Inquadramento, follow up e terapia delle lesioni del nervo alveolare inferiore

lesioni-del-nervo-alveolare-inferiore
Tabella1

• Federico Biglioli1

• Fabiana Allevi1

Pubblicità

• Alessandro Lozza2

1Università degli Studi di Milano, Unità Operativa
di Chirurgia Maxillo Facciale, Ospedale San Paolo, Milano (Direttore: Federico Biglioli)

2Struttura  Complessa di Neurofisiopatologia, Istituto Neurologico Nazionale C. Mondino, Pavia,
Direttore Prof. Arrigo Moglia

Riassunto

Le lesioni a carico del nervo alveolare inferiore rappresentano un problema molto attuale, legato alla pratica sempre più diffusa della chirurgia orale e implantare. Il danno nervoso che ne deriva è variabile: può andare incontro a risoluzione spontanea, può comportare dei deficit di funzionalità residua oppure algie che deteriorano la qualità della vita.

Più frequentemente il paziente lamenta iniziale ipoestesia (anestesia del labbro inferiore e del mento). In assenza di certezza della sezione del nervo, si decide di soprassedere all’intervento microchirurgico, in quanto alcune lesioni tendono ad autorisolversi entro 2-3 mesi. In caso di sezione parziale o completa del nervo, i tempi di recupero ottimale si allungano. Entro 6-8 mesi si assiste a un buon grado di ripresa della funzionalità del nervo, mai completa. Questa è legata alla posizione del nervo all’interno del canale mandibolare che favorisce il fenomeno di rigenerazione nervosa spontanea dal moncone prossimale verso quello distale. Nei casi in cui l’autoriparazione non avvenisse perché il danno è esterno al canale mandibolare (nervo mentoniero), oppure questo sia occupato da corpi estranei come residui radicolari o impianti dentari, si può effettuare un intervento microchirurgico ricostruttivo. È molto differente invece la situazione in cui si sia in presenza di sintomatologia algica. Questa infatti inficia gravemente la qualità della vita del paziente ed è pertanto necessario intervenire il più precocemente possibile. Ciò anche al fine di garantire il miglior risultato, inversamente proporzionale al tempo trascorso dall’evento lesivo.  La terapia farmacologica, eventualmente associata a quella psicologica, viene riservata ai casi di mancata risoluzione del dolore nonostante l’intervento microchirurgico, oppure se questo non sia indicato in quanto già trascorso troppo tempo dall’evento lesivo (più di 12 mesi).

Summary

Classification, follow-up and treatment of inferior alveolar nerve injuries

The sheer number of implantologic and oral surgical procedure performed worldwide each day make inferior alveolar nerve injuries an important and commonplace issue. Nervous injuries elicit different symptoms, associated with variable course: spontaneous resolution, functional deficit or debilitating pain.

Patients at first usually report lower lip and chin hypo-anesthesia of the lower lip. If the nerve injury cannot be ascertained, usually the microsurgical procedure is delayed, since there is still a chance of spontaneous healing up to 2-3 months. If the nerve is only partially or completely sectioned, optimal recovery times are longer. In 6-8 months time, the nerve usually recovers good, if partial, function. This astonishing nerve recovery is due to the favorable position of the nerve, inside the mandibular canal. Such position helps the spontaneous regeneration of the proximal stump towards the distal stump. If the injury is located externally to the mandibular canal (i.e. it is located along the mental nerve), this spontaneous healing might not happen: in these cases a microsurgical reconstructive procedure can provide a long-sought answer.

Whenever pain is the main symptom reported by the patient, the management is extremely different. Nerve injuries related pain poses a serious threat to to patient’s quality of life and a prompt intervention is mandatory. An early surgical intervention grants also the best result: the earlier the procedure, the better the result.

Drugs and – whenever deemed necessary – psychological support should be employed in patient where pain remains uncontrolled despite a microsurgical procedure. Surgical procedure can be effective if performed by 1 year from the nerve injury; after 1 year from the injury support drug and psychological therapy should be the treatment of choice.

Le lesioni del nervo alveolare inferiore (NAI) sono piuttosto frequenti a causa dell’ampia pratica della chirurgia orale, dell’implantologia e della chirurgia perimplantare.

Fortunatamente i processi autoriparativi del nervo nel suo decorso intraosseo, la sede ampiamente più frequente delle lesioni, limitano molto i danni residui. È curioso però constatare come spesso la patogenesi dei traumi, i meccanismi di guarigione delle lesioni nervose, i loro tempi e la prognosi siano parzialmente o completamente oscuri a gran parte dei professionisti. Si viene pertanto a conoscenza di prognosi di guarigione formulate in modo completamente erroneo, piuttosto che intuitivamente vicine al vero ma con spiegazioni lontane dall’evidenza scientifica.

Uno dei più frequenti fraintendimenti, per esempio, è dovuto alla convinzione che il danno nervoso, in caso di posizionamento di impianti endossei, sia legato alla presenza della fixture all’interno del canale mandibolare. In realtà la lesione è avvenuta per contatto con una delle frese di preparazione del sito implantare. Infatti, anche a bassi regimi di rotazione questa è in grado di “triturare” il nervo in una breve frazione di secondo. Accertata radiologicamente la presenza dell’impianto nel canale, il professionista provvede generalmente ad asportarlo oppure a deruotarlo per alcune spire. Ciò è corretto, ma non ha la funzione, come spesso è ritenuto, di alleggerire il danno compressivo sul NAI. In realtà la liberazione del canale serve a permettere che il nervo, attraverso il processo di autoriparazione naturale, abbia agio di ricostituirsi senza impedimenti meccanici che lo ostacolino.

