Dalle sinusiti odontogene alle complicanze nasosinusali di patologia o trattamento odontoiatrico: un importante cambio di prospettiva

6. Sinusite mascellare sinistra con comunicazione oro-antrale in esiti di estrazione dentaria (classe 3a). Immagine TC coronale che permette di apprezzare l’ampia comunicazione oro-antrale verificatasi in seguito all’estrazione di un molare; si noti anche il processo flogistico, in questo caso limitato al solo seno mascellare di sinistra, esito della comunicazione oro-antrale.
6. Sinusite mascellare sinistra con comunicazione oro-antrale in esiti di estrazione dentaria (classe 3a). Immagine TC coronale che permette di apprezzare l’ampia comunicazione oro-antrale verificatasi in seguito all’estrazione di un molare; si noti anche il processo flogistico, in questo caso limitato al solo seno mascellare di sinistra, esito della comunicazione oro-antrale.

Protocolli chirurgici

Felisati e coll. hanno proposto nel 2013 un protocollo di trattamento chirurgico per le SCDDT resistenti a terapia medica5. Tale approccio chirurgico è dettato dalla situazione clinica in accordo con la classificazione proposta (si veda Tabella 1). Può consistere in un approccio solo endoscopico nasosinusale (FESS limitata al seno mascellare o estesa al naso o ad altri seni paranasali), oppure combinarsi con una tecnica eseguita per via endorale; può prevedere l’asportazione di differenti tipi di materiale esposti o infetti ed eventualmente richiedere la realizzazione di lembi locali per consentire la chiusura di comunicazioni oro-antrali più o meno ampie.

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• Gruppo 1: il trattamento combinato (FESS + approccio endorale) è indispensabile per ottenere un successo terapeutico. I tempi fondamentali del trattamento sono l’esposizione dell’ampia comunicazione antro-meatale generalmente presente e la meticolosa asportazione dell’osso infetto (autologo, eterologo o alloplastico) inserito per la realizzazione del rialzo del seno mascellare24. La prima fase dell’intervento viene gestita mediante un approccio endoscopico transnasale (FESS) che consente il controllo delle cavità nasali, del seno mascellare e degli altri seni (se coinvolti) e la rimozione di materiale da innesto dislocato nei seni paranasali e/o nella cavità nasale. La FESS da sola tuttavia può presentare dei limiti per quanto riguarda la rimozione di materiale da innesto localizzato nel recesso mediale e inferiore del seno mascellare, a causa di limiti legati alla tecnica e allo strumentario. In questi casi un approccio intraorale consente un controllo delle parti meno “agibili” del seno mascellare e la chiusura contestuale di eventuali comunicazioni oro-antrali. Più raramente può capitare di osservare complicanze conseguenti a un’osteotomia di Le Fort I, in cui la rimozione del materiale alloplastico infetto deve essere associata alla rimozione di eventuali mezzi di sintesi metallici presenti. In Figura 8 viene presentato un caso di paziente trattato per complicanza di classe 1a.

• Gruppo 2: se è presente infezione peri-implantare (2a) il trattamento con FESS deve essere associato alla rimozione di tutti gli impianti infetti che possano contrarre rapporti con il seno mascellare e alla chiusura delle fistole oro-antrali risultanti18,19, pena il fallimento del trattamento con recidiva della sinusite. Situazione clinica del tutto particolare, sempre associata per analogia di trattamento alla classe 2a, è rappresentata dalla presenza di un impianto iuxtaosseo. La terapia chirurgica prevede una FESS più o mena estesa e un’asportazione dell’impianto dalla cavità orale con chiusura delle comunicazioni oro-antrali e oro-nasali che si vengano a creare. In caso di una dislocazione dell’intero impianto nel seno associata a sinusite (classe 2b e 2c) l’approccio mediante FESS è obbligatorio al fine di ripristinare la pervietà degli osti sinusali. L’endoscopia nasale può risultare utile anche per il recupero di impianti dislocati nel seno mascellare o in un altro seno paranasale. In Figura 9 è presentato il caso di un paziente trattato per una complicanza di classe 2c. Nel caso siano presenti comunicazioni oro-antrali residue (classe 2b) la loro chiusura tramite lembi locali con un approccio intraorale (per esempio un lembo di mucosa vestibolare secondo Rehrmann, un lembo di bolla adiposa del Bichat o una combinazione di questi) è necessaria sia per limitare le chance di contaminazione del seno mascellare dalla flora batterica del cavo orale, sia per evitare il passaggio di liquidi/solidi dal cavo orale ai seni paranasali. In presenza di un impianto migrato senza sinusite sovrapposta (2d) la rimozione dell’impianto dai seni paranasali o dal naso va eseguito anche in caso di paziente asintomatico per evitare l’evoluzione verso complicanze infettive. La rimozione può essere eseguita con diversi approcci: endoscopico nasosinusale ovvero intraorale, a sua volta suddiviso in: accesso con tecnica di Caldwel-Luc modificata, approccio endoscopico mini-invasivo dalla fossa canina25, approccio “double barrell”26 o con la creazione di sportelli osteotomici lasciati peduncolati alla membrana di Schneider27.

