Con il termine “extraclinica” si può indicare tutto ciò che, appunto diverso dalla clinica, ha a che fare in modo diretto o mediato con il “lato economico” della professione. Si vedono perciò trattati e declinati variamente diversi argomenti: dalla contabilità alla finanza, al fisco, dai prezzi delle cure alla comunicazione con i pazienti. E verrebbe da dire: chi più ne ha più ne metta.

In queste argomentazioni non dovrebbe però mai mancare la questione più importante: l’economia personale del dentista. E se mancasse sarebbe un po’strano, perché si tratta niente meno che del primus movens di ogni ragionamento extraclinico. Infatti, ogni attività che il titolare dello studio decidesse di mettere in atto per migliorarne i risultati economici, converge alla fine verso il suo maggiore o minore benessere personale.

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Un approccio razionale, dunque, consiglierebbe di posizionare ogni tipo di ragionamento extraclinico all’interno di una cornice delimitata dalla risposta che si può dare alla seguente domanda: quanto mi deve procurare nell’anno l’attività per poter sostenere la mia vita privata? Qual è, in altri termini, l’obiettivo personale da raggiungere?

La pratica di fissare degli obiettivi va vista come la base della conduzione efficace di un’attività economica. Normalmente, per “obiettivo” si considera un traguardo da raggiungere, ma nell’ottica manageriale esso è anche un limite da non superare.

Ad esempio, se si è fissato preventivamente un certo livello di spesa annuale per gli investimenti, o per l’indebitamento, non li si deve superare se non andando a riverificare la effettiva sostenibilità dello sforamento.

L’inizio dell’anno è il momento migliore per impostare le cose, per definire i propri programmi economici e finanziari. Sul piano privato, che è ciò di cui si occupa questo articolo, si tratta di definire un vero e proprio piano finanziario personale e familiare, rispetto al quale verificare la possibilità dell’attività professionale di sostenerlo. Aggiungendo infatti alle esigenze personali le spese annuali previste per l’attività, si avrà una stima piuttosto attendibile del volume di incasso minimo da raggiungere nell’anno, e da questo si potranno far derivare obiettivi via via più specifici.

 

Il piano finanziario privato

Definire l’obiettivo annuale privato non è cosa banale, sono infatti numerose le “voci” che è necessario considerare, non bastando la considerazione di quella che in prima battuta viene a galla, cioè i consumi necessari per vivere. Occorre infatti considerare anche la presenza di eventuali debiti, come, e soprattutto, quella di pensare ai redditi futuri e all’accantonamento di fondi a scopo prudenziale, cosa che dovrebbe essere, nei turbolenti tempi attuali, l’obiettivo primario da parte di chi non disponesse di patrimoni familiari. In sintesi, oltre al consumo si deve incasellare, nei propri piani, il risparmio.

Per creare questo piano finanziario occorre procedere con ordine e uno schema preordinato può aiutare. Si propone qui un prospetto di calcolo da replicare, e modificare a piacere, magari “esplodendo” alcune voci nelle loro singole componenti, in particolare quella dei consumi della famiglia, con l’aiuto di un programma informatico del tipo “foglio elettronico” (Tabella 1). Si daranno ora alcune sintetiche indicazioni sulle singole voci dello schema di calcolo proposto. Come criterio generale per distinguere una spesa privata da una professionale, si può adottare quello della “non deducibilità”: se una spesa non è deducibile ai fini del reddito fiscale professionale, è privata.

Consumi della famiglia. Questa voce è suddividibile in diverse sezioni, quali le spese per la casa, per l’alimentazione, le cure mediche, il vestiario, l’istruzione, le vacanze e tutti i beni e servizi per uso personale. Per avere una valida stima di queste particolari uscite, la via di elezione è quella di tenere sempre aggiornata una vera e propria contabilità familiare, con una prima nota di cassa e banca, cosa che avrebbe certamente un impatto ottimo sulla disponibilità di denaro della famiglia, e in tempi brevi, grazie agli apprendimenti che rende possibili e da questi alla soppressione degli sprechi. Anche lo studio degli estratti conto della banca e delle carte di pagamento è molto utile, sempre nel senso descritto. L’ideale è prelevare i dati bancari sottoforma di “foglio elettronico” per poter sfruttare le possibilità di analisi offerte da questi programmi. Per avere un’idea ben fondata delle sezioni in cui suddividere queste spese, e soprattutto per avere un benchmark della spesa annuale e mensile media di nuclei familiari paragonabili al proprio, si consultino le pubblicazioni sui consumi delle famiglie italiane predisposte annualmente da ISTAT.

