In odontoiatria le lesioni neurologiche sono una complicanza che può condizionare fortemente il successo di alcuni interventi. Sarà quindi indispensabile conoscere quali sono le terapie che possono causare neuropatia essere preparati ad agire al presentarsi dei sintomi.

In primo luogo, tuttavia, vanno ricordati i tronchi nervosi più importanti che possono essere danneggiati. Si tratta principalmente del nervo linguale e, ancor di più, del nervo alveolare inferiore, entrambi rami del nervo mandibolare.

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Il primo, esclusivamente sensitivo (eccezion fatta per le fibre viscero-effettrici delle ghiandole salivari minori e sottomandibolare), fuoriesce dalla fossa infratemporale, per poi decorrere adeso al periostio mandibolare sul versante linguale, passando al di sotto del dotto di Wharton. È in questa zona che il nervo è massimamente esposto al rischio di essere danneggiato, principalmente nel corso di interventi di estrazione di terzi molari inclusi o di allestimento di siti implantari, sempre in regione molare.

Si dirige successivamente in fossa sottolinguale, quindi verso l’apice della lingua, dove si disperde nei suoi rami terminali.

Il nervo alveolare inferiore è un collaterale misto, contenente fibre sensitive e motrici somatiche. Presenta un decorso all’incirca parallelo al nervo linguale, dato che passa lungo la faccia mediale del ramo mandibolare, senza però prendervi mai contatto. Una volta rilasciato il collaterale milo-joideo dedicato allo stesso muscolo, il tronco penetra all’interno del foro mandibolare, dal quale ha inizio il canale mandibolare. Qui si forma il plesso alveolare inferiore, insieme dei rami dentali ed interdentali, che serve l’emiarcata gengivo-dentale inferiore. Il nervo alveolare inferiore termina con i rami mentale, il quale fuoriesce dal forame mentoniero e si distribuisce alla cute del mento e del labbro inferiore, e incisale, indirizzato alla sinfisi.

Il nervo potrà soffrire di qualunque intervento che porti ad un’esposizione del canale alveolare: si tratterà in primo luogo di manovre chirurgiche, ma non solo; l’invasione del canale può essere una complicanza estrema dell’endodonzia, e va sottolineato come alcune sostanze utilizzate in ambito endodontico abbiano azione neurotossica.

Per poter mettere in atto una terapia efficace, la diagnosi precoce è fondamentale: nel caso in cui clinico si renda conto del danno nel corso dello stesso intervento che lo ha causato, potrà immediatamente decidere come procedere.

In alternativa, sarà il paziente a riferire un quadro che induca al sospetto clinico, comprendente uno tra i seguenti sintomi:

  • ipoestesia: sensibilità ridotta
  • parestesia: sensibilità alterata
  • disestesia: sensibilità alterata e dolore
  • anestesia: sensibilità assente
  • iperestesia: sensibilità aumentata.

In alcuni casi i sintomi possono modificarsi nel tempo.

Nei casi di neuroaprassia e assonotmesi (anche in caso di parziale cicatrizzazione) il primo presidio terapeutico è l’attesa, eventualmente coadiuvata da consulto neurologico. Per i casi in cui non vi sia restitutio ad integrum sono stasi proposti nel tempo interventi riparativi più o meno efficaci, di competenza neurochirurgica o maxillo-facciale, come la neurorraffia, ossia la sutura dell’epinevrio con tecnica microchirurgica, o l’innesto di un nervo periferico minore. Per queste eventualità, è bene che l’odontoiatra abbia una figura specialistica di riferimento alla quale appoggiarsi.

 

Neuropatia iatrogena in odontoiatria: cause diagnosi e terapia - Ultima modifica: 2015-08-22T09:19:27+00:00 da redazione

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