7. Fungus ball mascellare destro (classe 3b). Sopra: immagine TC coronale in cui è visibile una sinusite mascellare destra con franco riassorbimento osseo del processo alveolare in esiti di infezione dentale. Sotto: immagine TC coronale dello stesso paziente in cui è possibile apprezzare il patognomonico segnale iperdenso “iron like” che caratterizza i fungus ball (micosi). L’assenza di spire nell’immagine permette solitamente di distinguere questi segnali “iron like” dalle fixture dislocate, nei casi in cui non sia possibile desumere tale dato dall’anamnesi del paziente.
7. Fungus ball mascellare destro (classe 3b). Sopra: immagine TC coronale in cui è visibile una sinusite mascellare destra con franco riassorbimento osseo del processo alveolare in esiti di infezione dentale. Sotto: immagine TC coronale dello stesso paziente in cui è possibile apprezzare il patognomonico segnale iperdenso “iron like” che caratterizza i fungus ball (micosi). L’assenza di spire nell’immagine permette solitamente di distinguere questi segnali “iron like” dalle fixture dislocate, nei casi in cui non sia possibile desumere tale dato dall’anamnesi del paziente.

• Gruppo 3: include, come già descritto, le complicanze conseguenti a patologie di interesse odontoiatrico (pulpiti, parodontiti, ascessi odontogeni, sovrainfezione di cisti odontogene) o a trattamenti endodontici, apicectomie, estrazioni che subiscono complicazioni e si manifestano sotto forma di sinusiti mascellari sia batteriche che micotiche. In questi casi è necessario utilizzare un approccio endoscopico nasosinusale volto a ripristinare la completa pervietà degli osti sinusali in tutti i seni interessati. Nei pazienti 3b l’approccio transnasale è sufficiente, ma nei pazienti di gruppo 3a deve essere associato anche un approccio orale con chiusura della comunicazione oro-antrale tramite un lembo di Rehrmann o di bolla adiposa (del Bichat). Ovviamente la risoluzione della patologia odontoiatrica responsabile del processo infiammatorio è anch’essa basilare e deve essere eseguita contestualmente per ottenere una piena guarigione del paziente, così come la rimozione – tramite accesso endoscopico o transorale – di eventuali corpi estranei quali elementi dentari (completi o frammentati), materiale endodontico stravasato o frammenti di strumenti odontoiatrici (leve ecc.). In Figura 10 è presentato il caso di un paziente sottoposto a trattamento combinato per una SCDDT di classe 3a. Una nutrita componente di pazienti classificabili nel gruppo 3 risulta affetto da sinusite fungina extramucosa, patologia che, come è già stato detto, prende comunemente il nome di “fungus ball”. In questi pazienti, nella maggior parte dei casi a livello del seno mascellare, si sviluppa una concrezione di ife semisolida, di colore brunastro, visibile agli esami TC come un segnale pseudo-metallico. I fungus ball, pur non essendo invasivi e pericolosi per il paziente, sono facilmente sovrainfettati da microrganismi e rappresentano una fonte di reinfezione sostanzialmente certa per il paziente. Il trattamento endoscopico di un soggetto con fungus ball deve prevedere la migliore rimozione possibile delle concrezioni micotiche accompagnata da abbondanti lavaggi con H2O2 delle cavità nasosinusali per risolvere l’infezione micotica. In Figura 11 presentiamo il caso di un paziente affetto da fungus ball mascellare in esiti di trattamento endodontico.

