II classi: compositi vs. tecnica atraumatica con cemento vetroionomerico ad alta viscosità

DM_ il dentista moderno_terapia non chirurgica_biomateriali

L'avanzamento in termini di procedure, tecnologie e materiali ha favorito l'affermazione di nuovi protocolli riabilitativi in odontoiatria conservativa. Si faccia riferimento ad esempio alle cosiddette terapie minimamente invasive, che prevedono un'approccio estremamente conservativo nei confronti delle lesioni cariose precoci. In questo senso, una sede in cui pare particolarmente interessante fare una valutazione risulta essere quella interprossimale. Questa è caratterizzata, da una parte, dall'insorgenza subdola di lesioni cariose difficili da diagnosticare precocemente, dall'altra, l'approccio tradizionale – la preparazione cavitaria secondo il modello della seconda classe di Black – obbliga spesso a un sacrificio eccessivo di tessuto sano per la sola necessità di accedere alla zona effettivamente interessata dalla demineralizzazione.

Un altro aspetto da considerare è l'inerzia del composito, materiale pur eccellente sul piano delle caratteristiche meccaniche ed estetiche. Sul mercato sono oggi disponibili materiali – segnatamente cementi vetroionomerici ad alta viscosità – bioattivi, in grado cioè di indurre remineralizzazione rilasciando fluoruro, e dotati di espansione termica lineare e modulo di elasticità simile a quello del tessuto dentale. Da questo punto di vista, si tratta degli unici materiali adesivi leganti direttamente il tessuto stesso. Questi cementi di ultima generazione sono indicati come i più idonei alla terapia restaurativa atraumatica (ART).

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Cementi vetroionomerici ad alta viscosità a livello interprossimale

Constatando le indicazioni contrastanti sulla metodica in diversi settori della dentatura, fornite anche da revisioni sistematiche della letteratura, il gruppo di lavoro di Menezes-Silva ha deciso di studiarne un impiego circoscritto. Lo studio, pubblicato a inizio anno su Clinical Oral Investigations, ha valutato l'efficacia a 12 mesi della ART con cementi vetroionomerici ad alta viscosità, in sede interprossimale, confrontandola con la tecnica convenzionale con resine composite.

Lo studio ha coinvolto 154 pazienti tra gli 8 e i 19 anni, tutti interessanti da una singola lesione cariosa interprossimale su dente permanente, non dolente e, chiaramente, senza coinvolgimento pulpare. La dimensione cavitaria e il punteggio DMFT sono stati considerati nel processo di randomizzazione, che ha diviso i pazienti in due gruppi caso (ART con solchi di ritenzione) e controllo (otturazione in composito) da 77 elementi ciascuno.

Il success rate della terapia convenzionale è risultato del 100% a 6 mesi e del 98.7% a un anno. Il tasso di successo della ART è risultato leggermente inferiore – 98.7% al controllo intermedio e 95.8% a quello finale – ma senza determinare una differenza statisticamente significativa.

Dal punto di vista clinico, gli autori hanno concluso definendo la procedura atraumatica con cemento vetroionomerico ad alta viscosità come un'alternativa sicura all'approccio classico con composito.

Riferimenti bibliografici

https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/30612246

II classi: compositi vs. tecnica atraumatica con cemento vetroionomerico ad alta viscosità - Ultima modifica: 2019-03-06T07:33:25+00:00 da redazione
II classi: compositi vs. tecnica atraumatica con cemento vetroionomerico ad alta viscosità - Ultima modifica: 2019-03-06T07:33:25+00:00 da redazione

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