Valutazione dei possibili danni alle componenti dell’articolazione temporo-mandibolare provocati dalla terapia con mentoniera. Revisione della letteratura

Riassunto

Scopo di questa revisione della letteratura è di analizzare i possibili effetti dannosi della terapia delle III classi con mentoniere sulle componenti dell’articolazione temporo-mandibolare. A tal fine è stata effettuata una ricerca bibliografica degli ultimi vent’anni, attraverso il database elettronico PubMed, utilizzando criteri di inclusione ed esclusione specifici. Dei 69 abstract inizialmente selezionati, soltanto 6 rispondevano ai criteri di inclusione ed esclusione iniziali. Infine soltanto 2 articoli soddisfacevano tutti i criteri di selezione di questa revisione. La risonanza magnetica, impiegata in entrambi gli studi selezionati, attraverso esami pre- e post-trattamento non ha evidenziato in alcun caso modifiche statisticamente significative nella posizione del disco e nella sua configurazione. La terapia con mentoniera non determinerebbe danni a livello dell’ATM. In conclusione è possibile affermare che il trattamento delle III classi con mentoniere non condurrebbe a effetti deleteri fino a quando lo stress provocato dal dispositivo rimane sufficiente a mantenere le relazione anatomica e fisiologica tra le varie componenti dell’ATM.

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Nella pratica ortodontica i casi di III classe di Angle vengono ancora oggi considerati i più complessi da trattare1,2. I soggetti con III classe mostrano una retrusione mascellare o una protrusione mandibolare o entrambe le condizioni. In letteratura la terapia precoce di questi casi si avvale di diversi dispositivi ed è consigliata al fine di ridurre la necessità di trattamento in dentizione permanente, quando spesso i compromessi ortodontici e la chirurgia risultano essere le uniche opzioni3.  Le mentoniere rappresentano una scelta acclarata da circa un secolo per il controllo della protrusione mandibolare in soggetti in crescita4: una forza ortopedica postero-superiore diretta dal mento verso il condilo eserciterebbe una pressione sull’articolazione temporo-mandibolare in modo da limitare e/o modulare la crescita condilare. Numerosi studi in letteratura hanno evidenziato i vantaggi legati all’impiego della mentoniera: postero-rotazione e spostamento distale della mandibola5-10, ritardo5,11-14 e modifica della direzione di crescita in senso verticale15, rimodellamento della mandibola con chiusura dell’angolo goniale16,17, ritardo della crescita verso il basso e promozione della crescita in avanti del mascellare5,8,18-20, oltre al tipping degli incisivi mandibolari21,22. Uno dei rischi legati all’impiego della mentoniera è rappresentato da possibili danni all’articolazione temporo-mandibolare, come per esempio il dislocamento posteriore del condilo nella fossa glenoidea che può condurre a un dislocamento anteriore del disco articolare con click durante i movimenti mandibolari. Lo scopo di questa lavoro è quello di condurre una revisione della letteratura recente (ultimi vent’anni) al fine di analizzare gli eventuali effetti dannosi derivanti dall’impiego della mentoniera sull’articolazione temporo-mandibolare.

Materiali e metodi

Schermata 2015-06-30 alle 17.31.06

La revisione sistematica della letteratura è stata condotta attraverso l’utilizzo del database di Medline (Entrez Pub-Med, www.ncbi.nim.nih.gov). Le parole chiave indicate al fine di selezionare studi che valutassero possibili effetti dannosi legati all’impiego della mentoniera sull’ATM sono state le seguenti: “orthodontics, chincup, chin cup, TMJ”.

Degli 85 articoli elencati ne sono stati selezionati 69 in base al periodo di pubblicazione compreso tra il 1990 e il 2010. La ricerca è stata eseguita anche attraverso le seguenti riviste ortodontiche: Angle Orthodontist, American Journal of Orthodontics and Dentofacial Orthopedics, Journal of Orthodontics and European Journal of Orthodontics. Sono stati utilizzati i seguenti criteri iniziali di inclusione: studi condotti sull’uomo, trial clinici randomizzati, lavori retrospettivi e prospettici, studi sugli effetti dannosi delle mentoniere sull’articolazione temporo-mandibolare pubblicati negli ultimi vent’anni, senza limiti di lingua.

Sono stati esclusi studi su animali e in vitro, case report, case serie, revisioni, discussioni e interviste e lavori non pertinenti lo scopo della revisione. Gli articoli full text degli abstract che sembravano soddisfare i criteri di inclusione ed esclusione iniziali sono stati selezionati. Tali articoli sono stati successivamente sottoposti ai seguenti criteri di inclusione finali: gruppo controllo di soggetti non trattati, utilizzo della mentoniera come unica ed esclusiva terapia nel gruppo sperimentale. Un’ulteriore ricerca è stata effettuata attraverso la bibliografia degli articoli selezionati al fine di identificare possibili articoli non identificati dalla ricerca attraverso i database.