Per quanto sembri ridondante ricordarlo, il follow-up post-operatorio del paziente è mandatorio, sotto il profilo otorinolaringoiatrico e/o odontoiatrico secondo il tipo di accesso chirurgico effettuato. Dal punto di vista otorinolaringoiatrico un controllo a 7, 14 e 28 giorni del paziente consente di rimuovere le crostosità più tenaci che possono formarsi nelle fosse nasali dopo l’intervento, che possono ricondizionare ristenosi degli osti sinusali, in particolare dell’antrostomia mascellare, e più in generale a valutare lo stato di guarigione e la scrupolosa osservazione da parte del paziente delle norme post-chirurgiche. Di contro il controllo da parte dell’odontoiatra, le cui tempistiche sono più variabili in funzione del tipo di accesso e delle manovre chirurgiche effettuate, è volto a constatare una buona guarigione delle suture e la tenuta delle chiusure di eventuali comunicazioni, nonché l’assenza di segni infiammatori o francamente infettivi a livello locale.

Terapia medica

La terapia medica è di grande importanza nelle SCDDT infiammatorie. Un buon trattamento medico, sia antibiotico che con terapie ancillari adeguate, è fondamentale nelle fasi acute, consentendo in taluni casi di risolvere la SCDDT prima della sua pressoché inevitabile cronicizzazione. Di contro, il supporto di un buon trattamento antibiotico e ancillare è di fondamentale importanza per la buona riuscita degli interventi chirurgici per SCDDT cronicizzate. La terapia medica è riassunta nella Tabella 2. La terapia delle SCDDT, sia in acuto che nella fase post-chirurgica, è peculiarmente differente da quella delle sinusiti “classiche”. Le differenze sono legate alla grandissima diffusione di resistenze batteriche nei patogeni responsabili. Tali resistenze sono legate a fattori molteplici, tra cui i più importanti: polimicrobicità, produzione di biofilm, presenza di substrati che fungono da reservoir (corpi estranei) e frequenti trattamenti antibiotici inappropriati somministrati prima dell’invio allo specialista.

Fase acuta

Il trattamento di prima scelta nell’infezione acuta da patogeni delle prime vie aeree nell’adulto è rappresentato dall’amoxicillina combinata con l’acido clavulanico. Tale terapia antibiotica è indicata e assolutamente corretta in prima istanza anche in acuto di fronte alla comparsa di una SCDDT. Per ottimizzare la risposta al trattamento, il dosaggio deve essere di 1 grammo ogni 8 ore per 8-10 giorni: tre somministrazioni al giorno garantiscono una migliore cinetica farmacologica e rendono la terapia estremamente più efficace riducendo al minimo l’insorgenza di resistenze. Se non controindicato per altre comorbidità del paziente (diabete in scarso compenso, glaucoma, ipertensione poco controllata), una terapia corticosteroidea a dosaggio intermedio può aiutare a ridurre la congestione mucosa e la sintomatologia. Una buona terapia corticosteroidea per via orale è costituita dall’assunzione di prednisolone 25 mg per 5 giorni seguito da altri 5 giorni a dose dimezzata, accompagnato eventualmente da adeguata protezione gastrica con inibitore di pompa protonica. La gestione completa di una SCDDT in fase acuta deve comprendere anche delle terapie nasali topiche, volte a mantenere pervio il complesso ostio-meatale, facilitare il drenaggio nasosinusale e migliorare la toilette dalle secrezioni. A questo scopo la nostra esperienza consiglia di associare un vasocostrittore locale (nafazolina o simili) in spray, applicato localmente 3-4 volte al giorno per non più di 5 giorni, ad abbondanti lavaggi nasali con soluzione fisiologica che devono essere protratti sino alla completa regressione della sintomatologia. Anche il versante orale della patologia non deve essere trascurato: collutori a base di clorexidina associati a una impeccabile igiene orale sono indispensabili nell’abbattere la carica batterica del cavo orale. Molto spesso nel periodo che segue un trattamento odontoiatrico o di chirurgia orale il paziente abbandona le comuni pratiche di igiene orale nel timore di compromettere con le manovre di pulizia quanto realizzato dal chirurgo.