Se la lesione è invece extraossea, per esempio in prossimità del foro mentoniero, i meccanismi di autoriparazione del nervo sono pressoché impossibili perché manca il convogliamento delle fibre nervose che rigenerano dato dalle pareti del canale mandibolare. La parziale ripresa nervosa a cui generalmente si assiste è allora dovuta all’occupazione della regione denervata da parte delle fibre nervose delle regioni sensitive contigue e non all’autoriparazione del NAI.

Forse la conseguenza più negativa di una scarsa cognizione dei principi dei meccanismi riparativi delle lesioni nervose è il tipico ritardo diagnostico e di cura cui va incontro il paziente. Infatti, qualora il NAI abbia la capacità di riprendere spontaneamente la propria funzionalità questa inizia entro 2-3 mesi ed è di buon grado entro i 6-8 mesi. Se il professionista consiglia invece al paziente di attendere oltre rischia di escludere la possibilità di porre rimedio chirurgico o ne limita i risultati. Ancora più chiari devono essere i tempi di intervento in caso di lesioni dolorose. Infatti queste devono essere trattate assolutamente con urgenza, pena il rischio di cronicizzare una situazione che deteriora in modo profondo la qualità della vita dei nostri pazienti.

Cenni anatomici e fisiologici

Il nervo alveolare inferiore è un nervo prevalentemente sensitivo, ramo della terza branca trigeminale, il nervo mandibolare, diretto al terzo inferiore del volto. Immediatamente dopo la sua origine dal nervo mandibolare, il NAI si porta in basso, decorrendo tra i due muscoli pterigoidei, interno ed esterno, posteriormente e lateralmente rispetto al nervo linguale.
Giunto nei pressi del margine inferiore del muscolo pterigoideo esterno, piega in avanti e verso il basso fino a raggiungere il versante mediale del ramo mandibolare, dove si immette tramite il forame mandibolare nel canale omonimo.  Appena prima di impegnarsi all’interno del canale, il NAI emette un ramo collaterale, il nervo miloioideo che si porta verso il pavimento della bocca dove dà rami motori per il muscolo miloioideo e per il ventre anteriore del muscolo digastrico. Il NAI decorre lungo l’intero canale, portandosi in avanti, emettendo rami collaterali, i nervi dentali posteriori e medi, che portano la sensibilità della cresta alveolare inferiore dei settori posteriori e degli elementi dentari. In prossimità del foro mentale, il NAI si divide nei suoi due rami terminali, il nervo mentale (NM) e il nervo incisivo (NI); il primo fuoriesce dal canale e si distribuisce ai tessuti molli della sinfisi mentale e del labbro inferiore, mentre il secondo prosegue il suo decorso all’interno del canale diretto alla cresta alveolare inferiore nella porzione anteriore e agli elementi dentari interforaminali omolaterali. Una volta che il NAI si impegna all’interno della mandibola, la sua funzione è puramente sensitiva. Ne consegue che una lesione che lo riguardi non può determinare una paralisi, bensì un’alterazione della sensibilità (disestesia), in termini di assenza (anestesia) o riduzione (ipoestesia) della sensibilità, aumento patologico della stessa (iperestesia) oppure dolore nei territori di competenza del nervo1,2.

Classificazione delle lesioni nervose

Oggigiorno, la classificazione delle lesioni nervose a cui più spesso si fa riferimento è quella proposta da Seddon nel 19433, che si presenta molto semplice e facilmente applicabile a differenza delle numerose altre classificazioni proposte nel corso degli anni da diversi Autori tra cui Sunderland, che nel 1951 distinse le lesioni nervose in cinque gruppi, a seconda del loro livello di gravità4.

Secondo la classificazione di Seddon, le lesioni nervose si distinguono in neuroaprassia, assonotmesi e neurotmesi.

La neuroaprassia, che coincide al grado I della classificazione di Sunderland, corrisponde alla forma meno grave di lesione nervosa e si caratterizza per la presenza di un difetto di tipo funzionale senza interruzione delle fibre assonali né del nervo stesso.

Presenta la prognosi migliore, andando di solito incontro a risoluzione spontanea entro due mesi, senza necessità di alcun tipo di trattamento chirurgico se non la rimozione dell’agente lesivo presente nel canale mandibolare (residui radicolari, strumenti per osteotomia, endodonzia o avulsione, frammenti ossei ecc.). Si verifica generalmente in seguito a episodi di compressione o trazione del nervo. L’unico segno microscopicamente rilevabile è la presenza di edema attorno alla struttura nervosa.

L’assonotmesi (gradi II, III, IV di Sunderland) è invece caratterizzata dalla lesione microscopica delle fibre nervose assonali, senza che si riscontri discontinuità macroscopica della struttura nervosa stessa. Macroscopicamente il nervo appare dunque continuo, anche se magari assottigliato o irregolare nel punto della lesione, ma osservando le sue fibre al microscopio parte di esse appaiono interrotte. In questi casi si attiva il processo di degenerazione retrograda e di rigenerazione delle stesse. Anche per questo tipo di lesioni si ha risoluzione spontanea, ma con tempi più prolungati che vanno dai 3 ai 6 mesi. Il grado di ripresa funzionale può essere elevato, quasi mai completo.  Vi possono essere inoltre alterazioni territoriali nella rilevazione dello stimolo (per esempio uno stimolo sul labbro riferito al mento) dovute alla errata direzione presa dalle fibre assonali nella rigenerazione all’interno della struttura del nervo.

La neurotmesi (grado V di Sunderland), invece, rappresenta lo stadio più grave di lesione nervosa, dove questa risulta sezionata e anche macroscopicamente si apprezza una soluzione di continuo nel suo decorso, con conseguente deficit completo della funzione nervosa. La rigenerazione spontanea delle fibre di un nervo allocato all’interno dei tessuti molli è pressoché impossibile perché la sezione del nervo comporta una retrazione dei due monconi nervosi e il loro allontanamento. Questo fenomeno è ridotto se parliamo del NAI, in quanto il suo decorso all’interno di un canale osseo ne limita molto la retrazione elastica. Inoltre, come vedremo, le pareti del canale fungono da guida e facilitano i processi rigenerativi.