Risultati 

Dei 69 abstact identificati dalla ricerca attraverso le parole chiave, soltanto una piccola percentuale, 6 articoli, soddisfaceva i criteri di inclusione ed esclusione iniziale. Di questi, 4 non rispondevano ai criteri di inclusione ed esclusione finali (tabella 1).

Soltanto 2 studi27,28 hanno soddisfatto tutti i criteri di selezione di questa revisione. In entrambi i casi il primo autore risulta essere Gökalp e l’imaging a risonanza magnetica (Magnetic Resonance Imaging, MRI) il metodo scelto per esaminare gli effetti della terapia con mentoniera sulla posizione del disco e la sua configurazione, attraverso esami pre- e post-trattamento.

Nel suo primo studio Gökalp et al.27 considera per il gruppo sperimentale 15 soggetti (10 femmine e 5 maschi), con un’età scheletrica che varia dai 5 agli 11 anni, trattati con mentoniera e per il gruppo controllo 10 soggetti (6 femmine e 4 maschi) con un’età scheletrica tra gli 8 e i 10 anni, non trattati.

La mentoniera è stata applicata con una forza di 600 g, indossata per almeno 16 ore al giorno per un periodo medio di 16 mesi. Tutti i soggetti sono stati sottoposti a esame clinico e solo quelli privi di sintomi di disordini all’ATM sono stati inclusi nello studio.

Gli Autori28 hanno utilizzato come criteri per valutare la posizione del disco nelle immagini della risonanza magnetica quelli di Drace e Enzmann29 e quello di Murakami30.

Secondo i primi una relazione fisiologica disco-condilo, tra la giunzione banda posteriore del disco e attacco posteriore, dovrebbe essere in una posizione ore 12 rispetto alla testa del condilo. Gli Autori considerando quest’ultima posizione lo “0”, indicano deviazioni di ±10 nella norma. Valori invece maggiori di +10 sono connessi a dislocamenti anteriori e quelli minori di -10 a dislocamenti posteriori.

I risultati di questo studio rivelano che con la terapia con mentoniera l’angolo posteriore tende ad aumentare (+3.22 ± 2), mentre gli angoli anteriore e mediale tendono a decrescere (-4.51 ± 1.77 e -1.46 ±1.77, rispettivamente).

Questi cambiamenti rimangono comunque entro i normali limiti e non sono statisticamente significanti, oltre a rientrare all’interno della deviazione di ±10 riportata da Drace et al.29.

Secondo Murakami30 la posizione del disco viene classificata in relazione alla banda posteriore localizzata nel comparto A, B, C o D a bocca chiusa. A, nella posizione ore 12, viene considerata posizione ideale, B o C ancora normali, ma con un parziale dislocamento anteriore, o dislocamento anteriorie con riduzione, mentre in D il disco è completamente dislocato anteriormente.

All’inizio del trattamento il disco era posizionato nell’80% dei soggetti nel compartimento A, nel 20% in B, mentre nella posizione post trattamento nel 47% nel compartimento A e per il 53% in B.

Un altro punto connesso all’internal derangement dell’ATM che viene considerato nello studio è la possibilità che ogni cambiamento posizionale del disco si accompagni a una modifica di configurazione. Normalmente la forma del disco è biconcava. All’inizio del trattamento era per il 27% bi-planare e per il 73% bi-concavo, mentre alla fine del trattamento tali valori erano rispettivamente 20 e 80%, modifiche non statisticamente rilevanti. Nel gruppo controllo non sono state riscontrate modifiche nelle forma e nella configurazione dell’ATM.

È stato valutato anche l’angolo alpha, cioè quello formato tra la linea del condilo (tra i punti Cs e Cc) e la linea del collo del condilo (passante dal centro del collo della mandibola e parallela alla linea di proiezione tangente al bordo posteriore del collo mandibolare).

I risultati indicano che i soggetti controllo e quelli sperimentali possiedono differenti angoli alpha all’inizio e alla fine del trattamento, in modo statisticamente significante, ma non ci sono differenze in entrambi i gruppi durante il periodo di trattamento o di osservazione.

Riassumendo, in entrambi i gruppi non sono state riscontrate modifiche nella posizione del disco (angoli posteriore, mediale e anteriore) o nella forma del condilo (angolo alpha). Questi risultati dimostrerebbero come né nel gruppo controllo o sperimentale la relazione tra il disco e il condilo vadano incontro a modifiche in seguito a terapia con mentoniera.

