La definizione di “denti gravemente danneggiati”, in letteratura, sta a indicare un elemento affetto da gravi danni strutturali, legati a fratture corono-radicolari, lesioni cariose estese, riassorbimento radicolare cervicale. Tutte queste condizioni sono accomunate dal determinare un danno a carico della corona clinica. Allo stesso modo, poter sfruttare la radice ripristinando una corona valida sul piano estetico-funzionale, è sempre l’opzione da considerare in prima analisi. L’estrazione e la conseguente riabilitazione implanto-protesica rimane sempre una possibilità percorribile in un secondo momento.
Per poter riabilitare un dente gravemente danneggiato con la protesi fissa, vi sono due criteri biomeccanici da rispettare.
Il primo è rappresentato dal rispetto del rapporto corono-radicolare.
Il secondo consiste nell’assicurare il cosiddetto effetto ferula, mantenendo 1.5–2 mm di tessuto dentale sano sopragengivale.
Laddove non sia possibile ottenere direttamente questo secondo parametro, vi sono tecniche in grado di ripristinarlo. La messa in atto di tali procedure è però subordinata anche a un terzo criterio, ovvero la preservazione dell’ampiezza biologica.
Le tecniche possibili sono l’allungamento chirurgico di corona clinica, l’estrusione ortodontica e l’estrusione chirurgica.
Vantaggi e svantaggi di queste opzioni sono stati recentemente riconsiderati da una revisione italiana, pubblicata sull’International Journal of Environmental Research and Public Health. In particolare, gli autori hanno confrontato le due procedure di estrusione, ortodontica e chirurgica.
La prima metodica richiede movimenti ortodontici generalmente semplici ed è stata giudicata sicura, minimamente invasiva e altamente predicibile. Ha il grosso vantaggio di mantenere e, in alcuni casi, addirittura implementare il supporto parodontale: questo aspetto è altamente positivo anche per un eventuale riorientamento della terapia in senso implantare. Combinata alla fibrotomia, la procedura è particolarmente indicata nelle sedi a elevato impatto estetico.
Il principale svantaggio è rappresentato dai tempi: la terapia attiva richiede mediamente 4-6 settimane, alle quale si aggiunge una contenzione che dalle 4 settimane può raggiungere i 6 mesi. Lungo tutto il periodo di trattamento, il paziente potrebbe anche riscontrare disagi per quanto attiene all’igiene orale.
L’estrusione chirurgica consiste nel riposizionamento coronale dell’intera struttura dentale residua: in questo senso, è molto chiara la definizione di “trapianto intra-alveolare”.
Trattandosi di un intervento chirurgico, il grado di estrusione desiderato si ottiene immediatamente. Sempre nel contesto dell’intervento, è anche possibile trattare endodonticamente l’elemento.
La letteratura mostra dati incoraggianti per quanto riguarda i tassi di fallimento. Anche questa tecnica, peraltro, si presta alle sedi estetiche.
Al momento, vi sono tuttavia delle controindicazioni a questa tecnica per quanto concerne l’anatomia radicolare. In generale, i protocolli variano, motivo per cui la procedura non trova ancora larga applicazione.