Come comportarsi in studio con i pazienti a rischio

Dentista e paziente a rischio

I pazienti a rischio possono essere un problema in uno studio odontoiatrico. Come trattarli? Lo abbiamo chiesto a Silvana Rizzo, professore ordinario di Chirurgia speciale odontostomatologica presso l’Università degli Studi di Pavia, dove è presidente del Corso di laurea in Odontoiatria e protesi dentaria, nonché direttore del Poliambulatorio monospecialistico di Odontoiatria “S. Palazzi”, una delle prime strutture in Italia ad essersi occupata con metodo della cura dei pazienti fragili.

Silvana Rizzo
Silvana Rizzo, professore Ordinario di Chirurgia speciale odontostomatologica presso l’Università degli Studi di Pavia, dove è presidente del corso di laurea in Odontoiatria e protesi dentaria, nonché direttore del Poliambulatorio monospecialistico di Odontoiatria “S. Palazzi”, una delle prime strutture in Italia ad essersi occupata con metodo della cura dei pazienti a rischio

“Noi abbiamo sempre preferito chiamarli pazienti a rischio“, dice Rizzo, “una definizione medica che bene descrive le condizioni di un soggetto affetto da una patologia sistemica. E sono tante e diverse le malattie, ma anche le situazioni che possono rendere difficile o problematico il trattamento odontoiatrico. Perché ci sono pazienti che sul riunito corrono più rischi degli altri e pazienti che, viceversa, per le loro condizioni di salute, perché per esempio malati di epatite C o Hiv positivi, possono esporre gli operatori a un rischio professionale di cui è bene tener conto”.

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Lunga è la lista dei pazienti a rischio

Il paziente a rischio per se stesso, dice Rizzo, appartiene a un insieme molto eterogeneo di casi e situazioni. “Ci sono persone a rischio perché affette da una malattia sistemica importante”, spiega, “o per i farmaci che assumono, come per esempio i pazienti oncologici e quelli in terapia con farmaci immunosoppressori. Poi ci sono persone che hanno disabilità cognitive e che non possono partecipare in maniera attiva alle cure, pertanto sono soggetti che per essere sottoposti ai trattamenti odontoiatrici sovente hanno bisogno di essere sedati, come per esempio quelli affetti da spasmi, movimenti incontrollabili che rendono impossibile all’odontoiatra l’esecuzione di qualsiasi terapia”.

Le altre categorie riconducibili all’insieme dei pazienti a rischio sono quelle dei soggetti cardiopatici, oppure dei bambini troppo piccoli per essere collaboranti (dai 2 ai 5 anni circa) e all’estremo opposto quella degli ultracentenari. “Con gli anziani, c’è anche un problema di comunicazione importante”, fa sapere Rizzo, “perché sovente si tratta di persone accompagnate da badanti perlopiù straniere con le quali, per ragioni linguistiche, non sempre è facile capirsi e dunque risalire ai farmaci assunti con regolarità dal paziente e che a volte sono davvero tanti. Tuttavia, l’odontoiatra, prima di sottoporre qualsiasi soggetto, giovane o anziano che sia, a una terapia, deve essere informato compiutamente sulle patologie che può avere in atto e sulle terapie farmacologiche in corso”.

Regole ancor più stringenti in chirurgia orale

“Certo, perché se un paziente assume farmaci anticoagulanti”, spiega Rizzo, “può essere soggetto a rischio di emorragia e questo è un problema che deve essere assolutamente affrontato in modo particolare quando si pratica la chirurgia orale. Insomma, i casi sono davvero tanti, non per niente sul paziente a rischio gli studenti del corso di laurea in Odontoiatria e protesi dentaria devono seguire un corso di 12 ore per capire come comportarsi, come prevenire gli eventi avversi e le complicanze”.

Ma anche quando desistere e indirizzare il paziente con “special needs a strutture di tipo universitario o ospedaliere ben attrezzate, come nei casi in cui risultasse necessario ricorre all’anestesia generale, praticabile solo nelle strutture autorizzate e sotto la guida di un’anestesista.

Quando i pazienti a rischio possono essere curati in studio

L’odontoiatra in studio può fare molto“, rassicura Rizzo, “purché applichi le giuste precauzioni e sappia come comportarsi. Per esempio, sul paziente che ha avuto un infarto, deve sapere che può essere sottoposto a terapie odontoiatriche ma non prima di 6 mesi dall’evento: passato questo periodo, può essere preso in carico, ma con la giusta accortezza, anche sul piano relazionale, perché il paziente infartuato è una persona che deve essere tranquillizzata per evitare che viva la seduta come una fonte di stress che potrebbe esporlo a rischi per la sua salute. Più in generale, l’odontoiatra deve sempre sapere se e quali farmaci sta assumendo il paziente, con un’attenzione particolare verso le donne che se sono in terapia con i bifosfonati per la cura dell’osteoporosi possono andare incontro al rischio di osteonecrosi. Nei confronti del paziente diabetico, invece, bisogna assicurarsi che nel corso delle sedute non modifichi il regime terapeutico e alimentare, che sia sottoposto alle cure odontoiatriche sempre e solo al mattino e che assuma gli antibiotici per prevenire le infezioni alle quali è più esposto rispetto agli altri pazienti”.

Attenzione anche ai rischi professionali

In uno studio odontoiatrico non ci sono soltanto i pazienti a rischio. Per ridurre tutti gli altri rischi, anche degli operatori, Rizzo raccomanda di seguire le norme per la tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro, le regole sulla sterilizzazione, di impiegare correttamente i dispositivi di protezione individuale (dpi), ma anche di indagare sempre, con tatto ma senza reticenze, lo stato di salute dei pazienti, ricordando loro che queste informazioni sono preziose per la loro tranquillità e che l’odontoiatra, con tutta l’equipe, è tenuto al segreto professionale.

“Nella cura dei pazienti a rischio, in questi ultimi anni la situazione è migliorata molto”, dice Rizzo, da 25 anni in prima linea su questo fronte, “ora sappiamo che la sicurezza dei nostri pazienti è un fatto che dipende dalla nostra competenza, ma anche dalla comunicazione e dal coordinamento dell’equipe. Poi, non dimentichiamoci che gli odontoiatri possono sempre contare sulle linee guida regionali e su quelle emanate dalle società scientifiche”, oltre che su un volume “Chirurgia Odontostomatologica”, realizzato dalla la SIdCO, Società Italiana di Chirurgia Odontostomatologica e di cui Silvana Rizzo ha curato alcuni capitoli: in uso a Pavia tra gli studenti di Odontoiatra come libro di testo, il manuale è adatto anche al libero professionista, perché ricco di informazioni pratiche.

Come comportarsi in studio con i pazienti a rischio - Ultima modifica: 2018-03-23T10:48:37+00:00 da Pierluigi Altea

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