8. Sinusite mascellare cronica in esiti di rialzo del seno mascellare sinistro (SCDDT di classe 1a). Le immagini illustrano il caso di una paziente che aveva mostrato segni di sinusite cronica con rinorrea purulenta, cacosmia e algie al terzo medio del volto un mese dopo una procedura di rialzo del seno mascellare di sinistra con osso di banca. La paziente era stata trattata inizialmente con un approccio esclusivo transorale volto a rimuovere il materiale di innesto e a richiudere la comunicazione oro-antrale, mostrando una remissione solo temporanea dei sintomi. Dopo il riscontro a un nuovo esame TC della permanenza di alcuni frammenti di innesto all’interno del seno mascellare, la paziente è stata trattata con successo con una procedura endoscopica di bonifica del seno mascellare con asportazione dei residui ossei. Il caso rappresenta un’eccezione al protocollo standard di trattamento di queste complicanze con approccio combinato transorale ed endoscopico. La pregressa chiusura della comunicazione ha infatti permesso di eseguire soltanto un approccio endoscopico. A: immagine TC assiale del massiccio facciale. L’esame, realizzato prima di sottoporre la paziente all’asportazione per via transorale del materiale di innesto, mostra il seno mascellare sinistro completamente opacato per la presenza di materiale flogistico, frammisto al quale è possibile apprezzare il graft osseo dislocatosi dal pavimento del seno a causa dell’infezione. B: immagine TC coronale del massiccio facciale. L’esame, eseguito dopo la ricomparsa della sintomatologia a breve distanza dal trattamento per via transorale, documenta la persistenza sia di materiale flogistico che di frammenti di innesto all’interno del seno mascellare di sinistra. È possibile apprezzare anche un ampio difetto osseo del pavimento del seno mascellare a sinistra, esito sia dell’iniziale trattamento pre-implantologico che del primo tentativo di trattamento della SCDDT. C: immagine intra-operatoria che mostra l’assenza di comunicazioni oro-antrali visibili prima di procedere al trattamento endoscopico della SCDDT. D: un’ampia antrostomia mediomeatale sinistra eseguita in endoscopia nasale permette di apprezzare il seno mascellare che è caratterizzato da mucosa iperemica ed estremamente edematosa; una volta realizzata l’antrostomia è possibile visualizzare i residui dell’innesto nella porzione inferiore del seno. E: sempre in endoscopia con una curette si procede ad asportare accuratamente ogni frammento residuo di innesto. L’eliminazione di tutti i frammenti, insieme a un’ampia antrostomia mediomeatale volta a garantire un corretto drenaggio delle secrezioni, è indispensabile per assicurare la guarigione del paziente. F: al controllo a tre mesi è possibile visualizzare in endoscopia il seno mascellare attraverso l’antrostomia precedentemente realizzata. La mucosa appare sana e non vi sono segni di patologia flogistica in atto.
8. Sinusite mascellare cronica in esiti di rialzo del seno mascellare sinistro (SCDDT di classe 1a). Le immagini illustrano il caso di una paziente che aveva mostrato segni di sinusite cronica con rinorrea purulenta, cacosmia e algie al terzo medio del volto un mese dopo una procedura di rialzo del seno mascellare di sinistra con osso di banca. La paziente era stata trattata inizialmente con un approccio esclusivo transorale volto a rimuovere il materiale di innesto e a richiudere la comunicazione oro-antrale, mostrando una remissione solo temporanea dei sintomi. Dopo il riscontro a un nuovo esame TC della permanenza di alcuni frammenti di innesto all’interno del seno mascellare, la paziente è stata trattata con successo con una procedura endoscopica di bonifica del seno mascellare con asportazione dei residui ossei. Il caso rappresenta un’eccezione al protocollo standard di trattamento di queste complicanze con approccio combinato transorale ed endoscopico. La pregressa chiusura della comunicazione ha infatti permesso di eseguire soltanto un approccio endoscopico. A: immagine TC assiale del massiccio facciale. L’esame, realizzato prima di sottoporre la paziente all’asportazione per via transorale del materiale di innesto, mostra il seno mascellare sinistro completamente opacato per la presenza di materiale flogistico, frammisto al quale è possibile apprezzare il graft osseo dislocatosi dal pavimento del seno a causa dell’infezione. B: immagine TC coronale del massiccio facciale. L’esame, eseguito dopo la ricomparsa della sintomatologia a breve distanza dal trattamento per via transorale, documenta la persistenza sia di materiale flogistico che di frammenti di innesto all’interno del seno mascellare di sinistra. È possibile apprezzare anche un ampio difetto osseo del pavimento del seno mascellare a sinistra, esito sia dell’iniziale trattamento pre-implantologico che del primo tentativo di trattamento della SCDDT. C: immagine intra-operatoria che mostra l’assenza di comunicazioni oro-antrali visibili prima di procedere al trattamento endoscopico della SCDDT. D: un’ampia antrostomia mediomeatale sinistra eseguita in endoscopia nasale permette di apprezzare il seno mascellare che è caratterizzato da mucosa iperemica ed estremamente edematosa; una volta realizzata l’antrostomia è possibile visualizzare i residui dell’innesto nella porzione inferiore del seno. E: sempre in endoscopia con una curette si procede ad asportare accuratamente ogni frammento residuo di innesto. L’eliminazione di tutti i frammenti, insieme a un’ampia antrostomia mediomeatale volta a garantire un corretto drenaggio delle secrezioni, è indispensabile per assicurare la guarigione del paziente. F: al controllo a tre mesi è possibile visualizzare in endoscopia il seno mascellare attraverso l’antrostomia precedentemente realizzata. La mucosa appare sana e non vi sono segni di patologia flogistica in atto.