Eziologia ed eziopatogenesi

I fattori determinanti lesioni a carico del NAI e dei suoi rami terminali, nervo mentale e nervo incisivo, sono molteplici.

Le modalità con cui si verifica il danno nervoso sono diverse, dipendono dal tipo di manovra chirurgica messa in atto e dallo strumentario utilizzato; esse comprendono:

  • danno compressivo. Si realizza quando durante le manovre di avulsione dentaria le radici dell’elemento dentario incriminato vengono dislocate, andando a comprimere la struttura nervosa, oppure nel caso in cui l’utilizzo di divaricatori o scollatori di protezione tengono il nervo lontano dal campo operatorio per preservarlo e migliorare la visibilità del chirurgo. Si tratta di lesioni con prognosi di ripresa funzionale ottima che avrà luogo in maniera spontanea e completa in un tempo compreso tra le settimane e i mesi;
  • danno da stiramento. Le modalità con cui si realizza sono le stesse rispetto a quelle del danno da compressione e il nervo viene trazionato lungo il suo asse. Anche in questo caso la ripresa avviene in maniera spontanea nel corso di 20-90 giorni, a volte in maniera incompleta poiché lo stiramento può determinare una rottura assonale parziale (assonotmesi);
  • sezione parziale del nervo. Questo tipo di danno si realizza a seguito dell’utilizzo di strumenti taglienti quali ad esempio il bisturi a freddo o lo scollatore oppure di strumenti elettrici quali le pinze bipolari o l’elettrobisturi. La prognosi è ancora più grave, comportando questo tipo di lesione un’interruzione della continuità della struttura nervosa e dipende strettamente dalla percentuale di fibre nervose coinvolte nel danno. Il tempo di ripresa, mai completa, è variabile, andando da 3 a 12 mesi. A volte la cicatrice che esita, inglobando il nervo, può comportare dolore spontaneo;
  • sezione completa del nervo. Questo tipo di lesione si verifica con le stesse modalità della lesione parziale; la differenza consiste nel fatto che tutte le fibre nervose sono interessate e si ha una soluzione di continuo della struttura nervosa, macroscopicamente identificabile. In genere, i due monconi nervosi, in seguito al taglio/strappo che determina il danno, si retraggono. Se il fenomeno avviene al di fuori del canale mandibolare, come ad esempio cranialmente alla spina dello Spix o distalmente al foro mentale, la ripresa funzionale risulta nulla poiché la distanza tra i due monconi nervosi è tale da impedire il fenomeno di rigenerazione assonale da quello prossimale verso quello distale. Se invece la lesione avviene all’interno del canale mandibolare, questo funge da guida per la rigenerazione delle fibre nervose convogliandole verso il moncone distale; la prognosi di ripresa funzionale pertanto è sovrapponibile a quella di una lesione parziale delle fibre nervose con mantenimento dell’integrità dell’epinevrio: inizio della ripresa entro 2-3 mesi, gran parte della stessa completata a 12 mesi, conclusione del processo ripartivo a 24 mesi. Ovviamente tutto ciò non è possibile qualora il canale sia occupato da un corpo estraneo (impianto, elemento radicolare, spicula ossea). In questo caso è indicato intervenire microchirurgicamente per rimuovere l’ostacolo e ricostruire il nervo lesionato. A volte durante la guarigione, si forma una cicatrice che si inframmezza alla rigenerazione assonale creando una sorta di gomitolo di fibre nervose e cicatriziali che prende il nome di neuroma d’amputazione. Ciò è più frequente a livello dei tessuti molli, ove la cicatrizzazione è tipica, rispetto al canale mandibolare ove questa tendenza è ridotta. Lo stesso fenomeno può realizzarsi anche quando il nervo non è completamente interrotto; in quest’ultimo caso la formazione di tessuto cicatriziale insieme alle fibre assonali in corrispondenza del danno prende il nome di neuroma traumatico. In entrambi i casi, queste neoformazioni danno luogo nel 50% dei pazienti ad algie spontanee o determinate dalla pressione che si esercita su di esse. In questi casi l’intervento chirurgico deve essere tempestivo e mirato all’asportazione del neuroma e alla ricostruzione del nervo1,5. Il procrastinare l’intervento può comportare la cronicizzazione inficiando i risultati della microchirurgia.

Sono molteplici gli interventi nell’ambito della chirurgia orale che mettono a rischio strutture nervose quali il NAI, il nervo mentale e il nervo incisivo: vediamoli.

