Il consumo di tabacco e le problematiche legate a questa abitudine continuano a costituire a una voce fondamentale nella politica sanitaria dei diversi paesi occidentali, pur dando per scontato l’elevato livello di informazione oramai raggiunto a livello di popolazione generale. Il fumo è uno dei fattori di rischio fondamentali per diverse patologie, soprattutto a livello degli apparati respiratorio e cardiocircolatorio. Le patologie in questione sono a loro volta condizioni spesso molto note, a mortalità titolabile. Anche in ambito odontostomatologico il fumo costituisce un importante elemento anamnestico e si trova contemplato in quadri clinici di gravità variabile, dalla discolorazione dentale e l’alitosi, alla malattia parodontale, fino alle lesioni precancerose e cancerose. Tra le tanto dibattute “immagini shock” oggi presenti sui pacchetti di sigarette, si ritrova anche una didascalia che afferma chiaramente che “il fumo causa il cancro alla bocca e alla gola”. È comunque lecito chiedersi il grado di consapevolezza all’interno della popolazione a proposito dell’impatto negativo del fumo sulla salute orale.
A tale riguardo, un recente studio pubblicato da gruppo di lavoro coordinato dal prof. Roberto Pippi dell’Università La Sapienza di Roma fornisce un interessante spaccato della realtà italiana. L’indagine ha coinvolto un campione di 158 pazienti, tutti in corso di terapia parodontale di supporto, cioè già trattati parodontalmente: tale scelta è volta a considerare il paziente esperto o che si presume sia stato quantomeno informato della correlazione tra l’abitudine al fumo e la malattia parodontale stessa.
Ai soggetti è stato sottoposto un questionario composto da 36 domande chiuse, di cui 16 dicotomie si/no e 20 a scelta multipla (una da indicare), oltre a una singola domanda aperta: “perché ha smesso di fumare?”. Questa e altre domande risentivano della distinzione primaria (domanda 1 in effetti) tra paziente fumatore, non fumatore o ex fumatore.
Le indicazioni epidemiologiche sono grossomodo in linea con quelle di alcune recenti indagini sull’andamento del fumo nel nostro paese.
Considerando nello specifico lo scopo degli indagini, gli Autori reputano sorprendente il fatto che un numero significativamente maggiore di pazienti fumatori (rispetto ai non fumatori) riferisca di essere stato informato dei rischi del fumo in ambito odontostomatologico dal proprio dentista o igienista. Ciò è verosimilmente da correlarsi a una tendenza a informare il paziente dopo aver accertato che si tratti di un soggetto fumatore. Considerando il campione complessivamente (fumatori, non- o ex-), poco più della metà dei soggetti ha ricevuto informazioni di questo tipo. Il 40% dei pazienti riferisce addirittura di non essere al corrente dell’esistenza del cancro orale, mentre è il 36% dichiara che è stato il dentista o l’igienista a parlargliene. Il primo dato è in forte contrasto con un sondaggio condotto su di un’ampia base ospedaliera e pubblicato non molti anni fa (2011): tale lavoro riportava un dato di consapevolezza superiore al 90%. Una possibile risposta potrebbe essere l’istituzione di un riferimento comune in ambito odontoiatrico (pubblico e privato) per il counseling sul cancro orale.
Riferimenti bibliografici