Il paziente deve essere pertanto sempre educato, a maggior ragione in corso di SCDDT acute, a curare la propria igiene orale, eventualmente utilizzando spazzolini a setole morbide in presenza di ampie suture della mucosa orale. In caso di allergie ad antibiotici della classe dei beta lattamici o di fallimento della terapia di primo livello, è possibile passare direttamente al trattamento antibiotico di secondo livello, che è costituito da antibiotici del gruppo dei fluorochinoloni. La nostra esperienza clinica vede nella levofloxacina un buon farmaco, gravato da scarse resistenze batteriche, con una buona farmacocinetica, scarsi effetti collaterali e ottima compliance dei pazienti grazie alla monosomministrazione giornaliera. Nel trattamento delle SCDDT il trattamento dovrebbe prevedere la somministrazione di 750 mg di levofloxacina per 5 giorni, seguita dalla somministrazione di 500 mg di levofloxacina per altri 10 giorni. Tale terapia di secondo livello deve essere sempre accompagnata da un’adeguata toilette nasale con lavaggi e associazione con vasocostrittori locali nei primi 5 giorni di terapia, nonché da buone norme di igiene orale. Per quanto aggressiva, una buona e tempestiva terapia medica può consentire la risoluzione delle complicanze in molte classi di SCCDT infiammatorie. È possibile assistere alla chiusura spontanea di fistole oro-antrali, se – appunto – di recente genesi, o all’estrusione spontanea dall’ostio del mascellare di graft ossei di piccolo calibro dislocatisi dal pavimento del seno dopo il fallimento di un rialzo di seno. Va da sé che in alcune classi non è previsto alcun beneficio a fronte della terapia medica, per quanto tempestiva e ben condotta: il dislocamento di corpi estranei di dimensioni superiori ai 3-4 mm nel seno mascellare (denti, impianti, frammenti di strumenti odontoiatrici, grosse stecche di osso per ricostruzione ecc.) rende necessario un intervento chirurgico di asportazione del corpo estraneo per garantire la guarigione del paziente; questi soggetti dovrebbero essere pertanto indirizzati tout court al trattamento chirurgico.