  • La causa in assoluto più frequente è l’avulsione degli ottavi inferiori inclusi. Il NAI risulta infatti coinvolto nello 0,4-25% dei casi6-12. Un’attenta valutazione pre-operatoria del decorso del nervo non sempre è in grado di porre il chirurgo al riparo dal rischio di lesione nervosa; il NAI infatti presenta un decorso estremamente variabile, contraendo rapporti diversi con le strutture adiacenti nei diversi pazienti13. La valutazione della posizione del nervo tramite il semplice studio dell’ortopantomografia non è sufficiente poiché quest’indagine radiologica, bidimensionale, non permette di capire con precisione la posizione trasversale del canale mandibolare rispetto alle radici dentarie dell’ottavo; la TC invece consente questa valutazione, sebbene secondo alcuni Autori ciò non è in grado di limitare il tasso di complicanze14 (Figure 1, 2).
  • Anche l’implantologia rappresenta oggigiorno una causa frequente di lesioni nervose. Nello 0-8% dei casi di lesione del NAI la causa è da ricercarsi nel posizionamento di impianti dentari in regione posteriore al forame mentale15-19. La modalità con cui il danno si verifica è da attribuire all’utilizzo di frese rotanti; sono diversi però i fattori che entrano in gioco nel far sì che un danno nervoso si verifichi: la durezza dell’osso, per esempio, è un fattore importante in quanto spesso costringe a effettuare una pressione tale che rende più difficilmente controllabile la fresa nel momento in cui questa arrivi nei pressi di osso più morbido; allo stesso modo anche l’utilizzo di frese usurate o con ridotta capacità di aggredire l’osso può obbligare il professionista ad applicare pressioni troppo elevate al manipolo chirurgico. L’esperienza e la manualità rappresentano sicuramente un fattore degno di nota. In ultimo, non ci si deve limitare a considerare il fattore profondità come l’unico importante nel posizionare impianti preservando il nervo alveolare, ma si deve estendere la valutazione anche alla trasversalità; ciò significa che la fresa può arrivare all’altezza del nervo, ma passargli di fianco, perché più vestibolare o più linguale rispetto alla posizione del NAI. Qualora ci si trovi di fronte a un danno determinato da un evento di questo tipo, è mandatorio rimuovere l’impianto o quanto meno deruotarlo di alcune spire, non tanto perché questa manovra rimuova l’agente lesivo del nervo, che non è la compressione dello stesso, ma perché eliminando il corpo estraneo dal canale mandibolare si rende possibile il realizzarsi di quel processo di cui abbiamo in precedenza parlato: la rigenerazione assonale (Figure 3-6).
  • I prelievi ossei dalla mandibola per l’esecuzione di innesti rappresentano una possibile causa di lesioni nervose, in particolar modo quando l’osso viene prelevato dalla regione sinfisaria20; il NAI è invece meno frequentemente coinvolto in caso di prelievo dalla regione del trigono.
  • L’enucleazione di lesioni cistiche mandibolari pone a rischio il NAI o i suoi rami terminali soprattutto quando si realizzano determinate condizioni, vale a dire in caso di riassorbimento delle pareti ossee del canale mandibolare da parte della cisti, con conseguente stretto rapporto del nervo con la lesione oppure qualora la cisti si estenda fino nei pressi del foro mentale. Le necessarie manovre di distacco del nervo dalla parete cistica possono infatti creare un trauma da stiramento del NAI (Figure 7-12).
  • L’esecuzione di apicectomie per la presenza di granulomi periapicali comporta una stretta vicinanza di lavoro al NAI e questo è ovviamente un rischio. Altre manovre pericolose per lesioni nervose sono l’avulsione di elementi dentari erotti in arcata ma con le radici in stretto rapporto con il canale mandibolare, di elementi dentari inclusi o sovrannumerari, l’asportazione di lesioni benigne odontogene e non: tutte queste operazioni pongono il NAI e il NM, a seconda della loro posizione, a rischio di lesione. Nell’effettuare questo tipo di interventi è dunque di fondamentale importanza un’attenta valutazione pre-operatoria, assicurarsi un’ottima visibilità chirurgica e identificare e proteggere le strutture nervose presenti.
  • Lo stravaso di materiale endodontico nel canale mandibolare determina una lesione a carico del nervo di tipo diverso rispetto ai danni conseguenti a taglio o a strappo della struttura nervosa, infatti si tratta di un danno di tipo irritativo. La sintomatologia può essere silente oppure costituita da leggere sensazioni disestesiche, a volte confuse per incompleta devitalizzazione dell’elemento dentario. Talora, invece, l’effetto caustico del materiale utilizzato è tale da determinare l’interruzione completa o parziale del NAI. Ne possono conseguire disestesie o algie, a volte tanto violente da risultare insopportabili e difficilmente controllabili anche con farmaci morfinici.
  • Anche l’anestesia tronculare, sebbene più raramente rispetto ai casi di lesioni del nervo linguale, può generare danno nervoso del NAI. La reale incidenza di questo tipo di danno è però estremamente difficile da identificare, in quanto gli studi sono solitamente retrospettivi e raramente viene tenuto conto di situazioni che si autorisolvono20-22.

Sintomatologia clinica

La manifestazione clinica di una lesione a carico del NAI può presentarsi in maniera molto variabile. L’82,6% dei pazienti infatti lamenta ipoestesia o anestesia completa del territorio di competenza del nervo, l’8,7% dei soggetti anestesia dolorosa e il restante 8,7% altre forme di alterazione della sensibilità (tendenzialmente disestesie vissute con fastidio). È fondamentale la distinzione tra perdita della sensibilità, totale o parziale, e la presenza del dolore, in quanto le modalità e le tempistiche di intervento sono differenti. La presenza di dolore, qualunque sia la sua forma, determina un deterioramento significativo della qualità di vita del paziente, che presenta spesso forme di depressione reattiva. La gestione del paziente deve essere pertanto immediata, in quanto i risultati sono nettamente migliori quanto più precocemente si interviene. Il dolore può presentarsi in maniera differente: come anestesia dolorosa nell’8,7% dei casi, dando al paziente la sensazione di “arto fantasma” con anestesia nel territorio di competenza del nervo; come iperalgesia, vale a dire una sensazione dolorosa in risposta a uno stimolo che normalmente non suscita dolore; come iperpatia, cioè una sensazione di dolore ritardato in risposta a uno stimolo pressorio; oppure come dolore simpatico mediato, determinato dal tono ortosimpatico, in risposta al freddo o a stimoli di carattere emotivo e controllato da inibitori alfa-adrenergici23.

Quando il paziente presenta semplice ipoestesia-anestesia in corrispondenza del territorio di competenza del NAI, vale a dire sostanzialmente il labbro inferiore e il mento, inizialmente mal tollera la sintomatologia. Con il passare del tempo la situazione diventa molto più sopportabile e si riduce il numero di pazienti motivati a sostenere un intervento microchirurgico ricostruttivo del nervo. Questo dipende in parte dalla sintomatologia stessa che tende a regredire, in parte perché il paziente impara a convivere con il suo deficit.

