L’implantologia, ormai da diversi anni, rappresenta una prima scelta nel trattamento delle edentulie singole e multiple. Questa disciplina chirurgico-protesica viene ormai applicata quotidianamente nella maggior parte degli studi odontoiatrici e garantisce, nel rispetto di protocolli clinici standardizzati, una ripetibilità clinica ragguardevole, oltre che risultati eccellenti in termini di success rate, survival rate, funzionalità e anche resa estetica. Nonostante queste premesse, non va dimenticato il fatto che non esistono procedure cliniche non soggette a complicanze, se non a fallimenti. In questo senso, le fratture implantari sono evenienze rare (sembra infatti che interessino 2 impianti ogni 1000) ma dalla gestione particolarmente complessa, anche a causa della loro infrequenza. Sondando la letteratura, che su questo argomento è relativamente articolata, si osserva che la classificazione più comune delle fratture è legata al periodo d’insorgenza e distingue fra fallimenti precoci – dovuti presumibilmente a mancata osteointegrazione – e fallimenti tardivi, che interessano impianti già osteointegrati e sono perciò da addurre nella maggior parte dei casi ad aspetti protesici. Nella fattispecie, la sovrastruttura protesica può essere non inserita con il dovuto grado di passivazione o scaricare sulla vite implantare un sovraccarico occlusale non correttamente gestito. In realtà, alcuni Autori ricordano come, in molti casi, il restauro implanto-protesico che si trova in una situazione di questo tipo possa fornire dei segnali preliminari che interessano la componentistica: tipicamente si potranno manifestare frequenti allentamenti, a volte addirittura fratture a carico della vite passante.
Si prenda comunque in esame il caso di una vera e propria frattura dell’ implanto dentale. Dal punto di vista clinico, si potranno evidenziare condizioni infiammatorie delle mucose perimplantari (ad esempio sanguinamento spontaneo) e mobilità implantare. È utile verificare le condizioni della vite e dell’osso circostante tramite l’effettuazione di una radiografia endorale.
Una volta accertata la complicanza, il professionista potrà orientarsi su diverse opzioni cliniche. In tal senso, l’articolo ha un obiettivo informativo e non didascalico: si intende, infatti, fornire qui un orientamento di base. La realtà clinica rimane per forza di cose competenza dell’odontoiatra, che sceglierà al meglio come muoversi, in autonomia o previo consulto con un collega. In primo luogo, si dovrà valutare se rimuovere l’intero l’impianto o solo il moncone fratturato. Nel caso in cui si scelga di mantenere in arcata il segmento apicale ancora osteointegrato, si potrà pensare di recuperarlo a fini protesici. In ultima istanza, ad esempio nel caso in cui si giudichi ulteriormente dannoso il recupero dello stesso segmento, sarà necessario prevedere un piano protesico adeguato: non si esclude a priori il posizionamento di un nuovo impianto, nel caso in cui la volumetria ossea lo permetta.
Rimozione di Impianto dentale Fratturato
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Video updated on Youtube by Francisco Teixeira Barbosa
Il video allegato illustra quindi la risoluzione di una frattura di impianto dentale mediante completa rimozione della fixture fratturata e l’immediata sostituzione con un nuovo impianto.