Il fumo viene classicamente incluso tra i principali fattori di rischio della malattia parodontale. Le nuove indagini molecolari hanno permesso negli ultimi tempi un ampliamento della conoscenza riguardante i meccanismi eziopatogenetici, osservati dal punto di vista biologico e genetico. La sequenza gengivite-parodontite costituisce però un'entità nosologica complessa, in quanto malattia a eziologia multifattoriale sostenuta da un complesso di microrganismi: i batteri parodontopatogeni. Pare interessante valutare se il fumo possa essere effettivamente in grado di interferire anche con il microbiota parodontale, analogamente a quanto già evidenziato nel caso di alcune patologie infettive a carico di distretti cranici, in parte comunicanti con il cavo orale stesso (otite media, nasofaringiti).
La strutturata revisione di Hanioka e colleghi, recentemente pubblicats su Japanese Dental Science Review, si è proposta di valutare lo status delle evidenze sulla tematica considerata.
In che modo il fumo può alterare il microbioma orale?
La ricerca ha screenato un totale di 1059 record dalla banca dati MEDLINE, portando alla valutazione finale 42 studi così distribuiti: 5 analisi microbiologiche di saliva o sciacquo orale, 15 incentrati sui patogeni chiave (principalmente P. gingivalise S. gordonii) e 22 che hanno analizzato il microbiota sottogengivale in diverse condizioni e fasi (salute clinica, gengivite, parodontite; trattamento parodontale, anche in concomitanza con la terapia della dipendenza da tabacco).
Uno studio giapponese basato sul sequenziamento ha riconosciuto l'abbondanza relativa di ben 13 generi microbici, inclusiPrevotella e Veillonella, in soggetti fumatori e con igiene orale inadeguata.
Gli studi in vitro dimostrano come il fumo upregoli l'antigene principale delle fimbrie di P. gingivalis, processo questo, peraltro, reversibile con la cessazione del fumo. Lo stimolo non agisce invece sul processo di autoaggregazione dello stesso batterio. In più, il fumo stimola in maniera dose-dipendente la formazione del complesso tra lo stesso P. gingivalis e S. gordonii (un colonizzatore precoce): tale processo è importante nella formazione del biofilm, il quale poi sarà in grado di inglobare altre specie patogene. Da notare come anche il trattamento della dipendenza da tabacco, con la nicotina che può raggiungere la concentrazione di 2 mg/ml nella saliva stimolata, possa, secondo alcuni studi, favorire lo stesso processo di deposizione. Allo stato attuale delle evidenze, tuttavia, l'effetto della nicotina sul metabolismo di P. gingivalis non risulta del tutto chiaro.
In riferimento alla sequenza salute clinica – gengivite – parodontite, sono state rilevati dismicrobismi a tutti i livelli nel soggetto fumatore. Il profilo microbico che ne risulta prevede una popolazione varia, ricca di patogeni e povera di commensali, con un'importante presenza di anaerobi, dunque con caratteristiche che ricalcano quelle tipiche delle parodontopatie. Limitandosi ai soggetti con malattia parodontale, la placca sottogengivale dei fumatori si caratterizza per la forte presenza di Fusobacterium, Prevotella e Selenomonas, mentre nei non fumatori sono più abbondanti Peptococcus eCapnocytophaga.
Questi risultati risultano interessanti in virtù della comprovata influenza dell'aspetto microbiologico qualitativo nella patogenesi della malattia parodontale e, nel contempo, soffrono dei bassi tassi di successo legati alle terapie antifumo. Ciò deve senza dubbio responsabilizzare ulteriormente l'odontoiatra e l'igienista dentale nel ruolo di consulenza in tal senso.
Riferimenti bibliografici
https://www-ncbi-nlm-nih-gov.