La presenza di ipoestesia del labbro inferiore infatti non determina significativi impedimenti funzionali, a eccezione di un lieve deterioramento dell’intelligibilità del linguaggio, identificabile nel 34% dei pazienti affetti24-25.

La sintomatologia può cambiare con il trascorrere del tempo. In caso di lesione lieve, l’anestesia regredisce a ipoestesia in poche settimane e tende a scomparire completamente entro un paio di mesi. Anche l’area del labbro inferiore e del mento si riducono di dimensioni rapidamente. La presenza di anestesia completa o ipoestesia marcata a 2-3 mesi dall’intervento, così come il mantenimento di una vasta area cutanea interessata, fa invece propendere per un danno più marcato del nervo. L’area anestetica tende comunque un poco a ridursi per la naturale occupazione del territorio da parte delle terminazioni nervose sensitive delle regioni adiacenti.

Infine, può capitare che anche a distanza di 6-8 mesi il grado di anestesia sia elevato e l’ampiezza dell’area colpita invariata. Questo depone non solo per un danno grave del nervo ma anche per una sua incapacità a rigenerare. Probabilmente il danno è esterno al canale mandibolare o questo è obliterato, con impedimento alla rigenerazione assonale.

Diagnosi e follow up

La diagnosi di lesione nervosa è semplice: se il paziente riferisce anestesia/ipoestesia o algie, la lesione è avvenuta! Diverso è capire se questa sia in grado di risolversi spontaneamente in tempi rapidi senza lasciare reliquati (neuraprassia) oppure se ci sia da aspettarsi recuperi lunghi e parziali in termini di ripresa quantitativa finale (neurotmesi).

Per cercare di orientarsi, è opportuno mettere insieme informazioni relative all’intervento chirurgico, dati clinici, strumentali e seguire nel tempo il decorso del paziente. Per quanto attiene all’intervento chirurgico, è opportuno rilevare le impressioni dell’operatore, eventuali difficoltà intraoperatorie con manovre rischiose per il nervo. Ad esempio è importante sapere se durante l’utilizzo di una fresa rotante il paziente ha sentito una “scarica elettrica” al labbro: questo orienterebbe per una lesione diretta del nervo con sua parziale e totale discontinuazione.

L’esame obiettivo è fondamentale, in quanto consente di stabilire che tipo di sintomatologia la lesione ha provocato e di valutare esattamente l’area interessata. Il tempo intercorso dal trauma è fondamentale; se infatti un’anestesia completa a distanza di pochi giorni dal trauma può essere dovuta sia a una neuroaprassia che a una neurotmesi, a distanza di 2-3 mesi è molto più probabile che si tratti della seconda ipotesi (sezione del nervo). Se si trattasse infatti di una semplice compressione dello stesso, la ripresa sarebbe già avvenuta di buon grado.

Non è però sufficiente la clinica per effettuare una diagnosi definitiva; è opportuno infatti indagare anche da un punto di vista oggettivo. Infatti non sempre le informazioni e le risposte del paziente sono affidabili, per carattere particolarmente ansioso o, purtroppo, per il miraggio di un rimborso assicurativo che fa “aumentare” le lesioni riportate.

La valutazione strumentale più affidabile è neurofisiologica. Viene studiato il tempo silente masseterino per stimolo esterocettivo (Masseter Inhibitory Reflex-MIR).

La metodica analizza un riflesso di soppressione dell’attività dei muscoli masticatori per effetto di uno stimolo elettrico della innervazione periorale e orale trigeminale; tale riflesso ha come branche afferenti ed efferenti le terminazioni sensitive e motorie trigeminali e si integra a livello troncoencefalico provocando la comparsa di due periodi di soppressione a breve (SP1) e lunga latenza (SP2).

L’utilizzo di elettrodi ad ago di piccole dimensioni e con la sola punta elettricamente attiva consente una stimolazione molto precisa della zona ipo-anestesica. Il corpo dell’ago è infatti isolato con teflon.

Al paziente viene fatta valutare l’intensità di percezione dello stimolo sia nel lato affetto che in quello sano. In particolare, il paziente deve segnalare la “soglia tattile” – ossia la percezione di una stimolazione elettrica a bassa intensità – distinguendola dalla “soglia dolorifica” nel momento in cui la percezione assume chiare caratteristiche puntorie. Tale intensità è stata espressa in mA (milliampère) come parametro di controllo sia pre- che post-operatorio. Mediante la stimolazione elettrica (a 6 o 9 volte l’intensità di stimolo soglia dolorifica) viene poi ricercato il riflesso di soppressione dell’attività muscolare masseterina registrata con elettrodi di superficie valutando le sue due componenti SP1 e SP2 (apparecchio EMG Neurosoft – Neuro-MEP-Micro V2009 con aghi SPES Medica Italia, appositamente realizzati)26-29.

Anche il ricorso a indagini strumentali radiologiche può aiutare nella fase diagnostica; la TC mandibolare cone beam permette di valutare in modo preciso le strutture ossee. Essa consente di identificare eventuali distorsioni del canale mandibolare e la presenza di corpi estranei nel suo contesto (spicule ossee, impianti, residui radicolari, materiale endodontico), ma non è in grado di dare informazioni riguardo la qualità del nervo e la presenza di neuromi traumatici o d’amputazione. Le informazioni ottenute con la TC vanno però sempre attentamente ponderate e poste in relazione con la sintomatologia: la parziale occupazione del canale da parte di un corpo estraneo, in assenza di sintomatologia, non fa porre indicazione al trattamento chirurgico.

