (Figure 5 e 6) – restaurare l’elemento con materiali aurei indiretti permette di ottenere un ottimo risultato, stabile nel tempo. L’intarsio aureo sembrerebbe conferire una stabilità occlusale difficilmente raggiungibile, soprattutto nel lungo periodo, con altri tipi di materiali; pertanto, in presenza di parafunzioni, quando l’occlusione ha un’importanza fondamentale il restauro in oro è a tutt’oggi una soluzione validissima.

5. La preparazione delle cavità.
6. La cementazione dei manufatti.

 

 

 

 

 

Oro: un’odontoiatria fuori dal tempo o una reale alternativa clinica? - Ultima modifica: 2013-03-14T15:43:16+00:00 da Redazione

1 commento

  1. Non c’è dubbi – intarsi in oro, sono migliori vai sul mio sito favebook e vedi intarsi fatti più di 30 anni fa.

LASCIA UN COMMENTO

Inserisci il tuo commento
Inserisci il tuo nome