Rimborso debiti. Lo schema suddivide l’eventuale esposizione debitoria del nucleo familiare fra gli impegni di tipo rateale già in essere e di cui si conosce con certezza l’esborso annuale; di solito si tratta di quelli contratti con banche e finanziarie, e di quelli contratti invece con soggetti privati, quali ad esempio i prestiti fra parenti. Tale suddivisione è basata sul fatto che, normalmente, le scadenze dei debiti rateizzati sono tassative, mentre quelle dei debiti contratti con privati hanno, magari, un grado maggiore di elasticità.

Debito a breve verso banche. Qualora fossero presenti degli utilizzi di un “fido” in conto corrente “cronicizzati”, nel senso che il “rosso” tende ad avere un saldo pressoché uniforme nel tempo – cosa che va sempre considerata un’anomalia da correggere quanto prima – nel fabbisogno annuale vanno considerati gli interessi e le spese che, per questo utilizzo, saranno addebitati dalla banca. Nello schema è presente anche una casella dedicata a raccogliere eventuali obiettivi di “rientro” da questo tipo di esposizione.

Imposte e tasse. La tassazione personale va sempre considerata una spesa privata e non dell’attività. Le uscite per saldi e acconti dell’Irpef e delle addizionali locali, dell’Irap, dell’Imu e delle altre tasse sulla casa, sono dettagliatamente prevedibili già a inizio anno. Assicurazioni personali. Si tratta delle polizze che non sono deducibili come spesa dell’attività. Ad esempio, quelle sulla casa, per infortuni e malattia, per responsabilità civile per danni causati a terzi nell’ambito della vita privata. Anche queste spese sono dettagliatamente prevedibili già a inizio anno.

Contributi previdenziali. L’uscita connessa a questa voce è pure facilmente prevedibile già da inizio anno. Anche se si tratta di un esborso, la contribuzione va considerata alla stregua di un investimento, in quanto produttiva in futuro di un reddito che andrà a sostituire o integrare quello derivante dalla professione. Per il professionista, vanno indicati i versamenti obbligatori e facoltativi, quali i riscatti di periodi non coperti da versamenti, alla propria cassa previdenziale di riferimento.

Investimenti. Nello schema si propone la divisione degli investimenti, intesi con questo termine quelle spese che si sostengono in vista dell’ottenimento di un rendimento, si pensi all’esborso per l’acquisto di un immobile da concedere in locazione a terzi, o dell’investimento in titoli azionari e simili. Le attività “reali” sono quelle rappresentate dall’acquisto di diritti su beni tangibili, “finanziarie” quelle che danno diritti su beni non tangibili.

Liquidità da mettere a riserva. Il concetto di “moneta prudenziale” è ben conosciuto in ogni teoria economica, la più nota è quella dell’economista moderno J. M. Keynes. Quanti poi avranno ricevuto dai nonni il consiglio di non spendere tutto ciò che si incassa, ma di accantonare sempre qualcosa, almeno per accumulare, ecco lo scopo prudenziale, quanto serve per sostenere i consumi in presenza di eventi che mettano a repentaglio la continuità reddituale, quali gli infortuni, per periodi più o meno lunghi.

Reddito o realizzi di attività. Definito il “fabbisogno” annuale privato del titolare come somma delle voci precedentemente illustrate, per giungere all’esigenza di liquidità che dovrebbe provenire dall’attività occorre considerare la presenza di eventuali fonti di reddito diverse da quella lavorativa. Affitti, cedole e interessi, ma anche la dismissione di attività, ad esempio la vendita di un immobile o di titoli già in portafoglio, sono tutte fonti che, rispetto al fabbisogno, sono sostitutive del reddito professionale di un certo anno.

Il fabbisogno finale. Al netto del reddito e dei realizzi delle attività, il fabbisogno privato annuale corrisponde alla liquidità che l’attività dovrebbe procurare nell’anno. Se a tale ultimo importo si aggiunge la previsione delle uscite annuali dell’attività professionale, si ottiene la stima dell’incasso minimo che la professione dovrebbe garantire. Si giunge quindi alla fine ad ottenere una cifra da vedersi alla luce della probabilità di essere effettivamente percepita. Sarà il livello di questa probabilità che farà capire se il programma finanziario privato annuale sarà o meno sostenibile.

 

Il piano finanziario personale - Ultima modifica: 2022-02-01T16:53:01+00:00 da monicarecagni
Il piano finanziario personale - Ultima modifica: 2022-02-01T16:53:01+00:00 da monicarecagni

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