Estetica nei posteriori diretti

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1. Visione frontale del cavo orale.

Sequenza clinica

Dopo un’accurata pulizia del cavo orale mediante igiene professionale, con l’utilizzo di sistemi di ingrandimento ottico si comincia la pulizia delle cavità che in questo caso parte dalla rimozione delle amalgame d’argento presenti (Figura 9). Si parte dagli elementi 4.5 e 4.6: su turbina – e rigorosamente sotto irrigazione continua di acqua – si monta una fresa da rimozione amalgama seguendo il solco centrale e dirigendosi a mano a mano verso il fondo della cavità. Viene eseguita la stessa operazione anche sull’elemento 4.7. A questo punto ci si può concentrare sulla pulizia del tessuto rammollito/cariato presente, del classico “fondino” che veniva messo sulla dentina prima dell’apposizione dell’amalgama e sulla rifinitura dei margini cavitari, sia interprossimali che occlusali. Su manipolo blu si utilizzano rosette in carburo di tungsteno oppure in ceramica, sempre con raffreddamento ad acqua, per andare a rimuovere completamente l’eventuale presenza di carie e di tessuto rammollito non sostenuto. Per valutare la qualità della dentina residua ci si può avvalere dell’utilizzo di rivelatori di carie, oppure basarsi sulla lucentezza e sulla durezza della dentina che dovrebbe emettere il classico suono se grattata con escavatori appositi ben affilati. Il passaggio successivo riguarda la rifinitura dei margini della cavità. Su manipolo rosso a questo punto si utilizzano tutta una serie di frese da rifinitura diamantate, sia di forma cilindrica che troncoconica a testa piatta,di varie grane e spessori. Partendo da una grana più grossa (anello blu) ci si concentra su una prima passata dei margini, seguendo lo smalto sia a livello occlusale della cavità sia a livello interprossimale. Si continua poi con frese cilindriche ad anello rosso per andare a rifinire la parte occlusale della cavità: lo smalto deve risultare perfettamente privo di gradini, deve essere liscio e armonico. Con frese tronco coniche ad anello bianco si va, infine, a livello interprossimale dove ci attende il compito più difficile perché qui i margini della cavità entrano in rapporto con il parodonto: qualora la diga non fosse in grado di tenere bene isolato il campo si renderebbe necessario un intervento di allungamento clinico della corona per rispettare il concetto di ampiezza biologica. Alla fine di questi passaggi ci si trova ad avere delle cavità rifinite e precise (Figure 10 e 11); eventualmente si possono anche sabbiare mediante utilizzo di una sabbiatrice all’ossido di allumina. Si può dunque procedere con la mordenzatura delle cavità con acido ortofosforico al 37% per un tempo di 40 secondi sullo smalto e di 20 secondi sulla dentina. Si risciacqua abbondantemente per lo stesso tempo della mordenzatura (40 secondi), si asciuga la cavità, si può applicare clorexidina pura fino al 2% lasciandola in posizione a evaporare per un tempo che varia da 1 a 2 minuti. Si applica il primer, in due passaggi da 1 minuto ciascuno, soffiandolo leggermente all’inizio per fare evaporare il solvente; poi si applica il bonding in quantità non eccessiva e lo si polimerizza per 40 secondi con una lampada fotopolimerazzante. Si posizionano le matrici interprossimali, per ricrearne le corrette pareti, si applica uno strato sottile di flow (circa 0,5 mm), lo si polimerizza e con il composito si vanno a ricreare le pareti (Figure 12 e 13). Apporre ora uno strato di dentina mediante composito, cercando già da questa fase di modellare i solchi principali anatomici dei denti (Figura 14). Si polimerizza per 20 secondi ogni apposizione che non deve superare i 2 mm di spessore. Mettere del supercolore in questi solchi per dare naturalezza e maggiore tridimensionalità ai nostri restauri, polimerizzandolo per 40 secondi. Passare all’apposizione di smalto, in cui avviene la modellazione vera e propria sia dei solchi primari che di quelli secondari (Figure 15 e 16). Polimerizzare per 20 secondi ogni apporto. Si passa alla lucidatura dei restauri mediante gomme siliconiche di varie grane, sotto irrigazione per non surriscaldare il dente, a cui seguono spazzolini autolucidanti e gomme in poliuretano. Per la rifinitura delle zone interprossimali si utilizza, invece, un manipolo apposito tipo Profin. A questo punto abbiamo completato i nostri restauri (Figura 17).

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Terzo quadrante

Si inizia con il terzo quadrante, di cui abbiamo una visione iniziale nella Figura 18. In una prima seduta vengono eseguiti i restauri sugli elementi 3.4, 3.5; successivamente degli elementi 3.6, 3.7. Nelle Figure 19 e 20 abbiamo la visione del campo operatorio posizionata la diga di gomma. Sull’elemento 3.4 viene rifatto il composito distale, mentre sul 3.5 si fa una ricostruzione di tipo mesio occluso distale. Sul 3.6 si eseguirà un’otturazione occluso mesiale, sul 3.7 un’occlusale. Si comincia dall’elemento 3.5, che presenta un’amalgama di dimensioni notevoli che inizialmente potrebbe indurre verso una tecnica di tipo indiretto invece che a una ricostruzione diretta. Una volta che viene rimosso il restauro, sempre mediante frese apposite per amalgama su turbina sotto abbondante quantità di acqua, si delinea ancora meglio quale sarà la dimensione finale della nostra cavità (Figura 21). Con rosette al carburo di tungsteno su micromotore si rimuove il tessuto rammollito e cariato e con frese da rifinitura montate su manipolo rosso si vanno a rifinire i margini cavitari sia in zona interprossimale sia occlusale. Si passa poi alla rimozione del composito distale dell’elemento 3.4, per arrivare ad avere le cavità perfettamente deterse e rifinite come da Figura 22. Come detto per il quarto quadrante, la valutazione qualitativa della dentina residua viene effettuata mediante utilizzo di escavatori a mano al vanadio molto ben affilati. Si posizionano le matrici interprossimali (Figura 23), prestando attenzione a seguire con esse il profilo dei denti oltre che a seguire l’andamento dei gradini dei margini dei box. Tra le matrici e il dente viene posizionato un cuneo, per favorire l’abbracciamento del contorno dello smalto interprossimale. Infine, vengono posizionati due anellini al di sopra del cuneo di plastica per andare ad abbracciare nel migliore dei modi tutto il dente. Si mordenza con acido ortofosforico al 37% per 40 secondi lo smalto e per 20 secondi la dentina. Risciacquare abbondantemente per lo stesso tempo della mordenzatura, quindi si applica clorexidina al 2% lasciandola evaporare per circa 2 minuti e si procede all’applicazione del primer in due passaggi da 1 minuto l’uno, soffiando leggermente dopo ogni applicazione per fare evaporare il solvente. Applicare il bonding con un microbrush apposito, soffiare leggermente via l’eccesso e polimerizzare per 40 secondi su ciascuna cavità. Viene messo per uno spessore massimo di 0,5 mm un sottile strato di flow, utile soprattutto per andare a ridurre la possibile sensibilità post-operatoria. Con del composito mediante apposite spatoline da modellazione, partendo dalla parte più apicale del box interprossimale, si ricostruiscono le pareti.

Estetica nei posteriori diretti - Ultima modifica: 2013-04-13T11:32:37+00:00 da Redazione

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