Le problematiche legate al rischio di infezioni crociate rimangono di assoluta attualità nella conduzione di qualsiasi struttura clinica odontoiatrica.
La rilevazione di impronte dentali, sia essa una prima impronta o un’impronta di precisione, e indipendentemente dall’impiego (protesi mobile o fissa, protesi su impianti) rappresenta una fase alla quale prestare molta attenzione, per almeno due motivi.
In primo luogo, l’impronta rimane per forza di cose a diretto contatto con i tessuti del cavo orale (e, di conseguenza, con il microbiota orale) per un lasso di tempo che si attesta nell’ordine dei minuti. Questo periodo rappresenta a tutti gli effetti un’esposizione rilevante, ragione per la quale l’impronta costituisce di sé un ricettacolo microbico.
In secondo luogo, l’impronta è destinata per forza di cose ad essere mobilizzata dall’ambiente clinico in cui è stata prodotta. Non solo: a meno che non sia l’odontoiatra in prima persona ad eseguire le fasi di disinfezione e, in seguito, di colatura dell’impronta, questa verrà direttamente maneggiata da altre persone, ovvero l’assistente alla poltrona e l’odontotecnico.
Pare dunque consigliabile per l’odontoiatra adottare dei protocolli efficaci volti all’abbattimento della quota microbica presente sull’impronta. È buona norma mantenere delle sequenze operative ripetute e standardizzate – con differenze che possono dipendere principalmente dal tipo di materiale – al fine di facilitare e velocizzare le operazioni senza metterne a rischio l’efficienza. È anche fondamentale che il professionista si adoperi nell’estendere le stesse procedure a tutto il proprio staff assistenziale, attraverso una corretta istruzione. Nel caso di un ambulatorio multiprofessionale, può essere più semplice che tutti gli utenti degli ambienti clinici rispettino gli stessi standard, possibilmente dopo aver concordato le procedure.
In primo luogo, un’impronta dovrebbe essere rilevata in un ambiente esangue e, tendenzialmente, asciutto; ciò dipende in parte anche dai materiali.
Prima della rilevazione, il paziente può essere invitato a effettuare uno sciacquo con collutorio puro contenente clorexidina allo 0.12%.
L’impronta di precisione appena rilevata può subire una prima grossolana detersione attraverso l’uso di un pennello imbevuto in una soluzione di sapone liquido o gesso.
Praticamente in tutti i casi, poi, l’impronta viene risciacquata sotto acqua corrente. Questo vale anche per le prime impronte, rilevate usualmente in alginato.
Nella maggior parte dei casi, la fase di disinfezione vera e propria consiste nell’immersione dell’impronta in soluzioni acquose. I siliconi idrofobi rispondono sempre ottimamente a questa fase. Siliconi idrofili e polieteri richiedono maggiore attenzione per quanto riguarda le molecole e i tempi di immersione. Esistono anche metodiche che utilizzano spray.
La fase finale è il confezionamento. Ogni materiale ha le sue esigenze. Ad esempio, l’alginato risponde negativamente a una prolungata esposizione a un ambiente acquoso.
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Decontaminazione di impronte in alginato. Il video è stato concepito per la formazione degli studenti e degli assistenti alla poltrona. È chiaro come la padronanza ed anche la ripetitività della procedura siano fondamentali al fine di ottimizzarne l’efficacia.
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