I protocolli di implantologia postestrattiva stanno incontrando grande interesse da parte dei clinici, in quanto permettono una riduzione dei tempi operativi, di attesa e del numero di interventi.
Posto che qualsiasi tecnica presenta elementi di difficoltà e, per questo, prevede una curva di apprendimento, è auspicabile poter individuare nel corso del planning preoperatorio i fattori che possono condurre a complicanza, di modo da poterli approcciare in via preventiva.
È questo il caso dei deficit quantitativi ossei, ai quali si risponde con le diverse procedure di rigenerazione e bone augmentation con innesto o sostituto osseo (più comunemente osso bovino deproteinizzato). Il più delle volte si tratta di difetti limitati, evidenziabili come gap marginali tra alveolo postestrattivo e sito implantare o come deiscenze della teca vestibolare.
D’altra parte, diversi autori hanno riportato risultati soddisfacenti sul piano estetico in riferimento al posizionamento di impianti postestrattivi senza contestuale rigenerazione ossea.
Il gruppo di lavoro Lee ha vagliato due precedenti revisioni sistematiche della letteratura, nessuna delle quali ha però direttamente confrontato gruppi trattati con rigenerazione ossea o meno, anche in presenza di difetti ossei limitati. È quanto si propongono di fare gli stessi ricercatori nella loro metanalisi di recentissima pubblicazione (Acta Odontologica Scandinavica). Lo studio ha anche misurato gli outcome clinici, tenendo conto dei casi di fallimento implantare e dell’andamento dello spessore osseo alveolare.
I revisori hanno sondato il registro Cochrane Central dei trial controllati, considerando RCT (o CCT) con campioni di almeno 10 pazienti trattati con impianto immediato, con o senza rigenerazione ossea, valutati clinicamente, radiograficamente o istologicamente ad almeno 3 mesi.
Partendo da un pool molto ampio (2414), 19 full text sono stati valutati. Di questi, 12 sono stati esclusi: 7 difettavano del gruppo controllo (non rigenerazione ossea), 2 non presentavano difetti ossei preesistenti, altrettanti non hanno descritto il protocollo implantare adottato, e uno ha visto l’impiego di platelet-rich fibrin (PRF) e non di materiale da innesto. Pertanto, 7 sono gli articoli giunti all’analisi qualitativa e 6 a quella qualitativa, ovvero la metanalisi.
Risultati di una nuova revisione sistematica e metanalisi
Considerando appunto i risultati della metanalisi, 3 articoli hanno valutato il rischio di fallimento, senza ritrovare differenze significative a favore dell’inserimento di innesto. Quattro articoli, invece, hanno indagato il dato della contrazione orizzontale dei tessuti duri: in questo caso, la procedura rigenerativa è in grado di limitare significativamente tale complicanza. Tale evidenza pare particolarmente interessante, alla luce del fatto che alcuni degli stessi lavori evidenziano come tale processo, in una certa misura e soprattutto a livello vestibolare, risulti inevitabile, indipendentemente dalla tecnica adottata.
Riferimenti bibliografici