Una volta effettuata la diagnosi di lesione nervosa, vengono intraprese due diverse strade a seconda che il paziente presenti algia o ipo-anestesia. Nel primo caso infatti, come già si è detto, il paziente deve essere indirizzato all’intervento chirurgico quanto prima in modo da ottenere i migliori risultati30; in presenza invece di ipo-anestesia il soggetto viene sottoposto a un attento follow up per valutare le modifiche dei disturbi riferiti. Ambulatorialmente il paziente viene sottoposto routinariamente a test per valutare la sensibilità: test della pressione delicata (effettuato appoggiando un piccolo batuffolo nell’area ipoestesica), test dello strofinamento (eseguito sfregando il piccolo batuffolo nell’area ipoestesica e chiedendo al paziente di descrivere la sensazione che percepisce), test della discriminazione tra due punti (si esegue con due aghi sottili posti a distanza prestabilita nell’area ipoestesica e allontanandoli progressivamente, chiedendo al paziente di indicare quando riesce a identificarli come due punti distinti).

Solo nel caso in cui la sintomatologia sia rimasta di grado elevato a distanza di 8 mesi dall’evento lesivo e il paziente non sia disposto a tollerare la situazione, si prende in considerazione un intervento microchirurgico ricostruttivo.

Trattamento

Si distingue il trattamento medico da quello chirurgico. Il primo ha luogo durante il periodo post-lesione per agevolare i processi riparativi del nervo, nonché quando le algie non siano responsive al trattamento chirurgico. Il secondo viene indicato in caso di algie o mancata accettazione da parte del paziente degli eventuali deficit residui quali ipoestesia marcata o disestesie (Tabella 1).

Trattamento chirurgico

La riparazione immediata della lesione nel corso dello stesso intervento chirurgico che l’ha determinata rappresenterebbe ovviamente la condizione migliore; ma affinché questo si realizzi ci si dovrebbe trovare in una struttura dotata dello strumentario necessario a effettuare un’anastomosi nervosa, tra cui il microscopio operatorio, con uno specialista in microchirurgia presente per eseguire l’intervento. Il paziente dovrebbe poi essere trattato in anestesia generale, condizione fondamentale perché il campo operatorio abbia l’assoluta immobilità necessaria a effettuare l’intervento. È raro che queste condizioni si verifichino nel corso di un intervento di chirurgia orale, che sono invece più facilmente correlate a interventi di chirurgia maxillo-facciale maggiore5,30.

Per le lesioni da trazione e compressione del nervo, che si autorisolvono nel giro di alcune settimane, è evidente che non sussiste alcuna indicazione chirurgica.

Nel caso in cui modesti deficit di sensibilità residuino a distanza di 8 mesi dalla lesione, segno di un’avvenuta rigenerazione del nervo all’interno del canale mandibolare, l’intervento chirurgico appare sproporzionato e l’incremento di sensibilità che si otterrebbe non sarebbe particolarmente evidente.

Nei casi invece di sezione completa o parziale del NAI che determinino ipo-anestesia marcata a distanza di 8 mesi dall’evento lesivo, ma in assenza di dolore, si deduce che la rigenerazione assonale non abbia avuto luogo a causa di un impedimento meccanico all’interno del canale o semplicemente perché la lesione si è verificata all’esterno di esso. In questo caso l’indicazione all’intervento di ricostruzione microchirurgica deve essere ben ponderata discutendone con il paziente.

Infatti con il tempo diverse persone imparano a tollerare la condizione di iposensibilità residua del labbro e, per contro, l’effettuazione di un intervento in anestesia generale può non essere accettata di buon grado. Fortunatamente i casi più frequenti di occupazione del canale sono costituiti dalla presenza di impianti dentari: il professionista che si avvedesse di questa situazione deve provvedere tempestivamente (nei primissimi giorni) a deruotarli per alcune spire fino a liberare il canale mandibolare occupato.

Se invece fosse trascorso troppo tempo (più di un paio di mesi) e l’impianto risultasse già osteointegrato, la sua rimozione tramite frese ossivore sarebbe ad alto rischio di ledere nuovamente il nervo. In questi casi è più sicuro effettuare un intervento chirurgico in anestesia generale di accesso al canale: il nervo viene spostato e protetto e quindi si procede ad alesare la fixture con una fresa diamantata fintanto che questa non entri più in contatto con il nervo.

A volte invece il corpo estraneo è una radice dentaria o una spicula ossea dislocata durante manovre avulsive o un trauma. In questo caso è necessario rimuoverli meccanicamente durante l’intervento microchirurgico. L’apertura chirurgica del canale, l’asportazione degli eventuali corpi estranei e del tessuto osseo viciniore prende nome di decompressione nervosa. Non si procede ad alcun trattamento ulteriore del nervo se alla visione microscopica intra-operatoria questo appare di buona qualità oppure solo leggermente danneggiato in superficie.

Nei casi in cui il nervo risulti invece seriamente danneggiato, verrà sostituito con un graft venoso oppure di un nervo con funzionalità meno importante del NAI (in genere il surale o il grande auricolare).

Se il tempo intercorso dalla lesione nervosa supera i 18 mesi, le capacità rigenerative dei somi cerebrali, e quindi del moncone prossimale, sono meno garantite. Appare logico in questi casi proporre l’intervento chirurgico di anastomosi del nervo mentale a una branca minore dell’omologo nervo controlaterale non lesionato31.

In caso di algie nel territorio di competenza del NAI è mandatorio intervenire nel minor tempo possibile per garantire un risultato migliore. L’intervento comporta la realizzazione di uno sportellino osteotomico che viene oggi frequentemente realizzato a livello della corticale vestibolare del corpo mandibolare1. L’osteotomia viene eseguita mediante l’utilizzo di uno strumento piezoelettrico che, producendo onde a ultrasuoni, risulta essere molto preciso nell’esecuzione delle osteotomie e piuttosto conservativo se entra in contatto con i tessuti molli, tra cui il NAI.

Una volta realizzato lo sportellino di accesso, il nervo viene identificato: nella porzione traumatizzata può apparire assottigliato, sezionato oppure mostrare irregolarità del suo profilo. Si procede pertanto ad asportazione della porzione danneggiata con conseguente ricostruzione microchirurgica immediata del nervo.