Gökalp et al.28 in uno studio più recente include in totale 20 soggetti con prognatismo mandibolare. Di questi 13 (10 femmine e 3 maschi) con un’età media di 9.06 anni costituiscono il gruppo sperimentale trattato con mentoniera e 7 (6 femmine e 1 maschio), con un’età media di 8.90 anni, il gruppo controllo non trattato. La mentoniera è stata applicata con una forza di 600 g per 18 ore al giorno. Il periodo di trattamento è stato mediamente di 1 anno e 7 mesi. Anche in questo lavoro è stato utilizzato il criterio di Drace et al.29.

Per valutare la morfologia della testa del condilo è stato misurato l’angolo tra la testa del condilo (Cc-Ct) e il collo del condilo (punto Cc – asse lungo del collo del condilo). Per valutare la posizione del condilo in relazione alla fossa glenoidea è stata utilizzata invece l’equazione:Schermata 2015-06-30 alle 17.33.46

  • determinando lo spazio anteriore e posteriore dell’articolazione misurando la distanza interarticolare posteriore (Cp-Cp9) e anteriore (Ca-Ca9).

Tralasciando le misurazioni scheletriche, determinate sulle radiografie del cranio in proiezione laterale, e prendendo in considerazione solo i parametri riguardanti l’articolazione temporo-mandibolare, solo modifiche non statisticamente rilevanti sono state osservate a carico delle componenti dell’ATM e nella morfologia condilare in seguito a terapia con mentoniera. I risultati di questo studio indicano come la testa del condilo venga spostata in avanti, senza che però questa modifica di posizione sia statisticamente rilevante, conducendo al rimodellamento dello stesso condilo. Al contrario, l’angolo della testa del condilo nel gruppo controllo non subisce variazioni.

Discussione e conclusioni

La terapia con mentoniera si avvale di una forza ortopedica postero-superiore diretta dal mento verso il condilo che induce una pressione a livello dell’ATM. Nonostante rappresenti un dispositivo utilizzato da anni per modulare e/o inibire la crescita della mandibola, esistono ancora dei dubbi relativi a possibili danni sulle componenti dell’articolazione temporo-mandibolare stessa. Questa revisione della letteratura è stata condotta allo scopo di rispondere alla domanda: “la terapia con mentoniera può condurre a danni sull’ATM?”.

Nonostante la letteratura offra un vasto numero di articoli sugli effetti della mentoniera, molti di questi sono orientati su analisi di tipo fisico o matematico, altri utilizzano crani secchi piuttosto che esseri umani viventi.

Dei 6 articoli selezionati inizialmente, infatti, solo 2 soddisfacevano tutti i criteri di selezione di questo lavoro. I motivi di esclusione sono stati principalmente legati all’utilizzo di più dispositivi nei soggetti del gruppo sperimentale e nel trattamento dei soggetti del gruppo controllo con altri dispositivi. Si è preferito valutare gli effetti della sola mentoniera sul gruppo sperimentale e quanto avviene in un gruppo controllo non sottoposto a trattamento.

La risonanza magnetica, impiegata nello studio dei possibili danni all’articolazione, attraverso esami pre- e post-trattamento non ha evidenziato in entrambi gli studi modifiche statisticamente significative nella posizione del disco e nella sua configurazione.

Le minime variazioni osservate nella posizione del disco non condurrebbero a un internal derangement nell’ATM.

È possible concludere che se le forze applicate sul condilo hanno orientamento e tensione tali da provocare un’anomala relazione di posizione tra il disco e il condilo, esiste la possibilità che questo possa portare a un internal derangement dell’ATM, provocando modifiche morfologiche nel condilo mandibolare e morfo-posizionali e posizionale nel disco.

Il livello massimo di stress provocato dalla mentoniera è minore rispetto a quello esercitato durante le normali funzioni come la masticazione31, per cui non determinerà effetti deleteri quando verrà utilizzato uno stress sufficiente a mantenere le relazione anatomica e fisiologica tra le varie componenti dell’ATM.

Corrispondenza
Dr.ssa Azzurra Viglianisi
Dipartimento Specialità Medico-Chirurgiche
Sezione Odontostomatologia II
Azienda Ospedaliera – Università “Policlinico Vittorio Emanuele” – via S. Sofia, 78 – 95125 Catania

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Valutazione dei possibili danni alle componenti dell’articolazione temporo-mandibolare provocati dalla terapia con mentoniera. Revisione della letteratura - Ultima modifica: 2015-06-30T17:35:02+00:00 da adelecaracausi

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