Best evidence consensus in ambito parodontale, implanto-protesico e ortodontico

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La seconda parte dell’articolo che ha inizio qui ha studiato aspetti che, dall’ambito parodontale, si incrociano con elementi di interesse di specialità diverse, come la protesi e l’ortodonzia.

I criteri di inclusione delle revisioni non hanno permesso di considerare alcuno studio riguardante i tessuti che circondano la protesi fissa supportata da dente naturale.

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Sono stati invece inclusi alcuni lavori dedicati alla protesi supportata da impianti. Le evidenze suggeriscono che trasformare chirurgicamente il fenotipo perimplantare da sottile a spesso possa limitare il rischio di recessioni sul versante vestibolare.

Le tecniche di innesto connettivale autologo consentono indicativamente un guadagno minimo di 1 mm. In questo caso, aumentare la larghezza della mucosa cheratinizzata, sempre ricorrendo a innesti autologhi, può indurre un miglioramento per quanto riguarda gli indici di sanguinamento e, in più, contribuire alla prevenzione della perdita ossea marginale interprossimale attorno agli impianti dentali.

Il terzo quesito clinico, come detto, è di interesse ortodontico: modificare il fenotipo parodontale può essere un beneficio nel contesto, appunto, di un trattamento ortodontico?

Con i limiti della revisione, gli autori hanno constatato, in primo luogo, che un trattamento dell’ambito della phenotype modification, effettuabile in sicurezza durante trattamento ortodontico, è l’innesto di particolato osseo tramite corticotomia interradicolare. Questo tipo di intervento porta all’ispessimento dell’osso vestibolare ed è in grado di incrementare, o quantomeno di mantenere, anche lo spessore del corrispondente tessuto cheratinizzato. Oltre a ciò, l’intervento si è dimostrato capace di intervenire sul movimento dentale, accelerandolo ed espandendone i limiti (questo soprattutto a livello degli incisivi inferiori). Ciò può portare, dunque, a una riduzione dei tempi complessivi del trattamento ortodontico.

Gli autori, considerando i possibili benefici, sottolineano anche la possibilità di ridurre la necessità di “camouflage” – ossia la correzione di discrepanze scheletriche lievi-moderate – durante la decompensazione. La malocclusione verrebbe così corretta contestualmente alla problematica scheletrica: questo non previene, comunque, del tutto la necessità di reintervenire, in un secondo momento, a livello osseo.

A conclusione della revisione, di cui si consiglia comunque la lettura integrale, gli autori ribadiscono i punti salienti del consenso.

I soggetti con biotipo sottile sono maggiormente esposti al rischio di recessioni, rischio che può aumentare a seguito di terapia ortodontica.

La scelta di attuare un intervento di modificazione del fenotipo, che può interessare i tessuti molli, l’osso o entrambi, richiede un’attenta e multispecialistica valutazione clinica e radiografica. Anche il dato anamnestico, seppure più controverso, può essere interessante: soggetti di etnia asiatica e di sesso femminile tendono a presentare più spesso biotipo sottile.

L’intervento può anche lievemente ridurre il rischio di recessioni perimplantari.

Best evidence consensus in ambito parodontale, implanto-protesico e ortodontico - Ultima modifica: 2020-04-23T07:28:07+00:00 da redazione
Best evidence consensus in ambito parodontale, implanto-protesico e ortodontico - Ultima modifica: 2020-04-23T07:28:07+00:00 da redazione

1 commento

  1. Personalmente trovo che la rivista Il Dentista Moderno, sia una delle più completa rivista in campo Odontoiatrico. Un ringraziamento particolare per tutto quello che hai fatto in questi anni per il nostro settore.

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