Fase post-chirurgica

Una delle maggiori cause di fallimento della terapia chirurgica delle SCDDT nella nostra ultradecennale esperienza è una cattiva o incompleta gestione del paziente nel periodo immediatamente successivo all’intervento. Tale gestione, analogamente a quella di una SCDDT in fase acuta, si fonda su due pilastri principali: sono necessarie da una parte una terapia antibiotica adeguata e dall’altra tutta una serie di terapie ancillari non solo nasali, ma anche orali in caso di accessi chirurgici combinati. La terapia antibiotica che meglio consente di superare le diffuse resistenze dei batteri responsabili di infezioni a carattere odontogeno è quella con levofloxacina. Analogamente a quanto proposto per il trattamento di fase acuta, la terapia prevede la somministrazione di 750 mg di levofloxacina in monosomministrazione per 5 giorni seguiti da 500 mg in monosomministrazione per altri 10 giorni. In caso di allergie riferite ad antibiotici della classe dei fluorochinoloni, l’utilizzo di una cefalosporina di III generazione può essere parimenti indicato, pur avendo efficacia lievemente inferiore. In caso di fallimento della terapia antibiotica con persistenza di secrezioni purulente, al suo termine è consigliabile eseguire un tampone nasale dopo almeno 48h di wash out farmacologico e intraprendere una nuova terapia secondo il risultato dell’antibiogramma. Le terapie ancillari sono volte a garantire una rapida e ottimale ripresa dagli esiti chirurgici e, ovviamente, a evitare recidive dell’infezione. A livello nasale sono necessari lavaggi con soluzione fisiologica (non meno di 3 volte al giorno per 30 giorni) e applicazione topica di oli essenziali emollienti (2-3 volte al giorno per almeno 20 giorni) e di creme antibiotiche a base di mupirocina (2-3 volte al giorno per 20 giorni). A livello orale, analogamente a quanto descritto per la fase acuta, è necessaria una buona igiene sia tramite pulizia con spazzolino sia con sciacqui con collutori a base di clorexidina per 7-10 giorni.

Conclusioni

Le SCDDT rappresentano uno scenario complesso, che viene spesso sottovalutato da odontoiatri, chirurghi maxillo-facciali e otorinolaringoiatri, o gestito in modo approssimativo o parziale. Da una parte gli odontoiatri talvolta mancano di una conoscenza sufficientemente approfondita della fisiologia e della patologia sinusale necessaria per la gestione di questi casi, dall’altra cercano di minimizzare la complicanza nel timore di sequele legali. I chirurghi maxillo-facciali non hanno in genere esperienza con le tecniche endoscopiche nasosinusali e tendono ad approcciare esclusivamente il seno mascellare da una via non fisiologica senza risolvere i problemi dell’ostio-sinusale.

tabella 2Infine, gli otorinolaringoiatri spesso sovrappongono queste patologie alle comuni sinusiti croniche e acute, trascurando nel loro trattamento gli aspetti eziologici dentali, il che porta molto spesso al fallimento del trattamento. In ogni caso gli otorinolaringoiatri non hanno conoscenza delle problematiche relative a una futura riabilitazione implantologica. Una conoscenza completa della patologia, l’applicazione di criteri classificativi che consentono di confrontare i risultati e l’utilizzo di protocolli chirurgici validati scientificamente sono fondamentali nella corretta gestione del paziente, massimizzano le chanche di guarigione e minimizzano potenziali contenziosi. La nostra proposta si contrappone alla frequente osservazione di casi che, già affetti da complicanze di trattamento odontoiatrico, vengono comunemente sottoposti a interventi che affrontano solo parzialmente la patologia in essere. La soluzione più moderna è quella del trattamento multidisciplinare che combina le competenze dei singoli chirurghi. In questa linea deve essere ben chiaro in quali casi la cooperazione sia effettivamente necessaria e quali siano i compiti di ogni chirurgo. ν

Corrispondenza
Dottor Alberto M. Saibene
Clinica Otorinolaringoiatrica
Ospedale San Paolo, via A. di Rudini 8 – 20142 Milano
Tel. 02 81844349 – alberto.saibene@gmail.com

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Dalle sinusiti odontogene alle complicanze nasosinusali di patologia o trattamento odontoiatrico: un importante cambio di prospettiva - Ultima modifica: 2014-07-26T15:06:38+00:00 da Redazione

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