In presenza di sezione nervosa, vengono asportate le estremità del moncone distale e prossimale del nervo e la continuità nervosa deve essere ripristinata: il moncone distale viene isolato fino al foro mentoniero dove viene fatto scorrere a ritroso eventualmente allargando il diametro del foro sempre con l’utilizzo di strumenti piezoelettrici, al fine di aumentare l’estensibilità del nervo stesso.

Anche così facendo non è sempre possibile ricostruire il nervo mediante un’anastomosi diretta dei due monconi; talvolta è infatti necessario effettuare un graft nervoso di interposizione, con prelievo dal nervo grande auricolare o dal nervo surale32.

Un’alternativa ancora in fase di studio è rappresentata dall’utilizzo di graft nervosi di banca; i primi risultati sembrerebbero promettenti, consentendo allo stesso tempo di eliminare la morbilità legata al sito donatore33.

Le anastomosi nervose vengono confezionate al microscopio operatorio ad alto ingrandimento (20-30X). Il filo usato è inerte, in genere in polipropilene, misura 10/0.

Al termine della procedura lo sportellino osteotomico viene riposizionato in sede e fissato con mezzi di sintesi micro (Caso clinico 1: Figure 13-21, Caso clinico 2: Figure 22-30, Caso clinico 3: Figure 31-40).

Trattamento farmacologico e psicologico

Nelle primissime ore e giorni seguenti l’evento lesivo è opportuno somministrare cortisonici ad alte dosi con relativa copertura gastrica. Questo permette di ridurre l’edema del nervo che non potendosi espandere all’interno del canale mandibolare aumenterebbe la pressione sui vasa nervorum epineurali con conseguente loro schiacciamento e ischemia del nervo stesso. L’ischemia del nervo può essere tollerata, ma se protratta per alcuni giorni può dar luogo a danni funzionali più o meno reversibili. Per i primi mesi del periodo autoriparativo di un nervo, piuttosto che a seguito di un intervento microneurochirurgico, vengono somministrati farmaci neuroprotettivi

come L-acetilcarnitina e facilitanti il recupero di funzionalità cellulare quali l’acido alfa-lipoico. In presenza di algie protratte da più di 12 mesi o nei casi di insuccesso della chirurgia nell’alleviare il sintomo doloroso, la terapia è farmacologica.

I farmaci che solitamente vengono utilizzati per questo tipo di dolore sono gli antiepilettici (pregabalin, carbamazepina, difenilidantoina, baclofen, clonazepam e gabapentin), che purtroppo non sono scevri da effetti collaterali. Il dosaggio di questi farmaci e l’associazione tra di loro è opportuno che venga stabilito e monitorato nel tempo dal neurologo, lo specialista più esperto nella loro gestione34.

Esistono situazioni in cui il dolore non viene controllato nemmeno farmacologicamente e pertanto si deve ricorrere all’impianto di neuromodulatori o deafferentazioni

nervose con interventi gamma-knife mirati35.

Anche la psicoterapia può essere utile nei pazienti affetti da dolore cronico che può facilmente condurre a sindromi depressive reattive.

È infatti necessaria una notevole compliance psicologica per accettare la situazione clinica che si è venuta a creare. Tale terapia è a volte consigliabile anche per soggetti incapaci di accettare un danno minore, come una semplice ipoestesia residua o disestesie di modesta entità36 (Tabella 2).

Tabella 2
Tabella 2

Risultati

Le ricostruzioni nervose dei rami sensitivi del nervo trigemino danno risultati positivi nei casi di ipo-anestesia con una ripresa funzionale quantificabile nel 75-86% rispetto al NAI controlaterale; i risultati sono decisamente migliori quando la ricostruzione ha luogo precocemente. Cionondimeno si può intraprendere l’intervento fino a 18 mesi dall’evento lesivo; dopo tale data è meno garantito il processo di sprouting assonale, che potrebbe essere andato incontro a esaurimento spontaneo. Se si vuole avere risultati più certi è valida l’idea di aggiungere rigenerazione assonale “fresca” tramite anastomosi con un ramo del nervo mentoniero controlaterale.

Una volta eseguita l’anastomosi del NAI generalmente la ripresa funzionale inizia entro 3-4 mesi e raggiunge la maggior parte del suo potenziale una volta trascorsi 18-24 mesi: la gran parte del recupero avviene nel primo anno post-operatorio. In realtà non è insolito che il processo riparativo avvenga in piccola misura anche nei 7-8 anni successivi!

I risultati sono nettamente peggiori se la motivazione clinica dell’intervento ricostruttivo sono le algie23. In questi casi i risultati sono ancora più strettamente correlati alla tempestività di intervento, ed è per questo che l’indicazione a intervenire urgentemente deve essere tassativa. La percentuale di risoluzione del sintomo dolore si avvicina al 90% se l’intervento viene eseguito entro 30 giorni.

Trascorsi 12 mesi dall’evento lesivo, invece, i risultati sono talmente sconfortanti che l’intervento chirurgico non è più indicato, mentre risulta opportuno scegliere una terapia farmacologica e/o psicologica.

Dati i gravi disagi vissuti dai pazienti, l’intervento chirurgico potrebbe essere considerato un successo anche nel caso in cui le algie regredissero a favore dell’anestesia pura del labbro e del mento.

Alla luce di questa considerazione, potrebbe essere sufficiente la semplice sezione del nervo, invece della più raffinata ricostruzione microchirurgica, gravata dalla morbilità del prelievo del nervo surale o grande auricolare.

Il motivo per cui si opta per ricostruire il nervo risiede nella maggior possibilità di regressione dei dolori se questo ha un target: in pratica una regione bersaglio cui il nervo si riferisce durante il processo rigenerativo.

In presenza di sintomatologia algica che non si sia risolta con l’intervento chirurgico, la scelta ricade sulla terapia farmacologica e/o psicologica.

Conclusioni

Sono numerosi gli interventi chirurgici del cavo orale che possono determinare lesioni delle branche trigeminali; tra queste, quella più frequentemente colpita è il NAI. In caso di lesione il nervo tende ad autoripararsi all’interno del canale mandibolare con una ripresa funzionale ottima se è stato semplicemente stirato o compresso, parziale se è stato sezionato. Nel caso in cui invece la lesione sia extraossea, oppure il canale sia occupato da un corpo estraneo, è necessario effettuare un intervento microchirurgico ricostruttivo per avere maggiori garanzie di risultato.

In tutti i casi in cui si generi dolore è invece indicato intervenire chirurgicamente con tempestività. Se questo non avviene, la terapia farmacologica proverà a limitare il sintomo e il degrado della qualità della vita del paziente che ne consegue.

Corrispondenza

Prof. Federico Biglioli

Via di Rudinì, 8 – 20142 Milano

federico.biglioli@unimi.it

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Inquadramento, follow up e terapia delle lesioni del nervo alveolare inferiore - Ultima modifica: 2014-04-14T08:36:57+00:00 da Redazione

2 Commenti

  1. Neuropatie in odontoiatria: i maggiori rischi sono per nervo linguale e alveolare inferiore | DM Il Dentista Moderno

    […] costituita dalle neuropatie odontogene, che più di frequente colpiscono la branca mandibolare del nervo alveolare inferiore ed il nervo […]

  2. Egregio Prof. Biglioli Federico,

    Ho eseguito di recente un intervento chirurgico odontoiatrico per edentulia. Prevedeva estrazione di 22 denti, impianti 6 mascella, impianti 5 mandibola.
    L’interv sembrava avere avuto esito pos. La sera stessa mi sono toccato all’emilabbro sx ed ho notato che era ancora anestesizzato. Il g. dopo interv. questa anestesia del labbro perdurava, però era assente al semilabbro inf. dx. Ho letto qualcosa su internet e mi è capitato um articolo in si parlava di parestesia: i sintomi erano gli stessi da quelli da me provati. Un pò preoccupato ho chiamato il dentista al cell.il quale mi rassicurava, dopo avermi chiesto dettagliatamente i sintomi, dicendomi che mi avrebbe rivisto lun.all’app. Il giono dopo ho richiamato il dott. dicendo che probabilmente era dovuto a un impianto e che comunque in mancanza di una visita sarei andato al PS: per chiarimenti. Il dott. allora mi ha fissato un app.to in mattinata.
    Da esami rx risultava l’impianto corrispondente all’emilabbro sx e al mento più corto ma piantato in modo diretto senza angolazione e che perforando l’osso mandibolare veniva a trovarsi a comprimere il nervo alveolare. La lastra l’ho vista anche io ed ho visto che l’impianto si era posizionato su quella striscetta bianca che penso sia la menbrana che avvolge il nervo in compressione. Lo stesso dentista ha confermato la compressione. Hanno prvveduto a girare l’impianto in modo da allontanarlo dal nervo di circa 2 mm., la seconda radiografia evidenziava questo.
    Mi è stato prescritto del betotal vit. b e la rassicurazione che la parestesia sarebbe presto scomparsa; io ero contento. La parestesia c’è l’ho ancora e siccome hanno messo gli impianti faccio fatica a masticare a sx perchè mi mastico la mucosa interna in corrispondenza del labbro anestetizzato. Sono andato anche in ospedale per una visita, e mi hanno detto che dovevo ritornare dal mio dentista. Il mio dentista ha detto che se sento prurito e fitte in quel punto significa che il labbro sta tornando alla normalità…….? (penso che mi prende in giro).
    Più che di ev. risarcimenti ho paura che il danno sia permanente…..ho fatto a mie spese una cone beam (ct) arcata inf. , ma ho dubbi che si possa vedere ev, danni al nervo. che esami potrei fare per evidenziare ev. danni al nervo alv.?
    Ho letto il suo trattato in materia, ma è così vasto e complesso che ne so quanto prima. Il mio dentista minimizza sul fatto, ma loro non hanno la dental scan altrimenti potevano prevedere la profondità dell’impianto. Mi hanno messe le corone provv. ma sono obblique e dopo tutti i soldi che ho speso e spenderò mi vergogno a mostrarli, anche perchè ho perso un’otturazione centrale e mi sembra di aver fatto un lavoro poco qualificato. Come ripeto il dent. minimizza , ma la mia vita è cambiata e penso se potrò guarire. Come posso saperlo, non c’è un esame specifico e dove farlo? Intanto devo per forza di cose continuare la cura dal dent., perchè devo sistemare i provvisori e se va do da un altro dent. non so se mi fa il lavoro, sborsando ancora soldi, che poi ricco non sono.Sono preoccupato per la mia salute….perchè la legge non impone ai dentisti implantologi di dotarsi di tutte le strumentazioni moderne che se non del tutto in larghissima parte eviterebbero errori che danneggiano le persone e le loro famiglie. Sono triste anche perchè in queste situazioni scattano meccanismi di omertà professionale e sei lasciato solo come un cane. Ancora una cosa quando un chirurgo opera alla fine redige un resoconto dell’interv., il chirurgo dentista deve fare altrettanto?
    Mi risponda, ho già altri problemi….ma se ha forato l’osso, l’ha fatto con la fresatrice, o piantando l’impianto? E pensare che ero presente a parte del lavoro essendo in sedazione cosciente.
    Cordialmente
    P. Piccolo 14/05/2016

    nb. nel mettere l’impianto provvisorio hanno lasciato libero l’ultimo inf. sx., ma il motivo non lo so ….per evitare sovraccarico….non è che fanno quella tecnica del fibrinogeno che poi tra qualche anno sarò di nuovo daccapo.

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